22 Agosto 2016
22:00
La quota annuale per le mense si conferma “indigesta” a molte famiglie. Una mamma: “rivoglio la schiscetta!”
ALESSANDRIA – Settembre si fa sempre più vicino e, con la fine delle vacanze, per le famiglie cominciano gli impegni per organizzare tutto per il ritorno a scuola di bambini e ragazzi. Una delle incombenze, in particolare per le mamme e i papà dei più piccoli, è l’iscrizione al servizio di refezione scolastica. Proprio lunedì si sono aperte quelle del Comune di Alessandria e al primo pensiero del nuovo esborso il malumore di alcuni genitori si è subito fatto sentire. Anche quest’anno la retta annuale prevista da Palazzo Rosso, cui si aggiunge il costo per i singoli buoni pasto, si è subito piazzata sullo stomaco di Rossella. La mamma, come ha scritto sulla pagina Facebook di Radio Gold, vorrebbe di nuovo la “schiscetta” ossia, per tradurre dal dialetto milanese, il portavivande per far consumare a scuola il pranzo preparato a casa. Per Rossella, che non abita ad Alessandria ma “per necessità” porta il figlio in una delle scuole del capoluogo, la retta è infatti la più salata, 150 euro più il costo del singolo buono pasto, nel suo caso 5 euro. “Non è giusto. Mio figlio mangia uguale a un residente e io ci metto pure la benzina”.
La tariffa per la refezione scolastica ha però questa impostazione, “da almeno 6 anni” ha ricordato l’assessore al sistema educativo Maria Teresa Gotta e “nonostante il dissesto” l’amministrazione non ha mai alzato il costo, continuando a prevedere agevolazioni anche sul singolo buono pasto per le famiglie più in difficoltà. “La quota annuale viene calcolata in base alle dichiarazione Isee ed è di 150 euro solo per le famiglie nella fascia più alta. E’ vero che ci sono Comuni che non applicano la quota d’iscrizione – ha aggiunto l’assessore – in questi casi il buono pasto è però più caro rispetto a quello fissato ad Alessandria quindi, a fine anno, il saldo è lo stesso, se non più alto. Noi abbiamo scelto di suddividere la tariffa tra quota d’iscrizione annuale e costo dei buoni pasti da una parte per responsabilizzare le famiglie che si iscrivono e poi, ovviamente, per coprire anche il costo complessivo del servizio che non comprende solo il cibo, ma anche il trasporto, lo scodellamento e l’assistenza. E’ importante poi ricordare anche la qualità dei pasti serviti nelle mense scolastiche che, al di là del gusto che può piacere o meno, sono tutti controllati dall’Asl sotto il profilo igienico-sanitario e garantiscono ai bambini una dieta equilibrata”.
Quello che non va giù a mamma Rossella, dopo il fattore “costo“, ha spiegato, è però anche il fatto di “non poter scegliere“. “Perché non posso essere libera di preparare io il pasto a mio figlio? Lo farei mangiare sano comunque”. Portare “la schiscetta” a scuola creerebbe però non pochi problemi, “più che al Comune alle singole scuole” ha precisato l’assessore. “I vari istituti dovrebbero essere disposti ad organizzare diversamente l’ora dei pasti, avere ad esempio la disponibilità di un’area separata dove far mangiare i bambini che portano il cibo da casa e poter controllare cosa avviene durante il pasto. Il tema è delicato perché bisogna capire anche chi sarebbe responsabile del cibo che da casa viene portato a scuola. C’è infatti il rischio che qualche bambino faccia assaggiare a un compagno alimenti per cui potrebbe essere intollerante o allergico. Oltretutto devo dire che l’idea di far portare il pasto da casa, onestamente, mi preoccupa anche sotto il profilo sociale. Potrebbero crearsi evidenti disparità tra bambini con un cestino del pranzo colmo di bibite gasate, merendine o qualsiasi prodotto di marca e tutti gli altri. Mi sembra un’ingiustizia far guardare i bambini nel cestino degli altri. Dal mio punto di vista, in questo caso non di assessore ma di mamma e insegnante, i rischi mi sembrano socialmente ed eticamente più alti del costo della retta annuale“.