Autore Redazione
domenica
10 Marzo 2024
05:51
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I nuovi libri in uscita: da Vecchioni al “politico scomodo” Matteotti

I nuovi libri in uscita: da Vecchioni al “politico scomodo” Matteotti

RADIO GOLD – Anche questa settimana ecco alcune delle novità in libreria di questa settimana.

Germanico‘ (Mondadori), di Valerio Massimo Manfredi

Mai era accaduto prima nella storia di Roma che due giovani dell’aristocrazia si amassero in modo così incondizionato. Dal momento in cui, giovanissimi, si riconosceranno come spiriti affini, Germanico e Agrippina non si separeranno più. Il vincolo che li unisce, del resto, è il coronamento di una grande passione, non certo un impegno formale determinato da convenienze politiche. Quando il giovane comandante è chiamato a guidare le otto legioni stanziate lungo il fiume Reno per riscattare il nome dell’Impero dopo la disfatta di Teutoburgo, Agrippina decide di seguirlo in Germania. Nonostante sia incinta, partecipa da protagonista alla vita dell’accampamento, rivelando presto un ascendente sui soldati superiore persino a quello del marito.

Fieri, impavidi, volitivi, entrambi sembrano dei predestinati: se Germanico, figlio del valoroso comandante Druso, è l’uomo più indicato a succedere al vecchio imperatore Augusto, di cui è il pupillo, Agrippina, figlia di Marco Vipsanio Agrippa, l’eroe di Azio, ma soprattutto nipote di Augusto, rappresenta l’esempio più fulgido della matrona romana. Eppure, alla morte di Augusto per loro le cose si mettono male. Nel testamento l’imperatore ha designato il figliastro Tiberio come suo successore.

Livia, sua madre – avversaria di Agrippina –, che ha sempre agito perché il marito favorisse il figlio Tiberio, detiene adesso un potere illimitato. Amati dalla gente e dai soldati così come temuti dal potere, Germanico e Agrippina accetteranno con spavalda consapevolezza il loro destino. Anni dopo la loro morte, sarà il centurione Quinto Sergio Sabino – un leale servitore dello Stato che ha avuto la ventura di essere testimone delle loro gesta – a raccontare nelle sue memorie chi furono l’imperatore mancato e la sua sposa guerriera, e in che modo Tiberio e Livia si accanirono su di loro.

Il cammino del morto‘ (Einaudi), di Larry McMurtry

Una distesa insieme maestosa e spietata, dove né il viaggiatore ben armato né il bisonte più robusto sanno per certo se arriveranno a sera: ecco l’Ovest americano alla metà dell’Ottocento. Gus e Call – l’avventato e il giudizioso, il fanfarone e il taciturno, il donnaiolo e il riluttante – sono come il giorno e la notte, ma hanno una cosa in comune: tanta voglia di avventura. Perché, allora, non entrare nei Texas Ranger? Tutti sono stati giovani, anche gli induriti cowboy protagonisti di “Lonesome Dove”: questa è la storia di come tutto ebbe inizio. Tutti sono stati giovani, anche Gus e Call, gli induriti venditori di bestiame protagonisti di “Lonesome Dove”.

A quell’epoca, gli anni Quaranta dell’Ottocento, le praterie a ovest di San Antonio erano ancora selvagge e dominate dagli indiani. Dunque chi meglio di due ragazzi sbandati e un po’ ingenui per rimpolpare la compagnia di Texas Ranger in partenza per El Paso? Un fucile, un cavallo, la promessa di una paga e si va. Ma in giro c’è Buffalo Hump, l’abile e brutale capo comanche, e il battesimo della strada si celebra con il sangue. La vita in città è senz’altro più sicura, ma anche più noiosa. Ecco, quindi, che Gus e Call si rimettono in viaggio unendosi a una spedizione per la conquista di Santa Fe, florida città del New Mexico. A guidarli c’è un ex pirata che della terraferma non si intende molto.

È un male, perché stavolta la lista dei pericoli è davvero lunga: ai Comanche con la passione degli scalpi si aggiungono Apache amanti delle torture, messicani più combattivi del previsto e una natura inospitale fatta di orsi inferociti, fiumi in piena e siccità estrema, che mostra il suo lato peggiore nel famigerato “cammino del morto”. A partire sono in duecento, ma non tutti faranno ritorno. “Il cammino del morto” fa parte della quadrilogia del West che ha reso celebre McMurtry: pubblicato dopo “Lonesome Dove” e “Le strade di Laredo”, è il prequel che racconta come tutto ebbe inizio.

Dio. La scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione‘ (Sonda), di i Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies

Per quasi cinque secoli si sono accumulate scoperte scientifiche che hanno suggerito che fosse possibile spiegare l’Universo senza la necessità di un Dio creatore. Inaspettatamente, il pendolo della scienza ha oscillato nella direzione opposta. Dopo aver definito cosa sia una prova nella scienza e le implicazioni delle due tesi opposte dell’esistenza o meno di un Dio creatore, il libro affronta le scoperte scientifiche degli ultimi 150 anni, che hanno portato a una vera rivoluzione concettuale.

Solo 100 anni fa tutti gli scienziati pensavano che l’Universo fosse eterno e stabile, mentre oggi sappiamo che ha avuto un inizio, avrà una fine, è in espansione e proviene da un Big Bang. Questo punto solleva la questione di un Dio creatore. La scoperta della regolazione fine dell’Universo, che rende possibile l’esistenza degli atomi, delle stelle e della vita complessa, è un secondo punto chiave che solleva anche la questione della sua origine.

Con i commenti finali di Vincenzo Balzani, Noemi Di Segni, Roberto Giovanni Tomossi, John C. Lennox, Andrew Briggs, Denis Alexander, Luc Jaeger, Cardinale Robert Sarah, e Monsignor André Léonard.

Narciso cacciatore. Un’ipotesi sul mostro di Firenze‘ (Rogas), di Cristiano Demicheli

Nel 1984 un uomo, un pluripregiudicato pratese, ha dichiarato di essere il mostro di Firenze. La sua abitazione sorgeva a pochi metri da tre luoghi del delitto. Il suo impiego lo poneva in contatto diretto con una delle vittime. Questo studio, basato su anni di indagini e interviste, ne delinea la vita e le attività, rilevando sconcertanti analogie con la vicenda del mostro.

‘Racconti dei mari del Sud‘ (Quodlibet), di Jack London

“Credo che stessi per rinunciare alla lotta, abbandonarmi e morire, quando il centro del ciclone ci colpì”. Questi racconti (‘South Sea Tales’, 1911) sono basati sui ricordi di Jack London quando era mozzo di nave sul finire dell’Ottocento tra le isole e gli innumerevoli atolli sparsi per il Sud Pacifico: le Salomone, le Figi, Paumotu, Le Nuove Ebridi, Tahiti, e anche Pitcairn, l’isola dove si erano rifugiati gli ammutinati del famoso Bounty. È una Melanesia ancora mezza selvaggia, ancora abitata qui e là da cannibali e cacciatori di teste, percorsa dai bianchi occidentali per i loro accaniti e inevitabili traffici.

Sono storie spesso crudeli e sanguinarie, di brutale spietatezza, ritratti schietti e impietosi di mercanti e avventurieri che circolavano sotto l’ardente sole dei tropici. Ma c’è pure ammirazione per certi tratti caratteriali degli indigeni, come la pazienza, il desiderio in alcuni instancabile di libertà, la fedeltà all’amicizia. Naturalmente il modo di parlare (mantenuto nella traduzione), il modo di nominare e giudicare gli indigeni è quello dell’epoca coloniale, un gergo che oggi sarebbe di sicuro ritenuto inaccettabile.

Tra il silenzio e il tuono‘ (Einaudi), di Roberto Vecchioni

Questo è un romanzo fatto di lettere, ma non è un romanzo epistolare come gli altri. Si alternano due voci: da una parte c’è lui, Roberto Vecchioni, che racconta a un fantomatico nonno alcuni degli episodi più significativi della sua vita. Li riporta in presa diretta, proprio mentre gli accadono, a dieci, quindici, trenta, ottant’anni. Infanzia, amicizie, studi, canzoni, dolori, amori. Sconfitte e vittorie. Il nonno, dal canto suo, non gli risponde mai: forse non ce n’è bisogno, forse conosce Roberto fin troppo bene. Le sue lettere sono indirizzate ad altri personaggi, veri o immaginari, e affrontano gli argomenti più disparati.

Che si tratti di Schubert, di bizzarre teorie sugli ingorghi stradali o di scrittori russi che conosce soltanto lui, ne scrive sempre con la medesima, grandissima passione. E anche se le lettere di Roberto raccontano la storia di una vita – e insieme la storia di un corpo, che sente, ama, si ferisce, si ammala – e quelle del nonno sono puro pensiero, capita di rimanere spiazzati, perché ogni tanto parlano di qualcosa che sembra essere accaduto a entrambi. Di un palco illuminato, ad esempio, e di un uomo che chiede di essere chiamato amore. Ma, soprattutto, della morte di un figlio, e del dolore lacerante che non ti abbandona mai. Cinquantatrè lettere, cinquantatrè momenti sfolgoranti per catturare “l’ombra sfuggente della verità”. In un tempo in cui il prima e il dopo possono confondersi, e persino, forse, illuminarsi a vicenda.

Galla Placidia. La nobilissima‘ (Jaca Book), di Vito Antonio Sirago

Il ritratto di una donna forte, determinata, reggitrice dell’impero occidentale e custode della pace. Una biografia a tuttotondo, documentatissima ma leggibile come un romanzo storico. Galla Placidia (390 ca.-450 d.C.) fin dalla nascita fu “la nobilissima” per eccellenza. Figlia, moglie e madre di imperatori, lei stessa fu investita della carica imperiale con il titolo di Augusta. Alla morte di Alarico, re dei Visigoti, del cui bottino era stata parte, fu moglie di Ataulfo, nuovo sovrano, grazie al cui amore poté operare per la integrazione fra Romani e Goti.

Assassinato Ataulfo, fu rimandata a Ravenna e data in sposa al patrizio Costanzo dal fratello Onorio. Resse l’Impero occidentale durante la minorità del figlio Valentiniano III. L’utopia di Galla Placidia e del fratello Onorio era quella di fare di Ravenna una nuova Roma, mentre l’urbe era in decadenza. La sua fede incrollabile e quasi fanatica, il suo carisma e la sua volontà di mantenere unito l’impero non furono ricompensati: lasciò un regno spezzettato fra i popoli barbarici, una chiesa cristiana scissa in correnti ferocemente in lotta tra loro, un’epoca al tramonto.

La regola di Nora‘ (Sem), di Chiara Ingrosso

Nora Lopez ha trentatré anni, un lavoro di quelli che tolgono il fiato, troppi fantasmi nella testa e un’unica regola. Fa l’inviata per una popolare trasmissione di cronaca nera, coltiva un’ossessione per il crimine violento e possiede un fiuto eccezionale con cui riesce a comprendere la psicologia di vittime e carnefici. Soprattutto quella dei carnefici. Nora, infatti, è un’assassina… almeno in teoria. E nella sua immaginazione ha ucciso migliaia di volte, perdendosi in fantasie tanto vivide da sembrare vere. Per non oltrepassare la linea d’ombra, si è data una regola: conoscere se stessa e non saltare mai gli appuntamenti con la dottoressa Q, la terapista presso cui è in cura.

La vita di Nora scorre così, tra la malinconia per una relazione di coppia che si sta esaurendo e l’inquietudine che la tormenta. Poi, succede qualcosa. A Lecce, nel profondo Sudest, qualcuno ammazza due giovani fidanzati. Per la giornalista, quell’omicidio consumato nella città in cui è cresciuta, è una chiamata. Questa volta, Nora dovrà vedersela con le ombre del passato e chiudere conti lasciati troppo a lungo in sospeso.

Una luce tra i vicoli. La mia storia, le mie parole, la mia strada‘ (Mondadori Electa), di Maria Esposito

Dai vicoli di Napoli ai red carpet, dai sogni nel cassetto alla realtà fatta di successi internazionali, produzioni televisive, tournée teatrali sold out: negli ultimi anni la vita di Maria Esposito sembra essere cambiata in modo radicale, e grazie al suo talento la giovane attrice si è imposta come uno dei volti più conosciuti e apprezzati della scena italiana.

Eppure, nella vita di Maria continuano a esserci i Quartieri Spagnoli del capoluogo campano – dove è nata e cresciuta – e le voci che si rincorrono tra le sue strade; c’è la sua straordinaria famiglia, così unita, solida e forte, che l’ha sempre sostenuta e le ha permesso di coltivare le sue passioni; ci sono gli amici di sempre, i ricordi d’infanzia ancora vivi, i giochi in strada e al mare. C’è la magia di una città e di un mondo fatto di cose semplici, essenziali, stupende. E ci sono anche le gioie e le ambizioni, le delusioni e le paure, la fame di vivere e il bisogno di libertà.

Una notte al museo russo‘ (Laterza), di Paolo Nori

“Ho cominciato a andare in Russia nel 1991, più di trenta anni fa e, in questi anni, credo di essere stato a Pietroburgo una ventina di volte. In questi venti viaggi sono stato forse tre volte in quello che, in occidente, è il più celebre dei musei russi, l’Ermitage, e più di venti volte, ventitré, credo, al Museo Russo. Non che mi dispiaccia, l’Ermitage, solo che, all’Ermitage, c’è l’arte occidentale, al Museo Russo c’è la più grande collezione al mondo di arte russa. E, fin dalla prima volta, ad attraversare le sale del Museo Russo mi è sembrato di leggere un libro di storia”.

“Quando mi chiedono cosa ci dicono i romanzi di Dostoevskij sulla vita in Russia nell’Ottocento, a me vien da pensare che è vero, ci dicono molto, della vita in Russia nell’Ottocento, ma molto di più, mi sembra, ci dicono di noi, della nostra vita di adesso, del nostro coraggio e della nostra paura”.

Giacomo Matteotti. L’Italia migliore‘ (Bollati Boringhieri) di Federico Fornaro

Ogni città italiana dopo la guerra ha dedicato una via, un corso o una piazza, spesso centrale, a Giacomo Matteotti, deputato del Psi dal 1919 al 1922, e poi – poco prima della Marcia su Roma – segretario del Partito socialista unitario di Filippo Turati e Claudio Treves. Fin dagli esordi del fascismo, Matteotti fu considerato un nume tutelare dagli oppositori del regime, «perché non transigeva e perché aveva un coraggio che mancava a troppi altri», come scrisse il foglio clandestino «Non mollare» nel 1925, poco dopo il suo omicidio. Ma a dispetto dell’importanza della figura di Matteotti per la storia italiana, la sua memoria è ancora sostanzialmente legata solo al suo assassinio per mano dei fascisti e alle vicende politiche che ne seguirono. A parte la toponomastica, poco è stato tramandato nel nostro immaginario collettivo dell’uomo di pensiero e d’azione, del suo riformismo, della sua idea di politica, di giustizia sociale, di libertà e di avversione alla guerra. Giacomo Matteotti fu un attore di primissimo piano nella sinistra italiana di inizio Novecento, tanto che «il mito popolare di Matteotti, coltivato clandestinamente durante il ventennio fascista non solo dai fuoriusciti ma anche dalla gente comune, contribuì certamente al sorprendente risultato dei socialisti nelle elezioni per l’Assemblea Costituente del 2 giugno 1946». L’Italia migliore si rispecchiava in lui e nel suo riformismo intransigente. A cento anni dalla morte, in un contesto politico nel quale si fa sempre più strada, pericolosamente, una certa strisciante relativizzazione della dittatura fascista di Mussolini, Federico Fornaro scrive la biografia completa e aggiornata di un politico scomodo, dai suoi esordi nel Polesine fino al suo tragico epilogo, per analizzarne il pensiero e la statura morale, andando oltre la sterile celebrazione del martire. Ne esce un ritratto a tutto tondo, che in parte spiega questa sorta di «amnesia» che pare aver colto l’Italia per un secolo intero.

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