Autore Redazione
giovedì
7 Maggio 2020
01:17
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Cronaca - Ovada

La storia di Patrizia che colleziona quarantene e passa le ore al telefono: “Come fossi ai domiciliari, alla fine querelerò”

La storia di Patrizia che colleziona quarantene e passa le ore al telefono: “Come fossi ai domiciliari, alla fine querelerò”

OVADA – La redazione di RadioGold ogni giorno riceve segnalazioni di persone disperate, in attesa di conoscere se la loro quarantena è finita o no. “Ai numeri dell’Asl non risponde mai nessuno“, denunciano molti cittadini che “passano la giornata al telefono per poter avere una qualunque risposta“. La rabbia, con il passare dei giorni, continua a montare e c’è chi ora minaccia le vie legali, come la signora Patrizia, alle prese con una odissea iniziata a fine febbraio. Dopo essere andata a cena “da un amico che poi è stato ricoverato per coronavirus” si è subito barricata in casa per evitare rischi al prossimo e ha chiesto un tampone “effettuato immediatamente, per la verità, a casa il 4 marzo“. Pochi giorni dopo il timore di aver contratto il virus è stato confermato: la signora è infatti risultata positiva. A questo punto quindi “inizia la sorveglianza con due telefonate al giorno, a distanza di una quindicina di minuti”, una situazione “anomala – spiega Patrizia – che mi ha fatto capire che c’era qualcosa che non andava, come se ci fossero due cartelle“. Dopo alcuni giorni la 57enne comincia a chiedere quando sarebbe arrivato il secondo tampone e almeno una mail che certificasse la quarantena, ottenendo come risposta, dopo tanto battagliare“, l’imposizione della permanenza a casa fino al 18 marzo. Il tempo scorre e il 18 marzo non porta alcuna novità. La cittadina chiama quindi i numeri di riferimento per sollecitare aggiornamenti e qualcosa si muove: il 20 marzo viene comunicata “la seconda quarantena in attesa del secondo tampone“. Scorre via anche la seconda quarantena che ripropone il giro di chiamate “senza alcuna risposta perché i numeri sono sempre occupati e scatta la terza quarantena“. Patrizia, stufa, contatta il proprio medico che consulta la banca dati e scopre un presunto tampone registrato con data 3 aprile in realtà “mai fatto”, ma non solo perché, sempre il medico di famiglia, riferisce un fantomatico “decorso della terza quarantena, in teoria scaduta il 17 aprile“.

La signora scrive a questo punto una mai all’Asl per implorare una soluzione e, per tutta risposta, riceve “la comunicazione di un quarta quarantena arricchita dalla beffa, due giorni dopo, di “una raccomandata della precedente quarantena (la terza) che in realtà ormai era finita“. Patrizia si rimette a telefonare a destra manca e ottiene il tanto agognato tampone in auto che diverranno due, effettuati il 23 e il 24, risultati uno positivo e l’altro negativo. L’esito complica tutto e riprende il giro di telefonate per avere il riscontro di un terzo tampone che la cittadina riesce a fare solo “dopo svariate insistenze” il 30 aprile, “ma senza, a oggi, aver ottenuto ancora l’esito“. A fronte di questo calvario la cittadina è disperata, costretta in casa senza sapere “se positiva o no“. Patrizia non ne può più e sta raccogliendo tutto perché la sua intenzione è di “denunciare l’Asl perché alla fine è come se fossi agli arresti domiciliari, sono segregata in casa senza poter uscire neanche per buttare i rifiuti“.

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