Autore Redazione
venerdì
27 Gennaio 2023
05:27
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Cronaca - Acqui Terme

La Resistenza di Acqui ai nazisti: una storia che racconta l’importanza delle fonti

La Resistenza di Acqui ai nazisti: una storia che racconta l’importanza delle fonti

ACQUI TERME – La fonte di un’informazione può essere di per sé aleatoria. Lo dimostrano le cosiddette informazioni non strumentali, ovvero quelle che non hanno bisogno di uno strumento che le quantifichi. È il caso, per esempio, di talune fonti storiche: se per esempio – oggi – chiedessimo un resoconto dei fatti che si stanno consumando in Ucraina, tale resoconto sarebbe molto differente se a farlo fosse un giornalista russo, ucraino o magari statunitense.

Un caso del tutto simile è riferibile ai fatti che coinvolsero la Caserma Cesare Battisti di Acqui Terme il 9 settembre 1943, agli albori della nascita della Repubblica di Salò e della resistenza antifascista. L’Italia pochi giorni prima aveva firmato il cosiddetto Armistizio Corto, siglando la resa incondizionata agli alleati e la RSI nasceva di fatto come stato fantoccio, collaborazionista della Germania nazista. Ciò che avvenne ad Acqui e in tutta la zona dell’alessandrino in quei giorni è chiara conseguenza di questi eventi.

In questo caso specifico, data la scarsità di informazioni che in un primo momento si ebbero da parte italiana, il resoconto dei fatti si ebbe grazie alle fonti tedesche. Ancora oggi non possiamo dire che le nostre testimonianze siano molto numerose, tuttavia, ciò che si è successivamente scoperto grazie a fonti autoctone, ci fa capire proprio quanto esplicitato poco sopra, ovvero che le informazioni sono gestite da chi le possiede.

Raccontiamo dunque i fatti, secondo quelle che sono le testimonianze provenienti dalla Germania, per poi incrementarle con fonti diverse. Nella zona di Acqui, i tedeschi erano già insediati dall’11 agosto. Il Comando dell’87esimo corpo di armata tedesco era infatti giunto dalla Francia, laddove aveva riassortito le truppe precedentemente decimate dalla disastrosa campagna di Russia. L’operazione denominata Klarheit (chiarezza) aveva come scopo il totale disarmo della cittadina termale ed ebbe inizio intorno alle 5 del mattino del 9 settembre 1943. I tedeschi, durante la notte e probabilmente per prudenza, si erano trasferiti presso il castello di Tagliolo, raggiungendo nuovamente Acqui solo alle prime ore del mattino. Nel frattempo, altre truppe si erano mosse verso Novi Ligure e Ovada, che caddero facilmente già alle otto. Alessandria e Acqui mostrarono maggiore resistenza: nel capoluogo i soldati italiani si erano asserragliati nella Cittadella mentre ad Acqui la
situazione si era fatta incandescente, tanto che un tenente colonnello tedesco (Sigfried Schell, N.d.A.) venne gravemente ferito.

Tuttavia, intorno alle 15 la situazione parve mutare: le fonti tedesche ci raccontano di una resa incondizionata e che più di mille uomini si fossero già spontaneamente consegnati in mano nemica. Solo qualche sparuto gruppo resistette, ma per cadere facilmente nelle ore successive. Un dispaccio delle 19.30 – fornito dal suddetto gruppo di eserciti B, di cui l’87esimo corpo faceva parte e che faceva capo direttamente a Rommel – raccontò di una nutrita moltitudine di prigionieri (addirittura intorno alle 50 mila persone e comprensiva anche di tutti i generali dei distretti) e rese noto altresì che tali prigionieri furono immediatamente mandati a Mantova, nei campi di raccolta, da dove poi i deportati sarebbero stati trasferiti in Germania. L’azione militare si era nel frattempo spostata nelle zone di Valenza e Tortona, per poi scendere verso il Po e i passaggi strategici sul fiume.

Questo è quanto sappiamo e quanto abbiamo saputo per anni, da fonti tedesche. Un racconto a una direzione. A oggi invece, abbiamo qualche informazione in più che ci arriva da alcuni testimoni presenti il giorno degli eventi. Ai tempi, l’unica fonte locale alla quale fare riferimento era rappresentata dal quotidiano “L’Ancora”, tuttavia tale fonte parve essere particolarmente “cauta”. Questo perché, le uscite molto rade del quotidiano non poterono garantire un riscontro diretto sui fatti e perché due articoli pubblicati nei giorni successivi agli eventi della Battisti, raccontarono con toni piuttosto rassicuranti delle condizioni dei nostri soldati che ormai erano giunti in Germania e della nascita della Repubblica di Salò.

Ciò che invece ci giunge, in tempi più recenti, dalle memorie di alcuni testimoni, ci presenta un quadro un po’ diverso della situazione. Il professor Mario Mariscotti, per esempio capovolge il punto di vista finora proposto presentando gli eventi della Battisti come una vera e propria manifestazione – tra le prime – della Resistenza al nazifascismo: racconta infatti Mariscotti che i tedeschi – già presenti durante la notte ad Acqui con istanza presso l’hotel Terme – si erano avvalsi dell’effetto sorpresa e della superiorità numerica per assaltare la caserma. I soldati all’interno erano circa duemila e la maggior parte era appena stata chiamata alle armi – tanto che alcuni non possedevano ancora la divisa -, o era da poco tornata dalla Russia, reduce di una battaglia disastrosa. Pare che in forze vi fossero all’incirca solo 160 militari della batteria allievi ufficiali. Anche le munizioni erano scarse e la situazione, in un primo momento parve essere piuttosto confusa e concitata.

Mariscotti racconta infatti che gli alti ufficiali erano divisi tra coloro che ritenevano di dover resistere e coloro che pensavano di consegnarsi al nemico, e che anche tra i soldati semplici serpeggiava questo dualismo. Alla fine però la resistenza si protrasse per tutta la mattinata e i tedeschi arrivarono addirittura a bombardare la caserma e la adiacente chiesa di San Francesco, provocando il
ferimento grave di alcuni soldati e la morte di un sergente e di un artigliere. Allo stesso modo, le narrazioni di don Guacchione, parroco della sopracitata chiesa di San Francesco e del segretario del Vescovo – monsignor Giovanni Galliano – ci descrivono una mattinata molto concitata, e raccontano di una resa che arrivò assai prima di quanto non abbiano testimoniato i tedeschi – circa a
mezzogiorno e venti – ma con un susseguirsi di vicende decisamente impreviste e per le quali, si tende a considerare gli avvenimenti della Battisti come una delle prime manifestazioni della Resistenza. Si narra infatti che ai primi cenni di resa, un nutrito gruppo di civili – soprattutto donne – avesse distratto i militari tedeschi, permettendo l’ingresso in caserma di altri civili che aiutarono molti nostri soldati a recuperare munizioni e a fuggire attraverso le finestre della caserma per poi rifugiarsi in chiesa – laddove essi si poterono cambiare d’abito e indossare vesti civili – allo scopo di non essere riconosciuti e dunque catturati.
Non solo.
Appena i tedeschi ripresero il controllo della situazione, raggrupparono coloro che non erano riusciti a scappare nella vicina salita San Guido, all’imbocco del Borgo Pisterna. E qui tornò ad essere fondamentale l’aiuto dei civili. Chi abbia anche solo una minima conoscenza di Acqui sa che il Borgo Pisterna è un intrico di strade e viuzze, molte delle quali anche piuttosto strette: tale topografia permise a diversi civili di aiutare molti altri soldati a disperdersi per le vie del borgo, ospitandoli in casa per cambiarsi d’abito ma anche per rifocillarsi con un piatto caldo e nascondersi in attesa che le acque si calmassero. In questo caso è d’obbligo dare atto del buon cuore di molti acquesi, che seppur in un momento di estrema ristrettezza non negarono un abito o una pietanza ai fuggiaschi. Per coloro che disgraziatamente non riuscirono in questo secondo tentativo di fuga, altro non restò da fare se non essere scortati alla stazione, sotto gli occhi di pochi passanti in lacrime, e prendere un treno che li avrebbe portati direttamente in Germania.

Questo appena proposto è invece il resoconto dei fatti, così come sono stati vissuti dai testimoni italiani: ci rendiamo subito conto che le due versioni differiscono e che quello che per i tedeschi fu un assalto portato a termine con facilità – seppur con qualche incidente di percorso, per i nostri concittadini fu un momento di estrema resistenza, portato avanti con coraggio e fermezza. Forse, come si è già detto, una sorta di prima fiamma di quella che poi sarebbe stata la nostra grande Resistenza. E quindi verrebbe da concludere con la stessa osservazione con quale abbiamo iniziato, ossia che una fonte non quantitativa – ovvero non misurabile attraverso strumenti (come, banalmente, la febbre attraverso il termometro) – spesso può essere aleatoria. Il caso della caserma Battisti, attraverso le due narrazioni qui proposte, dimostra infatti proprio questa tesi e ci insegna a stare molto attenti anche ai nostri giorni.

Quando guardiamo un telegiornale o accediamo a qualsiasi altro prodotto informativo, dobbiamo essere competenti e valutare la fonte e la serietà dell’informazione che ci viene proposta.

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