18 Giugno 2021
05:01
Obiettori di coscienza e “la preoccupante situazione nell’Alessandrino sulla tutela della 194”
ALESSANDRIA – Soltanto 1 medico su 11 del reparto di Ginecologia dell’Ospedale di Alessandria non è obiettore di coscienza: è quanto emerge da un’indagine condotta dall’associazione Non Una di Meno. Stando ai dati, nelle strutture della Provincia il 75% dei medici in ginecologia-ostetricia è obiettore, mentre tra il personale delle professioni sanitarie non mediche a dichiararsi contrario all’aborto è l’11%.
“Questi numeri intollerabili si traducono in difficoltà, ritardi, disagi che le donne e le libere soggettività devono affrontare per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza”, si legge in una nota diffusa dall’Associazione. E ad aggravare la situazione, si aggiunge nel mese di marzo il bando emesso dalla Regione Piemonte per far entrare associazioni antiabortiste nei consultori. Si tratta di una proposta che aveva suscitato polemica già nel 2010, quando fu avanzata dalla Giunta di centrodestra, guidata dal leghista Roberto Cota. “Decidere sul proprio corpo è un diritto umano, ancora prima che un diritto garantito dalla legge italiana”, continua il messaggio di Non Una di Meno. Ricordiamo infatti che l’aborto in Italia è tutelato dalla legge 194 del 1978. Abbiamo cercato di fare chiarezza sulle conseguenze di queste posizioni parlando con Silvia, che per l’associazione Non Una di Meno si occupa di questioni relative all’aborto.
Domanda: Dall’indagine emerge che solo 1 medico su 11 del reparto di Ginecologia dell’AO di Alessandria non è obiettore. Perché è un problema?
Risposta: Quando una donna richiede un’interruzione di gravidanza ci deve essere un medico che la opera. Il fatto che ci sia solo 1 medico su 11 che lo fa vuol dire che i tempi si allungano e ci sono difficoltà per ottenere questo servizio garantito dal Servizio Nazionale Sanitario e della legge.
D: Questo porta le pazienti ad adottare soluzioni rischiose per la salute?
R: Trovare degli ostacoli può causare dei problemi. Alcune ricorrono al fai da te, soprattutto quando si tratta di un’utenza con difficoltà economiche o poche conoscenze a livello medico. Ma succede anche quando si è di fronte a un’utenza fragile, magari vittima di abusi famigliari. Nei casi ancora più difficili si è costretti a cercare un altro medico e pagare privatamente, e non tutte se lo possono permettere. Si tratta di disservizi che ci auguriamo in futuro non ci siano più.
D: La Regione Piemonte vuole far entrare associazioni antiabortiste nei consultori. Questo che cosa comporta a livello pratico?
R: Il bando emesso a inizio anno ha fatto il suo decorso e le domande sono state vagliate. 24 associazioni prenderanno servizio nei consultori della regione, di cui 10 a Torino e per le altre ancora non si ha notizia. Questo comporta che quando una donna si rivolge a queste strutture per avare informazioni, sostegno o intraprendere un percorso di interruzione di gravidanza trova queste persone che la inducono a cambiare idea.
D: E a livello psicologico per le pazienti?
R: Spesso succede che vengono date informazioni sbagliate: viene detto alle donne che non possono decidere di interrompere la gravidanza senza il consenso del compagno. Oppure, quando il problema è economico, o vengono forniti dei sostegni pecuniari che si esauriscono in fretta e poi le donne vengono lasciate da sole. L’interruzione di gravidanza viene fatta vivere come una colpa, senza rispettare la libertà di scelta delle donne. E questo è riportato anche nell’appello che gli operatori sanitari di Torino hanno lanciato.
D: Secondo lei è una questione politica o religiosa?
R: Sicuramente c’è una posizione politica precisa: queste associazioni hanno sempre un background religioso e politico di una certa destra.
D: In particolare, nell’Alessandrino la situazione politica in merito alla legge 194 trova attualmente delle resistenze?
R: Qualche anno fa c’è stata la mozione Locci-Trifoglio che anticipava le mosse della Regione, che già ai tempi voleva la presenza e il finanziamento di associazioni antiabortiste nei consultori della città. Noi come associazione ci siamo mosse e abbiamo sollevato la questione in città, e c’è stata una grande manifestazione per cui questa cosa è passata in una commissione e attualmente è ferma, e ci auguriamo non passi.
Photo by Claudio Schwarz | @purzlbaum on Unsplash