18 Marzo 2021
04:42
Il regista alessandrino Luca Ribuoli ci racconta il ‘suo’ Francesco Totti: “Così è nato Speravo de morì prima”
ALESSANDRIA – In che modo un mito dei tempi moderni può essere raccontato senza cadere nel banale e nella macchietta? Se lo è chiesto anche Luca Ribuoli, il regista alessandrino che ha diretto la serie tv, in onda venerdì 19 marzo in prima serata su Sky Atlantic, Speravo de morì prima. Un racconto amaro e commosso sulla fine dell’epopea giallorossa di Francesco Totti. Un mostro sacro di Roma e della romanità che Ribuoli ha voluto raccontare cinematografando il libro autobiografico Un capitano scritto proprio dall’ex 10 e Paolo Condò. “Da tempo stavo cercando un progetto di questo tipo. Per questo devo ringraziare Wildside, del gruppo Fremantle, e Capri Entertainment che hanno comprato i diritti del libro da cui è tratta la serie ma soprattutto di avermi scelto per dirigere il film su un campione riconosciuto e apprezzato anche fuori dai confini della Capitale come Francesco Totti“, ci racconta il regista, consapevole di essersi imbarcato in un’avventura la cui “mission era quella di creare una serie televisiva con un soggetto, come quello di un calciatore, che nessuno aveva mai pensato di trattare prima. Almeno come lo abbiamo concepito noi“.
DOMANDA: In Italia, al contrario che all’estero, non era mai stato tentato un progetto così prima.
RISPOSTA: Questa serie, secondo me, aprirà la strada ad altre esperienze di questo tipo. Lo sport raccoglie storie incredibili di coraggio, di passione e di umanità che è un po’ quello che andiamo a raccontare noi attraverso la figura di Francesco Totti.
D: Pietro Castellitto si porta dietro un cognome pesante come quello del personaggio che interpreta, come è stato lavorare con lui?
R: È un figlio d’arte ma tutto quello che fa se lo guadagna assolutamente sul campo. Per lui essere figlio d’arte è semplicemente essere nato e cresciuto in un certo ambiente, ma tutto quello che ha fatto e farà è unicamente per sua capacità. Credo sia un ragazzo di un talento incredibile.
D: Tra l’altro lui è cresciuto a pane e Totti.
R: Per lui è stata una sfida enorme dato che è un romanista sfegatato, tuttavia ha saputo affrontarla al meglio con passione, doti attoriali e grande professionalità.
D: Che apporto ha dato Francesco Totti alla serie?
R: Gli abbiamo chiesto un aiuto per approfondire degli argomenti. Nel mio ruolo di regista passare del tempo con lui mi è servito per conoscerlo in maniera più intima al fine di raccontarlo nel miglior modo possibile. Mi sono documentato sul campo per ricostruire attraverso la serie tv il mondo di quel gran campione che è stato Francesco Totti. Fargli rivedere la trasposizione cinematografica della sua vita è stata una grande emozione.
D: E a proposito di emozioni e pressioni, come sta vivendo la messa in onda di venerdì?
R: Di tutte le cose che ho fatto non ho mai visto una promozione di questo tipo, un’attenzione e un’aspettativa quasi spasmodica. Diciamo che sto vivendo dei giorni di tensione importanti. Non leggo nemmeno quello che scrivono i giornali, tanto per rendere l’idea.
D: Qual è lo scopo di questa serie?
R: Raccontare un Francesco Totti in parte inedito, o meglio un Totti che non fosse solo patrimonio di Roma ma che varcasse i confini della Capitale e magari anche dell’Italia. Per me è importante che il racconto arrivi da Alessandria a Palermo. Questo infatti non è solo un film di sport, ma racconta la storia di una fine. Di un uomo che fa una cosa che ama e deve accettare il fatto che non potrà più farla. Penso sia un racconto in cui chiunque può immedesimarsi.
D: Alla luce di questo quali sono i suoi timori maggiori?
R: Toccare le divinità è sempre difficile, quindi attendo la reazione dei romani e dei romanisti. Posso però dire che ce l’abbiamo messa davvero tutta.
D: E a proposito di romani e romanità, Spalletti è un bell’antagonista in questa serie. Tanto che sono emerse diverse critiche sul ruolo di Tognazzi.
R: Penso che il racconto, da quel punto di vista, stupirà. Noi raccontiamo un conflitto tra due uomini che è degenerato. Abbiamo voluto indagare su questo scontro vissuto tra Totti e Spalletti raccontando qualcosa di più, o meglio una riflessione interna da parte di un uomo che si è trovato davanti a un bivio che non avrebbe mai voluto affrontare.
D: Agli attori invece che cosa ha chiesto per rendere tutto il più credibile possibile?
R: Di immedesimarsi nei personaggi, di dargli anima ma non di scimmiottarli. Di non cadere insomma nella macchietta per non sminuire e svilire il messaggio che questa serie, ne sono sicuro, darà al pubblico.
D: Lei ha girato la serie durante la pandemia da Covid-19, che difficoltà ha trovato?
R: Tante. Sin da subito dato che le riprese di “Speravo de morì prima” doveva essere girata a partire dalla fine di febbraio 2020, mese che ha sancito l’inizio della pandemia. Diciamo che in seguito la produzione ci ha aiutato non poco affinché tutte le regole fossero rispettate e soprattutto tutto filasse liscio. Basti pensare che durante tutto il periodo delle riprese non abbiamo avuto un solo caso di Covid-19. All’inizio ci siamo trovati davanti a una macchina che doveva rodarsi e siamo partiti in salita. Lavorare con la mascherina non è semplice, soprattutto quando fuori ci sono 38 gradi. Però siamo soddisfatti di come è andata e ogni sacrificio sono certo che verrà ripagato.