18 Luglio 2016
07:48
Recensione della rassegna teatrale “Fuori dal tempo”
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la recensione di una nostra lettrice, Elisa Schiavina, sulla rassegna teatrale “Fuori dal tempo” di Daniel Gol che si è tenuta il 30 giugno al Teatrodistinto, nel centro storico di Lu Monferrato.
“Fuori dal tempo è il titolo-presagio della rassegna teatrale itinerante ideata scritta e diretta da Daniel Gol, drammaturgo e regista fondatore di Teatrodistinto.
Sei spazi all’interno della cornice di Lu Monferrato, spazi che hanno come denominatore comune la magia, evocata e realizzata al loro interno grazie al lavoro di un collettivo di venticinque attori che hanno animato quei luoghi sconosciuti a molti.
Si inizia dal vecchio cinematografo, ed è subito brillante immagine che strizza l’occhio ai salotti degli anni venti e alle loro purpuree seduzioni, spettacolo di sottili equilibri e innamoramenti evocati in maniera mirabile da attori squisitamente languidi ed ammiccanti, e insoliti oggetti scenici.
Si prosegue verso il prossimo luogo e non bisognerebbe fare l’errore in questi casi, di guardarsi i piedi o l’asfalto camminando: tutt’intorno luccica e odora di una campagna che possiede fianchi e tutte le altre curve, e l’altezza a cui ci troviamo permette di godere di questa perfezione.
Il secondo luogo è una cantina stretta e lunga pronta ad offrirci una autentica storia, incorniciata da una scenografia essenziale e rustica. Siamo arrivati lì guidati da una donna graziosa e gentile e, nel silenzio fondo che hanno i sotterranei abbiamo vissuto un pezzo di vita estranea, che ha saputo diventare intensa e familiare in un tempo così piccolo da faticare a crederlo possibile.
Le chiese sono luoghi sacri per più ragioni, una delle quali ha a che vedere con il culto divino che le alberga, ma direi che la ragione che fa della Chiesa di San Nazario un luogo sacro è racchiusa nella custodia che essa pare fare della propria bellezza, concentrata al suo interno e viva della vita dei suoi colori. Tre passi e siamo lì , dentro. Gli occhi hanno tanto da fare per catturare l’intorno e lo spettacolo inizia fondendo il suo fil rouge di significati con le immagini che porta a galla, quasi a volerci ricordare che l’annaspare è proprio più dell’umano che del divino.
“La nonna in cantina” ci porta a confrontarci con archetipiche paure e significanti da ricercare in questo salotto dai tappeti che raccontano storie, o da scovare tra i neri capelli di una Superba donna-lupo. Così, siamo pronti per la signora dei bottoni, che ci chiama in disparte, in un sotterraneo che si carica dell’intensità di cui ci rende testimoni attraverso la coinvolgente narrazione di una Daniela Tusa che ci suggerisce emozioni già sublimate, pronte alla conservazione.
Si arriva all’ultima tappa di questo itinerario, accompagnati ancora una volta da arte e bellezza: la Chiesa della Santa Trinità accoglie come ospiti coloro i quali vi si addentrano, e con noi non fa eccezioni. Ci avvolge, maestosa e autorevole nella sua solidità e ci presenta uomini alla deriva, esattamente come siamo tutti indistintamente almeno una volta nella vita, e distanze coperte freneticamente e nuove nascite attese-o forse non attese.
E con questo quadro finale, allegorico e a tratti irriverente, si conclude il nostro viaggio, lasciando nella mente l’idea del privilegio e negli occhi il profumo del Bello, che questa volta ci si è mostrato in questa veste teatrale”.