10 Agosto 2022
11:25
Solvay sui monitoraggi Arpa: “Dati vanno contestualizzati, i numeri confermano miglioramenti”
ALESSANDRIA – I dati pubblicati da Arpa in merito alle campagne di monitoraggio delle falde Solvay hanno alimentato forti discussioni sul territorio e riacceso la discussione sulla delicata questione ambientale del polo chimico. Una situazione su cui ora interviene anche l‘azienda di Spinetta, convinta della bontà del proprio operato, come dimostrerebbero proprio i risultati delle analisi compiute dall’Agenzia per la protezione ambientale, da inquadrare all’interno di un processo storico più ampio. In una lunga nota Solvay invita infatti a “contestualizzare” i dati forniti da Arpa in merito alle campagne di dicembre 2021 e marzo 2022 “in relazione alle condizioni idrogeologiche e ai numerosi interventi in atto”. L’azienda afferma che in verità l’ultimo lavoro di monitoraggio compiuto da Arpa restituisce “un significativo e progressivo miglioramento della qualità dell’acqua di falda all’esterno del polo chimico, con un trend di complessiva e costante decrescita dei livelli di contaminazione dei composti rappresentativi della contaminazione storica“.
In particolare “dal 2009 a oggi, si conferma la riduzione di oltre il 90% dei solventi clorurati all’esterno del sito, e una riduzione della concentrazione media di cromo esavalente nell’acqua di falda all’esterno del sito di oltre il 60%, raggiungendo così il minimo storico. In proposito, i risultati hanno messo in evidenza che alcuni dei piezometri storicamente più contaminati a valle dell’area di cattura della barriera, hanno mostrato il raggiungimento delle concentrazioni minime storiche o comunque tra le più basse delle serie storiche per i contaminanti tra i più rappresentativi, quali ad esempio Cloroformio e Tetracloruro di Carbonio. Per dare contezza della riduzione delle concentrazioni, a titolo di esempio, si osservi come i tenori rilevati siano stati ridotti fino a oltre 20 volte, rispetto al passato, sia per il Cloroformio sia per il Tetracloruro di Carbonio“.
Gli inquinanti al di fuori della barriera idraulica, prosegue Solvay, non ne certificherebbero l’inefficienza, ma al contrario la tenuta con “un’area di cattura particolarmente estesa ben oltre i confini del sito e un positivo effetto di richiamo delle acque da valle verso lo stabilimento”. Anche “la presenza di contaminanti ‘lungo la direzione del deflusso di falda ben oltre l’area di influenza della barriera idraulica’ è esclusivamente indice della persistenza delle contaminazioni storiche e non dell’inefficienza della barriera stessa“.
Contaminazioni preesistenti, rimarca ancora Solvay, rintracciabili anche nel livello intermedio della falda (Livello B). In questo caso “i solventi clorurati e al PFOA” presenti “all’esterno del sito nell’area di valle, presenti in concentrazioni medie maggiori rispetto a quelle individuate all’interno” sarebbero “la chiara evidenza della presenza di una contaminazione pregressa nelle aree esterne e dell’assoluta attuale ininfluenza del sito e delle sue attività. A ulteriore conferma, si sottolinea l’assenza di cC6O4 nei piezometri esterni e la sola presenza di contaminanti storici. Tale situazione è dovuta all’azione sinergica di tutti i pompaggi presenti all’interno del sito”.
In merito inoltre ai livelli profondi della falda (Livello C e Livello V), “i dati di dicembre 2021 e marzo 2022 confermano per entrambi l’ottimo stato qualitativo delle acque, anche grazie al fatto che questi livelli sono naturalmente protetti da strati a bassissima permeabilità. I dati riportati da ARPA si riferiscono ad un unico piezometro del Livello V che, come peraltro noto da tempo agli Enti, non risulta in alcun modo rappresentativo della qualità delle acque del livello profondo della falda e che, pertanto, è stato oggetto di un complesso intervento di manutenzione.
Solvay ricorda inoltre l‘impegno nella bonifica dell’area esterna: “Per il “Progetto di Messa in Sicurezza Operativa e primi interventi di Bonifica”, Solvay ha già speso oltre 36 milioni di euro e approvato finanziamenti per altri 29 nei prossimi anni. Per la bonifica del polo chimico di Spinetta Marengo vengono applicate le migliori e innovative tecnologie disponibili.
La sostenibilità, per Solvay, è un impegno concreto per il quale continua ad investire. Infatti, raggiunge l’importo complessivo di 40 milioni di Euro, che ha una ricaduta importante sul territorio perché le imprese coinvolte sono per la quasi totalità locali, l’investimento di Solvay per due progetti prossimi all’avvio che nello stabilimento di Spinetta Marengo contribuiranno al miglioramento ambientale e che porteranno l’attuale efficacia dei sistemi di trattamento delle acque alla rimozione pressoché totale dei PFAS. Se le performance richieste a livello Europeo sono dell’80%, gli attuali valori di rimozione a Spinetta Marengo con le Migliori Tecnologie Disponibili BAT (Resine a Scambio Ionico e Carboni Attivi) già in utilizzo sono superiori al 99% e, con i nuovi impianti, si potrà raggiungere il cosiddetto “zero tecnico” (prossimo al 100%)”.
Tutto questo, aggiungono i legali della Solvay, gli avvocati Luca Santa Maria e Dario Bolognesi, si aggiunge a un percorso storico che sconta “l’inquinamento secolare interno ed esterno allo stabilimento di Spinetta Marengo, causato dalla gestione industriale di Montedison e Ausimont“, che “da anni sta nettamente diminuendo per effetto delle innumerevoli attività di messa in sicurezza e di bonifica attuate da Solvay”. Un percorso avvenuto “sotto la diligente e scrupolosa vigilanza da parte di Arpa e di tutti gli Enti Pubblici della Conferenza dei Servizi, sulla base di un programma compendiato nel Progetto Operativo di Bonifica approvato dalla Conferenza dei Servizi nel 2012“. Secondo i legali “il fatto che dalle indagini di Arpa emerga che tuttora è presente un inquinamento residuo di un’attività industriale secolare è normale e prevedibile. Tutti devono sapere – e sul punto non v’è mai stato disaccordo tra Solvay ed Enti pubblici ed anzi era chiaro sin dal Progetto Operativo di Bonifica del 2012 – che un inquinamento delle dimensioni di quello lasciato da Montedison ed Ausimont in eredità a Solvay e alla intera comunità, non può essere risolto prima di almeno vent’anni. Nulla più e meglio di quel che ha fatto Solvay poteva e può esser fatto per ridurre al minimo il tempo comunque lungo necessario per la bonifica del sito. Arpa stessa non potrà non riconoscere la rilevanza eccezionale delle azioni intraprese da Solvay nel tempo e i risultati già conseguiti“.
L’azienda perciò ritiene di aver dato vita a un processo di bonifica definito “esemplare e tutt’altro che frequente in Italia“, “con il fondamentale contributo della parte pubblica“. Per questo considera “qualunque accusa a Solvay ingiusta e inutile perché nessuno ha provato con argomenti seri che si potesse fare più e meglio di quanto ha fatto e ancora farà Solvay per la bonifica dentro e fuori lo stabilimento“.