6 Marzo 2020
09:19
Turni massacranti, mancanza di dispositivi di sicurezza e incertezze: storie dagli ospedali in quarantena
PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Hanno il sapore del bollettino di guerra le storie che arrivano da Novi Ligure e Tortona. È in quelle città, dove da alcuni giorni gli ospedali cittadini sono stati chiusi dall’Unità di Crisi per emergenza sanitaria legata al coronavirus, che medici e infermieri si trovano in prima linea. Sino a ora in provincia sono stati 24 i casi accertati di Covid-19. Due invece i decessi. Il personale medico e infermieristico invece è sempre lo stesso. Lo stesso da più di 48 ore. Si è organizzato in turni – massacranti – e lavora senza sosta per far rientrare l’emergenza e prestare regolare assistenza a quei malati che si trovano ancora ricoverati. Una situazione denunciata da diverse sigle sindacali oltre che da post su Facebook in cui gli operatori raccontano queste ore di quarantena.
Storie, dicevamo. Storie di vita nel bel mezzo dell’emergenza coronavirus. Storie raccolte anche da Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, che è in costante contatto con i colleghi all’interno degli ospedali e dei reparti in isolamento. Proprio come la medicina di Novi Ligure o la Rianimazione di Tortona. “Sappiamo che i nostri colleghi stanno svolgendo con estrema professionalità il loro lavoro“, fanno sapere dal sindacato. “Hanno turni massacranti senza avere ricambi, se non quelli degli infermieri presenti già all’interno della struttura“, spiega il segretario locale Salvatore Lo Presti.
La preoccupazione è che “l’Asl non sembra avere ancora in mente un piano d’azione preciso. Non lo diciamo noi di Nursind, ma lo intuiamo dalle parole atto del governatore Cirio quando comunica che al momento nessuna Azienda ospedaliera ha fatto domande per nuove assunzioni“. Il sindacato spiega che attualmente sono state soppresse ferie e riposi, chiamato personale da altri ospedali del territorio e nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri si fa cenno anche alla possibilità di assumere per sei mesi personale in pensione o neo laureato. “Quest’ultima cosa però è utile solo per i numeri e le statistiche. Perché il personale in quiescenza è considerato a rischio in un momento del genere vista l’età, mentre i neolaureati non hanno l’esperienza necessaria per affrontare una situazione così complessa che sta mettendo a dura prova tutti“, dice ancora.
A questo si aggiungono la scarsità dei Dispositivi di protezione individuale. Gli operatori spesso hanno una sola mascherina con filtro e un unico camicino. “Arrivati a fine turno levano i Dpi per poi riutilizzarli quando rimontano a lavoro annullando completamente il senso di questi dispositivi. Non è colpa dell’Azienda sia ben inteso ma dei nostri precedenti amministratori che hanno ridotto all’osso le risorse agli ospedali e che ora si trovano in difficoltà a gestire tutto questo“.