Autore Redazione
domenica
14 Agosto 2022
11:59
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Cronaca - Piemonte

Musica alta e comicità. Recensione di Rossini flambé a Paesaggi e Oltre

Tantissimo pubblico per il Teatro Due Mondi nel parco del Castello di Costigliole d’Asti. A Ferragosto il Festival continua sempre a Costigliole con “La distanza dalla Luna” di Luna e Gnac Teatro
Musica alta e comicità. Recensione di Rossini flambé a Paesaggi e Oltre

COSTIGLIOLE D’ASTI – Un’opera in tre atti di argomento alimentare. Così si presenta “Rossini flambé” della compagnia Teatro Due Mondi, presentato sabato 13 nel bel parco del Castello di Costigliole d’Asti di fronte ad una platea numerosissima (ben più di 200 spettatori) per la rassegna Paesaggi e Oltre, con la direzione artistica del Teatro degli Acerbi. La rassegna di teatro e musica d’estate nelle terre dell’Unesco è organizzata dalla comunità collinare tra Langa e Monferrato e ha un carattere preciso che da sempre ha valorizzato il territorio. La formula coniuga la scelta di vere scenografie paesaggistiche, il coinvolgimento delle realtà e delle amministrazioni locali e, su tutto, un’alta qualità degli spettacoli, ormai di respiro internazionale.  Paesaggi e Oltre nella settimana di Ferragosto continua con due spettacoli: lunedì 15 agosto, sempre a Costigliole nella frazione San Michele, “La distanza dalla Luna” di Luna e Gnac Teatro, ispirato alle Cosmicomiche di Calvino, e, mercoledì 17 agosto, “I tre moschettieri”, ispirato al capolavoro di Dumas della compagnia franco-italiana Aller Retour Théatre, ispirato al capolavoro di Dumas. Il programma del festival è consultabile sui siti www.teatrodegliacerbi.it / www.langamonferrato.it e su fbteatro.degli.acerbi.

Rossini Flambé si presenta come una diatriba tra due fratelli cuochi e proprietari di un ristorante, divisi dalle due concezioni culinarie tradizionalista e salutista-raffinata. Cucina e musica si integrano sullo spunto del ritrovamento fortuito di un manoscritto di Rossini, riportante un’opera lirica inedita proprio sulla cucina. Quindi un’opera buffa con accenni di duelli con i mestoli, con due aiuto-cuoche che parteggiano, si invaghiscono dello stesso fratello e si infuriano, con un’inserviente che vive la sua aspirazione soffocata di realizzarsi come pasticcera. La rivalità culinaria si intreccia con la gelosia, con la rivalità femminile di fronte al fascino dello chef raffinato e rubacuori, in una cucina dove gli attrezzi del mestiere sono percossi, branditi, lanciati e dove intere galline con o senza penne entrano e escono dai pentoloni. Federica Belmessieri, Tanja Horstmann, Angela Pezzi, Maria Regosa e Renato Valmori parlano in versi dalla rima baciata e cantano sulle musiche originali di Antonella Talamonti, costruite in stile rossiniano e alternate alle famose ouverture del compositore. I brani sinfonici più celebri segnano momenti di apparente caos, come quello dello smembramento della cucina al culmine delle ostilità, ritmato dall’ouverture del Guglielmo Tell. E poi Il barbiere di Siviglia, La gazza ladra, L’italiana in Algeri, in un continuum con combinazioni polifoniche le cui parole elencano ingredienti, dichiarano in crescendo che “della cucina noi siam la brigata” e “che gioia e che piacere fare il pasticcere” (e la parafrasi del brano di Figaro è servita). Un lavoro di ricerca musicale, un esercizio di stile di rara originalità, ma anche un recupero della tradizione teatrale della commedia dell’arte con l’uso delle maschere e con la stilizzazione dei caratteri e delle movenze. Nella regia di Alberto Grilli  tutto è buffo, a partire dai costumi e dalla scenografia che pare una cucina-giocattolo (entrambi di Maria Donata Papadia, Angela Pezzi e Loretta Ingannato) ai gesti sincronizzati con la musica, irrealistici e legati al carattere dei singoli personaggi. Le sfide all’ultimo mestolo ricordano scene di cappa e spada, i tradimenti e le gelosie sono rimarcati con gesti e battute (sempre in versi) piccanti e popolareschi. C’è la musica colta, c’è la mazurka, c’è un aspetto giocoso che permea ogni espressione, ma c’è anche un linguaggio che attinge all’antico. La comunicazione con lo spettatore si serve di espedienti comici e di precisione corale perfetta, mentre ciò che viene veicolato sono sinfonia e tradizione teatrale. A prevalere è sempre una modalità interpretativa irrealistica, dove i personaggi, anzi le maschere, sono netti, univoci e smaccatamente buffi, grazie ad un’interpretazione ottima di tutto il cast. Il risultato è stilisticamente perfetto, ma forse un po’ carente di freschezza e di empatia, nonostante i tanti momenti godibili e la musica splendida. Il terzo atto è quello dove, dopo un anno, tutto si risolve “e, come sempre, la storia ricomincia”, dopo una conciliazione-alterco in forma sinfonica e un brindisi finale benaugurante.

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