Alessandria Calcio - Politica - Alessandria

Pd contro il piano socio sanitario regionale: “Mancano visione, risorse e risposte ai territori”

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Il Partito Democratico della Provincia di Alessandria ha bocciato il nuovo Piano Socio Sanitario approvato lunedì dal Consiglio regionale del Piemonte. Un giudizio netto, che mette in evidenza limiti strutturali e mancanza di certezze per la tutela della salute dei piemontesi. Secondo il vicepresidente del Consiglio regionale Domenico Ravetti, «la Giunta avrebbe voluto approvare a luglio una generica bozza di uno studio di una università lombarda. Ci siamo battuti per utilizzare più tempo e migliorare il testo ascoltando professionisti sanitari, amministratori, sindacati e associazioni». Restano, secondo la forza di opposizione, quattro criticità strategiche irrisolte: stabilizzazione del personale, liste d’attesa, rafforzamento della sanità territoriale e funzionamento dei Pronto soccorso.

“Manca una seria analisi epidemiologica” ha aggiunto l’esponente Pd “non c’è una lettura dei bisogni socio sanitari della nostra regione. Basti pensare che nel 2050 il numero dei piemontesi scenderà sotto la soglia dei 4 milioni, a fronte di un aumento dell’età media. Sulle case di comunità non c’è scritto nulla di preciso: manca la certezza sulla loro gestione. Così come manca la prospettiva sulle case di riposo. Rispetto al privato non sono stati delineati gli ambiti specifici dove poterlo coinvolgere, così come mancano le quote di mercato. C’è poi un conflitto politico evidente tra Lega e Fratelli d’Italia. L’ex assessore Luigi Icardi e attuale presidente della Commissione Sanità ha esplicitamente detto che, fosse stato per loro, il piano sarebbe stato scritto diversamente. Hanno presentato 300 pagine di emendamenti ma, alla fine, hanno comunque votato in modo favorevole”. 

Per il territorio alessandrino, Ravetti ha anche sottolineato tre nodi centrali, affrontati con emendamenti firmati Pd e approvati anche dalla maggioranza di centrodestra: il trasferimento dell’ospedale di Acqui Terme all’Azienda Ospedaliera di Alessandria entro il 31 dicembre 2026, la stessa data come termine per il riconoscimento IRCCS dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Alessandria e l’introduzione dell’Infermiere di Comunità nelle scuole, una misura già adottata in altre regioni.

Il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, si è poi soffermato sull’iter del nuovo ospedale: “Qualcosa si è mosso dopo alcune riunioni tecniche ma restano tanti punti interrogativi. In particolare sul collegamento con la tangenziale, ad oggi non finanziato. Servono dai 15 ai 30 milioni di euro. E poi serve chiarezza sull’abbattimento dell’attuale struttura”. 

Secondo il primo cittadino di Novi Ligure, Rocchino Muliere, inoltre, “è stata sbagliata l’impostazione del piano. Manca l’analisi sulle criticità. Ad esempio si sono dedicati appena poche righe sulla telemedicina. E sulla costruzione delle Case di Comunità bisogna fare presto: vogliamo sapere i tempi. A Novi, comunque, si è totalmente sbagliato quando si è deciso di trasferire l’ambulatorio di Neuropsichiatria Infantile fuori città, davanti all’ex Ilva: un branca della medicina oggi fondamentale per i nostri giovani. E sulle liste di attesa bisogna pagare di più gli infermieri”. 

Il segretario provinciale del Pd Giorgio Laguzzi ha ribadito un giudizio complessivamente negativo: «Manca una visione complessiva del futuro della sanità piemontese. Il Piano resta fragile, privo di una solida base epidemiologica, di obiettivi chiari, di risorse definite e di indicatori di risultato». Secondo Laguzzi non è stata colmata la distanza tra il documento della Giunta Cirio e i bisogni reali dei territori, senza aver fatto tesoro della lezione del Covid, né sugli ospedali né sulla medicina territoriale.

Il responsabile sanità del Pd provinciale Riccardo Lera, ha individuato la debolezza della medicina territoriale come la principale criticità: «Viene definita un pilastro, ma senza investimenti adeguati in personale, organizzazione e strumenti». In provincia mancano circa 60 medici di medicina generale e il loro ruolo nelle nuove strutture resta vago. «Senza liberarli dal carico burocratico non potranno garantire presa in carico, continuità assistenziale e prevenzione. Senza risorse, il Piano rischia di restare solo un documento di carta».

Condividi