27 Gennaio 2017
08:00
Allo Spazio Kor arriva “Utoya”. Intervista alla regista Serena Sinigaglia
ASTI – Nell’isola di Utoya, di proprietà del partito laburista e sede dei campeggi estivi dei giovani socialisti, il 22 luglio 2011 Anders Behring Breivik, risultato sano di mente, uccise 69 ragazzi con la ferma intenzione di colpire quella fazione politica, per poi dichiararsi simpatizzante della polizia e orgoglioso del suo gesto.
Da questo fatto di cronaca nera prende spunto “Utoya”, spettacolo del Teatro Metastasio di Prato che continua, venerdì 27 gennaio, l’importante cartellone della stagione dello Spazio Kor di Asti (ex Teatro Giraudi), “_delPresente”, realizzato dalla Fondazione Piemonte dal Vivo e dall’Associazione CRAFT, in collaborazione con il Teatro degli Acerbi
La regia è di Serena Sinigaglia, fondatrice dell’ATIR (Associazione Teatrale Indipendente per la Ricerca), di cui è presidente e direttore artistico, e voce riconosciuta tra le più interessanti del panorama teatrale contemporaneo. Lo spettacolo è il riadattamento teatrale di Edoardo Erba del libro di Luca Mariani “Il silenzio sugli innocenti” e vede in scena Arianna Scommegna (premio ubu 2014) e Mattia Fabris.
“Mi sono imbattuta per caso nell’inchiesta giornalistica di Mariani, che mi ha riportato alla mente i fatti del 2011. Mentre leggevo, mi sono accorta che avevo archiviato come l’azione di un folle questo fatto, invece centrale per capire la ventata di destra degli ultimi anni, qui declinata in maniera così estrema”, racconta Serena Sinigaglia, “quando si è posta l’occasione di fare uno spettacolo prodotto dal Teatro Metastasio di Prato, ho proposto questo. Non volevamo fare un documentario, ma volevamo che la strage passasse attraverso l’umanità delle persone che l’hanno intersecata o vissuta. Ho perciò chiamato Edoardo Erba, perché è un autore teatrale”
La storia è raccontata attraverso il vissuto di tre coppie: un marito e una moglie che hanno mandato la figlia sull’isola, una coppia di contadini, che hanno affittato a Breivik la fattoria dove è stato progettato l’attentato, e due poliziotti che, dalla stazione di polizia di fronte all’isola, vicinissima alla costa, vedono e non intervengono perché non comandati a farlo. “Attraverso la relazione tra queste coppie emergono le parti più misteriose e inquietanti della vicenda. Ogni coppia declina un tema che i fatti fanno emergere con forza”, spiega la regista, “ I poliziotti: il tema dell’obbedienza, quando quest’ultima agisce contro l’umanità. I contadini: quello del silenzio, l’egoismo della società capitalista che finge di essere educazione. E’ il tema legato anche alla paura, l’erigere muri per conservare i privilegi acquisiti. I genitori declinano il tema della fede. Il marito è socialista, ha costretto la figlia quattordicenne ad andare al campeggio dei socialisti di Utoya e da ciò nasce il contrasto con la moglie. La portata politica si evidenzia proprio con quest’ultima coppia. Si chiarisce che quello a Utoya non era solo un campeggio, era un raduno del partito laburista, un momento di grande formazione dal quale sono usciti dei primi ministri della Norvegia. Breivik ha preparato il colpo per cinque lunghi anni, voleva colpire il partito laburista. Ci premeva che questo uscisse come narrazione dei fatti, il resto è una riflessione umana ed emotiva sul declino del capitalismo e sul medio evo culturale in cui siamo capitati, dove non ci sono eroi, ma ci sono rabbia e molta paura”.
I personaggi sono inventati , ma potenzialmente possibili. Non partecipano direttamente ai fatti ma li vivono da vicino (anche la figlia della coppia sposata non sarà una vittima, perché si salverà) e li commentano, sono la voce del coro, facendo un parallelismo con la tragedia greca. “Quando penso ad un allestimento penso sempre al teatro classico, se ho dei dubbi interrogo sempre o il teatro attico o Shakespeare. C’è molto del teatro greco, ovviamente in foggia contemporanea su fatti e tensioni odierni”.
Sull’isola di Utoya oggi vi è un memoriale di dedica ai giovani caduti, un progetto che, tra tanti, ha vinto, per la sua forza evocativa, il concorso bandito. E’ una frattura fatta nel promontorio dell’isola, con, nella parte staccata, il ricordo dei nomi delle vittime. Da un tunnel si raggiunge una terrazza affacciata sulla punta spezzata, simbolo di ciò che non potrà più ricongiungersi . Anche la scenografia di “Utoya”, una foresta spezzata e detriti di specchio, è un memoriale di dedica, realizzato da Maria Spazzi “Gli alberi recisi sono quei ragazzini e sono le nostre società spaccate e difficili da ricongiungere… E’ uno spazio metaforico e simbolico, uno spazio quasi sacro che richiede la sobrietà di un rito. E sobria è anche la recitazione, la caratterizzazione non è mai spinta, è tutto molto nordico ed elegante, perché è necessario un grande rispetto, di fronte ad un tale abisso di orrore”.
Lo spettacolo è realizzato in collaborazione con Teatro Ringhiera ATIR e con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia in Italia
Biglietti: intero € 8, ridotto € 5 per under 25, over 60, tessera Open, abbonati Teatro Alfieri. Per info e prenotazioni: cell. 3491781140 – promozione@associazionecraft.org