27 Gennaio 2024
11:27
Gli “Echi di Spoglie” tra mito e voci contemporanee
ALESSANDRIA – E’ con un allestimento di “Spoglie”, tratto da “Le troiane” di Euripide, che la stagione M.AR.TE Radici del Teatro San Francesco ha celebrato, venerdì 26 gennaio, la Giornata della Memoria. Spoglie è un lavoro che la Compagnia Stregatti mette in scena dal 2019 in forme sempre diverse e sempre in occasione del giorno del ricordo delle vittime del nazismo e della Shoah, perché il mito delle donne troiane, deportate e disumanizzate, contiene in sé la bruttura di ogni cattività.
La raccomandazione, prima dello spettacolo, invita ad ascoltare gli “Echi di Spoglie”, ad entrare in empatia con loro e a non cercare trame. La regia di Giusy Barone e Gianluca Ghnò mira a stravolgere la trama Euripidea e a creare una performance immersiva, fatta di voci sovrapposte e immagini del precedente allestimento del testo proiettate sulle pareti del San Francesco. Si entra a luci spente, circondati da proiezioni e storditi da lamenti e invettive, sui quali si impongono le voci delle protagoniste celate dal sipario illuminato di rosso.
“Il racconto inizia nel ventre di una nave”, dove le donne della sconfitta città di Troia vengono stipate e deportate come schiave dai vittoriosi Achei. Sono voci ferite che feriscono, sono pianti di disperazione e urla di odio contro i “grandi eroi” assassini. In un coro scomposto e disturbante emergono, per poi confondersi nuovamente, le voci di Ecuba, Cassandra, Andromaca ed Elena, con una discontinuità che trascende la logica e trascina in un universo femminile dolente. Si sta sospesi in una dimensione tra il mito e la violenza primordiale, mentre l’insensatezza della logica guerrafondaia raggiunge il suo apice con lo strazio di Andromaca alla notizia della morte del figlio, il piccolo Astianatte gettato dalle mura di Troia.
Finalmente si apre il sipario e Giusy Barone, Simona Gandini, Stefania Cartasegna, insieme alle nuove leve del corso di teatro under 25 e ad alcune allieve dei corsi per adulti, scendono in platea. Solo Assunta Floris/Ecuba, immagine della madre dolente, le guarda e le indica dal palco. Ad una ad una diventano vittime di soprusi, figlie di una Ecuba che assume a sua volta il loro dolore. Raccontano la storia di donne vere, non più appartenenti alla sfera del mito, ma al nostro tempo e alla storia. C’è Artemisia Gentileschi, violentata a 18 anni e torturata dopo aver denunciato il suo violentatore, c’è Pippa Bacca, che, vestita da sposa, girava l’Europa in autostop per portare un messaggio di pace, a sua volta violentata e uccisa. Sono tante donne con nomi riassunti in statistiche che parlano di violenze sessuali come arma di guerra, di violazioni dei diritti umani, di oppressione.
Ed è con una regia volutamente oppressiva che ci si sente parte di tutto ciò, per sprofondare di nuovo nel non tempo del mito con il monologo finale di Ecuba sul corpo del nipotino Astianatte (Alda, di dieci anni, allieva del corso dei Piccoli Stregatti). Rimane un monito, ripetuto come un mantra, a scendere in strada in nome di chi non può più farlo, perché “voglio essere l’ultima”. Non ci sono parentesi leggere, in “Echi di Spoglie”; c’è un tempo sospeso di sofferenza e di privazione dell’identità (e non si può non andare col pensiero a Primo Levi), ci sono secoli di storia e c’è la cronaca tragicamente attuale. E’ uno spettacolo/performance difficile, disturbante e claustrofobico, ma funziona, perché evoca orrore e brutalità, crea empatia e genera un rifiuto a tutto ciò viscerale, prima ancora che logico.
Il cartellone Radici, con l’organizzazione e la direzione degli Stregatti, continuerà venerdì 23 febbraio con “Solo – Una vita”, spettacolo che appartiene anche al SEGMENTO OFF della stagione di prosa del Comune di Alessandria in collaborazione con Piemonte dal Vivo e la partecipazione dell’Azienda Speciale Multiservizi Costruire Insieme.