2 Ottobre 2020
14:38
Aborto farmacologico: ecco le linee guida della Regione Piemonte
PIEMONTE – La Regione Piemonte torna a parlare di aborto farmacologico. Lo fa attraverso una verifica di carattere giuridico sulla compatibilità delle linee guida del ministero della Salute con la legge 194/1978 che disciplina la materia. “Alla luce dei nodi critici emersi dagli approfondimenti, la Regione ha voluto confrontarsi, in questi giorni, con esponenti delle diverse realtà sanitarie e sociali, tra le quali la Federazione Federvi.PA. e il dott. Silvio Viale, responsabile del Servizio Unificato IVG dell’Ospedale Sant’Anna di Torino“, si legge in una nota della Regione. Da qui è nata una circolare di chiarimento e indirizzo destinata ad ASO e ASL piemontesi:
- il divieto di aborto farmacologico direttamente nei consultori piemontesi, riservando l’attuazione dell’interruzione di gravidanza – anche farmacologica – alle strutture tassativamente elencate nell’art. 8 della legge 194, ovvero in ambito ospedaliero;
- in attuazione dell’art. 2 lett. d della Legge 194, l’attivazione di sportelli informativi all’interno degli ospedali piemontesi, consentita ad idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita (a titolo esemplificativo: il Progetto Gemma avviato da Movimento per la vita e Centri di aiuto alla vita (CAV) con aiuto economico mediante adozione prenatale a distanza, il servizio telefonico SOS Vita, etc);
- per quanto riguarda l’aborto farmacologico le modalità di ricovero sono valutate dal medico e dalla direzione sanitaria.
Il Presidente della Regione Piemonte, l’Assessore alla Sanità e l’Assessore agli Affari legali sottolineano che tali indirizzi rispondono alla volontà, unanimemente condivisa dalla Giunta regionale e dai Presidenti dei Gruppi Consiliari di maggioranza, di garantire il pieno rispetto di tutte quelle disposizioni della legge nazionale 194/1978 poste a:
- garanzia della piena libertà di scelta della donna se interrompere volontariamente la gravidanza o se proseguirla superando le cause che potrebbero indurre all’interruzione con la tutela sociale della maternità;
- garanzia del perseguimento di pratiche abortive rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna, della sua dignità personale e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza.