13 Febbraio 2017
10:03
Una società e i singoli che le danno corpo. Recensione di “Una delle ultime sere di Carnovale” al Teatro Civico di Tortona
TORTONA – Una lingua antica, il veneziano del ‘700, veicolo di istanze, espressione di amore, dignità e leggerezza del divertimento.
“Una delle ultime sere di Carnovale”, presentata in prima nazionale dalla Fondazione Teatro Piemonte Europa per la regia di Beppe Navello, domenica 12 febbraio al Teatro Civico di Tortona, tutto esaurito per l’occasione, è una commedia che riflette lo stato d’animo di un Goldoni maturo, in procinto di abbandonare l’amata Venezia.
La vicenda gira intorno all’amore ricambiato di Anzoletto, disegnatore di tessuti a Venezia costretto da invidie professionali alla partenza per la Moscovia, per Domenica, figlia del fabbricante di stoffe Zamaria, e all’ostacolo che ciò pone al loro matrimonio.
Nella bottega-casa di Zamaria, dove il lavoro è rappresentato da fondali/tessuti damascati che si alzano ad allargare la scena, si festeggia una delle ultime sere di carnevale. Sei le coppie di convitati, tre già formate e tre in procinto di crearsi, in un ambiente omogeneo di tessitori e mercanti e in un contesto di convivialità che si consuma nel gioco, nella cena e nelle danze finali.
Il taglio registico mira a caratterizzare fortemente i personaggi, mantenendo una radicata appartenenza ad un ceto sociale comune e una bonomia di fondo che è propria della commedia a lieto fine. L’uniformità, cui i differenti caratteri si riconducono, è sottolineata dai bellissimi abiti settecenteschi, sfumati nelle tinte che si fondono, nel bordo finale, nello stesso blu, quello del mare delle due vedute del Canaletto sullo sfondo. L’indicazione delle coppie è chiara, ognuna, già in essere o ancora da formarsi, indossa abiti della stessa tonalità, tranne Agnoletto, che tutti sanno sul punto di andare altrove. E’ evidente la diversità, come la fatica del distacco, tema estremamente attuale, sintetizzato dall’odierna espressione “fuga di cervelli”. La metafora nella chiave autobiografica dell’autore appare lontana e non sembra evidenziata nella lettura di Navello, mentre la serietà composta di Agnoletto/Alberto Onofrietti , che si differenzia dai toni sopra le righe degli altri personaggi, sottolinea la fatica e la dignità di una scelta difficile in senso universale.
La lingua veneziana è mantenuta in tutto il suo colore, si adatta alle forzature comiche come all’espressione dei sentimenti. Zamaria/ Antonio Sarasso spicca per vitalità e verve comica che regala momenti gustosissimi. Particolarmente riuscito il dialogo-corteggiamento con l’attempata ma vogliosa ricamatrice francese madama Gatteau, che deciderà di sposarlo, ponendo il lieto fine risolutivo. I modi della commedia dell’arte si affacciano nel fare di Momolo/Alessandro Meringolo, che pare un Arlecchino irriverente e pirotecnico e, non a caso, entra in scena con la maschera per essere fonte di scherzi e lazzi al centro dei convitati.
Su tutto i timori credibili e freschi di Domenica/Maria Alberta Navello, che regala un’interpretazione allegra, a tratti pungente e mai leziosa, e il filo dell’amore che attraversa una società e tutte le sue componenti, sino ad oggi. La temuta separazione non ci sarà, ma ci sarà la partenza. Seppure nel lieto fine non si cambia un ordine costituito.
Splendida l’interpretazione di tutto il cast (in scena, oltre ai menzionati, Diego Casalis , Daria-Pascal Attolini , Andrea Romero, Marcella Favilla, Matteo Romoli, Eleni Molos, Erika Urban, Geneviève Rey-Penchenat, Giuseppe Nitti, tutti sempre in parte e perfettamente in sintonia tra loro) che è riuscito a trasmettere Goldoni con tanta efficacia da far comprendere anche ciò che, in veneziano antico, sarebbe altrimenti ostico.
Uno spettacolo da non perdere per la grande bellezza che ogni spettatore è costretto a cogliere di fronte ad un testo che pare scritto ieri, ad una vis comica che strappa la risata e alla sontuosità di un allestimento prezioso ed essenziale.
Il pubblico numerosissimo del Teatro Civico di Tortona ha applaudito a lungo i protagonisti e il regista, richiamati in scena più volte.