7 Febbraio 2017
05:00
“I giovani non sanno più scrivere”. L’italianista Gian Luigi Ferraris: “si deve tornare a studiare con rigore la grammatica”
ALESSANDRIA – “I giovani non sanno più scrivere”. È questo il grido d’allarme lanciato da 600 docenti universitari in una lettera aperta indirizzata al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Istruzione e al Parlamento italiano. Un appello “quanto mai opportuno” secondo Gian Luigi Ferraris, italianista e presidente del Comitato scientifico dell’Università della Terza Età di Alessandria.
Nella lunga carriera da studioso della cultura italiana, il professore di strafalcioni nello “stupidario” ne ha annotati parecchi. I più gravi? Quelli di alcun suoi colleghi, ha ammesso. Come un docente incontrato anni fa che nel ricostruire il suo curriculum se ne uscì con un “io mi ho laureato in lettere all’Università di Catania“. Da “rabbrividire”, ha ricordato l’italianista, profondamente rammaricato dal declino dell’intero sistema formativo.
Una deriva di cui per Ferraris è prima di tutto responsabile “la politica“. “Da quarant’anni ogni riforma della scuola è sempre stata peggiorativa. L’incompetenza nell’uso dell’italiano da parte degli italiani, soprattutto giovani, è certamente frutto della condizione disastrata in cui si trova il mondo dell’istruzione”. La denuncia dei 600 docenti dovrebbe far riflettere, ma lo studioso è “pessimista“. “La politica è la prima chiamata in causa ma questa è una responsabilità multifattoriale coinvolge anche altre istituzioni, enti, i sindacati e gli stessi docenti che non sono stati in grado di opporsi con sufficiente forza al declino. Per questo dubito che si possa risalire la china ma bisogna comunque tentare“.
“Sono convinto che l’educazione linguistica debba cominciare seriamente dalle elementari e poi consolidarsi negli anni attraverso lo studio e l’impegno”
(Gian Luigi Ferraris)
È vero che oggi il mondo corre veloce e anche i pensieri hanno un numero massimo di caratteri ma teniamone sempre uno spazio per una “h” con le voci del verbo avere. “Alcune formule dei messaggi come il “xkè” sono anche divertenti ma messe tutte insieme fanno cadere le braccia. L’estrema sintesi è deleteria perché chi non ha competenze linguistiche organiche e solide rischia di credere che quello sia il corretto modo di scrivere ed esprimersi“.
Come si può allora “risalire la china“? “Serve uno studio rigoroso e sistematico della grammatica. A scuola e a casa bisogna leggere seguendo criteri di gradualità ed esercitarsi con costanza nella scrittura, recuperando anche il corsivo. Una mia amica che insegna diritto amministrativo recentemente mi ha confidato di aver dovuto istituire un corso per abituare i futuri avvocati all’uso della parola scritta. Purtroppo questo problema tocca tutti i settori e se le “magagne” arrivano fino ai 25 o 30 anni diventa dura estirparle. Per questo sono convinto che l’educazione linguistica debba cominciare seriamente dalle elementari e poi consolidarsi negli anni attraverso lo studio e l’impegno. Non con pratiche sbrindellate come le prove scritte degli esami di maturità, introdotte con una superficialità incredibile. Ben venga il bilinguismo fin dalla tenera età ma si insegni con rigore prima di tutto l’italiano che è la nostra lingua. Siamo tra gli ultimi in Europa per competenza linguistica e bisogna cercare di porre rimedio a questo sfacelo, anche se ormai una generazione è perduta”.