Autore Redazione
venerdì
29 Marzo 2019
06:15
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Cronaca - Eventi - Tortona

Goldoni racconta “La guerra” al Teatro Civico di Tortona

In questi giorni al Civico le prove della Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia per il debutto del 1^ aprile. L'intervista al regista Franco Però
Goldoni racconta “La guerra” al Teatro Civico di Tortona

TORTONA – “La guerra” di Goldoni è un testo meno rappresentato rispetto ad altri, ma contiene un intero affresco della società. E’ proprio questa visione universale ad essere al centro dell’allestimento della Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, con la regia di Franco Però, che del Teatro Stabile è anche direttore artistico. Il cast, modificato rispetto al debutto nel 2017, sta riallestendo in questi giorni il lavoro al Teatro Civico di Tortona (ormai cantiere teatrale per molte compagnie prestigiose, grazie all’ottimo supporto di tutti i collaboratori), dove debutterà lunedì 1 aprile.

Franco Però, “La guerra” è un’opera meno rappresentata di altri testi goldoniani. Perché la scelta è caduta proprio su questo lavoro?

Goldoni è un autore straordinario, ma di solito si rimane sulle solite cinque o sei commedie-capolavori. Anni fa mi ero imbattuto in un testo dal titolo ”L’uomo prudente” che anticipa un po’ “I gemelli veneziani” ed è, come questo, un noir. Studiando questo testo bello e potente, con cui abbiamo fatto uno spettacolo con Paolo Bonacelli, mi è venuta voglia di analizzare altre commedie (e il numero è sterminato) di Goldoni, perché in ogni sua opera c’è una conoscenza dell’animo e dei comportamenti umani. Se Shakespeare è il più grande poeta del teatro, Goldoni è colui che più è riuscito a scavare nei comportamenti umani (e chiedo scusa al grande Molière), non a livello della poesia, ma del mondo nuovo che nasceva e al quale ancora apparteniamo. Ci sono nelle sue opere temi oggi più leggibili e altri meno; ne “La guerra” il tema portante si impone dopo una scena iniziale di insieme nel tempo/non tempo prima dell’attacco, che si trascorre tra gioco e amorazzi (e Schiller ha sicuramente a questo proposito letto Goldoni quando ha scritto “L’accampamento di Wallenstein).  A questo punto arriva un commissario che al pubblico fa l’apologia dell’interesse, come in “Madre courage” di Brecht, che evidentemente a sua volta ha letto “La guerra”. Proprio per questo avevo ipotizzato (e su ciò spingerò un po’ di più) un racconto da fare brechtianamente in mezzo al pubblico. Goldoni conosceva il tema, sapeva benissimo cos’era la guerra, aveva visto qualche anno prima un assedio nei pressi di Parma e ne aveva parlato con la gente, che raccontava di chi si fosse in questo modo arricchito. Questo fu un piccolo attacco, ma le proporzioni del conflitto non cambiano il fatto che dentro le guerre ci siano massacri voluti da chi intende guadagnarvi.

Oltre alla guerra come mezzo di arricchimento Goldoni dipinge altri sentimenti?

C’è anche il punto di vista ideale, anch’esso però spinto all’estremo. Il giovane eroe idealista in una scena parte in quarta senza rendersi conto che potrebbe uccidere il padre della sua innamorata, ma la guerra porta a questo. C’è ironia anche nel descrivere quanto di più basso c’è nell’animo umano. Rispetto alla perfezione che c’è ne “La locandiera”, ne “I rusteghi”, nel “Sior Todero”, si toccano meno temi, ma il testo rimane in piedi con una grande grazia e una grande forza.

La condizione è quella dell’attesa di una battaglia. Come si riflette nelle emozioni dei protagonisti?

I personaggi colgono il momento, e lo fanno anche le donne. La figlia del commissario fa una riflessione cinica in cui dice di osservare le persone che vanno e vengono e che l’indomani potrebbero non esserci più. E’ un realismo portato all’estremo, tutti hanno il senso del tempo che potrebbe fermarsi in quella giornata e in quel momento e c’è chi ne approfitta e chi vuol combattere. Goldoni, come i grandi autori e come poi Cechov, non prende posizione, cerca di mostrare tutti i punti di vista, come quello del commissario che sfrutta il fatto che qualcuno abbia bisogno di denaro per giocare, perché forse un domani non ci sarà più. Così c’è il punto di vista di chi va in modo ideale a combattere.

E’ una situazione limite che si può dire universale?

Sì. Goldoni ha la capacità di guardare in un momento estremo all’esasperazione di tutti i comportamenti. Per esempio c’è una scena con una contadinella, con cui i soldati giocano per poi disinteressarsene e rubarle le uova per fame. Un autore più moderno porterebbe la situazione alla violenza, mentre qui non è così, ma si intuisce bene che ci potrebbe essere anche altro.

L’allestimento ha una contestualizzazione particolare?

Ho voluto mantenere l’epoca del testo, i costumi sono simbolicamente settecenteschi, ma gli attori indossano sotto jeans e scarpe da ginnastica, perché quello che succede può accadere sempre. L’allestimento ha come leitmotiv il senso dell’arricchimento alle spalle di altri in contrapposizione al senso etico dei generali e, per questo, si svolge quasi tutto nel grande spazio-tenda-magazzino del personaggio chiave del commissario.

Rispetto alla messa in scena del 2017 cosa cambia?

Variano gli attori e quindi variano i rapporti, perciò sarà diverso. Soprattutto vorrei che raccontasse ancora di più il modo di vedere la guerra di Goldoni al pubblico.

In scena gli attori della Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia: Filippo Borghi, Romina Colbasso, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Andrea Germani, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Maria Grazia Plos. Con Giulio Cancelli, Adriano Giraldi (attori ospiti) e la partecipazione di Mauro Malinverno. Il fisarmonicista è Mitja Tull.

L’inizio dello spettacolo è alle ore 21.

Biglietti singoli in biglietteria: Platea: intero € 25,00 – ridotto € 23,00 Palchi centrali: intero € 23,00 – ridotto € 20,00 Palchi laterali: intero € 20,00 – ridotto € 17,00 Loggione: intero € 13,00 – ridotto € 10,00

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