27 Luglio 2016
22:12
L’alessandrino Aime il più giovane esordiente nel basket europeo. “Nessuno potrà battere il mio record”
ALESSANDRIA – 14 anni e 9 mesi. Questa l’età di Federico Aime, ora ventiquattrenne, quando esordì nella massima serie italiana di basket, con la blasonata Armani Jeans Milano. Un privilegio riservato solo ai predestinati, a quelli che il talento lo hanno nel sangue.
Ora il suo record non potrà più essere battuto. Il nuovo regolamento rende praticamente impossibile esordire prima di Aime. Per calcare la prima volta un parquet di A, bisogna avere collezionato un certo numero di anni a livello giovanile o aver militato continuativamente nella stessa squadra. Questo porta un giovane a esordire non prima dei 16 anni.
“Fino a qualche mese fa c’era un dubbio” ha raccontato Federico Aime a Radio Gold “non si sapeva se il più giovane esordiente fossi io o Ricky Rubio, titolare della Spagna ora in forza ai Minnesota Timberwolves, in NBA. Il sito specializzato Sportando ha chiarito che io sono il più giovane, perché Rubio è sceso per la prima volta in campo circa 60 giorni dopo, a 14 anni e 11 mesi”.
Era il 22 Aprile del 2007 e l’Armani giocava contro Capo d’Orlando. Nonostante siano passati più di 9 anni, il ricordo di quella giornata è ancora vivo nella testa di Aime, fotogramma dopo fotogramma. Ha detto: “Sabato pomeriggio ho finito gli allenamenti a Milano e sono tornato ad Alessandria per il weekend. Appena arrivo, mi raggiunge la chiamata del mio mister, che era il vice di Djordjevic, il coach dell’Armani. Mi dice: Che fai domani? E io: Niente, mi riposo. E lui: Niente riposo, domani alle 16 al Palalido, giocherai con la prima squadra. Io stavo cadendo dalle scale. Un ragazzino come me in Serie A. Il giorno dopo quando mi sono presentato all’ingresso degli spogliatoi l’uomo della sicurezza non voleva farmi passare perché non sapeva che stessi in panchina. Ero un po’ agitato, erano gli anni della grande Milano e il basket era molto seguito. Scendo in campo a scaldarmi con Gallinari, Calabria, Bulleri. Sento il brusio del pubblico che si chiede chi fossi, poi c’è la presentazione con la musica e il tuo nome gridato dallo speaker”.
La partita va liscia, perché Milano è troppo più forte. Al quarto quarto, Milano è in vantaggio di 20 punti ed è quando il risultato va in cassaforte che i giovani esordiscono. “Djordevic si gira e, senza trattarmi da ragazzino, mi dice che è il mio momento“, continua Aime. “Io ero stralunato e lui mi fa: “Dai su vai, muoviti” Io allora sostituisco Calabria e il pubblico mi fa l’ovazione. Non ho nemmeno ancora toccato palla che il mister mi prende per un braccio e mi fa: se non fai girare la squadra e non tiri ti levo subito. Allora alla prima azione, parto in contropiede velocemente, mi fermo ai 10 metri e lascio partire una tripla che sembra entrare ma alla fine esce. La gente impazzì, tutti a gridare il mio nome, se fosse entrata sarebbe stata l’apoteosi. Alla fine della gara, ovviamente, sono stato sommerso dai media come Sportitalia e Sky, ho ricevuto una pacca sulla spalla da Giorgio Armani, ho firmato autografi a dei bambini, ero come immerso in un sogno”.
Un sogno a coronamento di sacrifici e scelte difficili, compiute in giovanissima età. Perché Aime lascia la casa a 13 anni, dove si trasferisce a Milano per dedicarsi solo al basket. Col senno di poi, quell’esordio, è stato meritato. Secondo gli addetti ai lavori, infatti, il talento e le qualità non glimancavano proprio, quello che lo ha frenato sono stati gli infortuni. “A 15 anni mi sono rotto tre legamenti della caviglia e ho dovuto fare una riabilitazione di 5 mesi. Ciò significa che torni con una gamba più allenata e allora incappi in altri infortuni e te li porti dietro per anni. Soprattutto in un’età delicata come l’adolescenza, dove migliori o peggiori in pochi mesi. Se cominci a farti male seriamente non riesci a fare il salto di qualità. C’è anche una certa componente di sfortuna, e penso che se avessi avuto una crescita normale e costante ora sarei potuto rimanere a livelli molto alti, non tanto perché abbia la presunzione di essere un fenomeno, ma per la fame, l’aggressività e la passione che ho sempre messo”.
Adesso Aime milita nel Castelnuovo, dove quest’anno si è guadagnato la promozione in Serie C. Il futuro è però un’incognita a causa dei problemi economici. Le finanze sono molto ristrette e la piccola realtà di Castelnuovo ne soffre, un po’ come tutto il basket locale. Lui, però, a mollare non ci pensa proprio. “Io voglio darci dentro e raggiungere la B” spiega “se mollassi avrei dei rimpianti e io non voglio averne.” E infine Federico ha voluto dare un consiglio ai più giovani, lui che dal basket ha vissuto gioie e dolori: “Come ho detto al summer camp dell’Armani, pochi giorni fa, i ragazzi devono sognare ma anche avere un’attitudine mentale precisa: occorrono sacrificio, etica del lavoro, allenarsi duramente, socializzare, essere umili e fare squadra. Solo così si può diventare dei veri giocatori di basket. Prendete ad esempio Danilo Gallinari, che conosco bene, a 15 anni capii che sarebbe diventato un campione: è socievole, aiuta i compagni, sempre col sorriso, si allena duramente, non ti tratta con senso di superiorità, rispetta tutti e infatti oggi gioca nell’NBA. Quelli che invece venivano all’allenamento per far vedere che erano i più bravi e che sapevano schiacciare ora non giocano nemmeno in Promozione.”