Autore Redazione
mercoledì
29 Marzo 2023
10:40
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Cronaca - Alessandria

Moderna come la Commedia dell’Arte. Recensione di “Arlecchino muto per spavento” al Teatro Alessandrino

Applausi a scena aperta per lo straordinario Arlecchino di Stivalaccio Teatro alla Stagione di Prosa del Comune di Alessandria e di Piemonte dal Vivo
Moderna come la Commedia dell’Arte. Recensione di “Arlecchino muto per spavento” al Teatro Alessandrino

ALESSANDRIA – “Si canti di trighi, di raggiri…” e si canta tanto, ma soprattutto si crea un ritmo incessante e musicale in “Arlecchino muto per spavento”, prodotto da Stivalaccio Teatro con Teatro Stabile Di Bolzano, Teatro Stabile Del Veneto, Teatro Stabile Di Verona. Ispirato a un canovaccio del ‘700 di Luigi Riccoboni, lo spettacolo di Marco Zoppello, anche regista e protagonista, è stato presentato ieri 28 marzo al Teatro Alessandrino, ultimo appuntamento della Stagione di Prosa del Comune di Alessandria e di Piemonte dal Vivo. Sabato 1^ aprile si concluderà anche il Segmento Off della stagione con  “L.E.A.R – Leave Eyes At Rest” della compagnia Stregatti, una rilettura del Re Lear di Shakespeare.   Il canovaccio di Riccoboni nacque dalla necessità di evitare i dialoghi, nella Parigi del ‘700 dove si esibivano i commedianti italiani, all’interprete di Arlecchino che non conosceva il francese. La trama vede l’amore di due coppie (Lelio e Flamminia, Mario Lanternani e Silvia) contrastato da un matrimonio d’interesse, combinato da Pantalone de’ Bisognosi/Stefano Rota (padre di Flamminia) e Stramonia Lanternani/Francesca Botti (madre di Mario). In mezzo ai “trighi e raggiri” che si creano tra innamorati e genitori avidi, Arlecchino/Zoppello, per la maggior parte del tempo, si finge muto, per ordine del suo padrone Lelio (un Matteo Cremon che ben modula l’irruenza del suo personaggio con accenti di generosità e di ironia). Lo scopo è arginare la sua parlantina e non rivelare la presenza di Lelio a Milano, che intende sventare il matrimonio imposto alla sua amata con Mario. L’eloquio di Arlecchino diventa così suono, quasi un grammelot, e la sua mimica esprime il meglio della commedia dell’arte, mentre si fa centro di un’azione sempre più vorticosa. Tra equivoci e amori contrastati si innesta anche il suo corteggiamento, giocato su un registro tra il comico e il grottesco, alla servetta Violetta, una Sara Allevi che parla con accento romanesco, si fa interprete del simil-grammelot del suo amato e ne è la perfetta controparte gestuale. Su una scena (di Alberto Nonnato) dominata da una pedana girevole, che rappresenta un esterno e poi un interno, tutto succede come in una danza continua. Il piano narrativo coesiste con i dialoghi e con quello musicale, creato dagli stessi attori che, ai lati del palco, suonano più strumenti e cantano. Arlecchino racconta al locandiere Trappola (un Pierdomenico Simone che ne caratterizza la furba avidità con un accento napoletano) dell’innamoramento di Lelio per Flamminia (promessa a Mario).  Sarà poi la servetta Violetta a narrare ad Arlecchino l’amore di Mario per Silvia, mentre i dialoghi delle coppie prenderanno vita sulla scena e i cuori batteranno al ritmo di tamburi.  La prima cosa da dire su Stivalaccio Teatro è che ha uno stile esilarante e inconfondibile, capace di infondere una modernità alla commedia dell’arte da strappare applausi a scena aperta in continuazione. Volendo analizzare la ricetta di tanta bravura si possono trovare tante ragioni, soprattutto un grande amore e un grande rispetto per la tradizione della commedia, conditi da genialità e dal coraggio dell’innovazione. Ci sono le maschere per i personaggi più caratterizzati, ma c’è anche la capacità di non esagerare e non di non appiattirne l’umanità, c’è tutta la gestualità della commedia dell’arte, ma appare rinnovata e fresca. Insomma, c’è un modo estremamente moderno e comunicativo di utilizzare strumenti antichi da parte di questa compagnia giovane e capace di creare un rapporto strettissimo con il pubblico. La gestualità musicale si intreccia con parlate diverse, dal linguaggio di suoni di Arlecchino al veneto, al napoletano al romano, sino al francese di Flamminia/ Marie Coutance, la cui interazione con gli altri protagonisti, che non la comprendono, crea un effetto comicissimo. E poi i canti, la bella voce da soprano di Maria Luisa Zaltron, una Silvia decisa e vigorosa il cui contrasto con il timido e imbranato Mario/Michele Mori è irresistibile. Travolgente è il termine con cui si potrebbe definire questo Arlecchino, ma anche spumeggiante, pirotecnico e divertentissimo, tessuto su una partitura musicale dall’inizio alla fine, che prende corpo anche nelle riuscite coreografie dei duelli (di Massimiliano Cutrera) e delle zuffe. E, come in una canzone, viene da battere le mani e i piedi si muovono, mentre si canta “ per chi non ha fortuna…. per rabbia a questa luna”. La “Canzone arrabbiata” di Nino Rota rimane nelle orecchie e si vorrebbe continuare ad ascoltarla, dopo due ore e mezza di teatro letteralmente volate. “Viva il teatro e viva la commedia”, gli attori di Stivalaccio invitano il pubblico a gridare alla fine, e il pubblico grida, perché uno spettacolo così inebria e mette allegria. Una compagnia da seguire e da consigliare, Stivalaccio Teatro, senza ombra di dubbio.

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