5 Aprile 2024
13:29
Graziella Accetta: da 38 anni aspetto di sapere perché mio figlio è stato ucciso
NOVI LIGURE – Una testimonianza davvero toccante quella di giovedì sera alla sala conferenze delle biblioteca Civica di Novi. Ospite del Comune di Novi e di Libera Graziella Accetta, madre di Claudio Domino, ucciso dalla mafia il 7 ottobre 1986 a Palermo.
Accompagnata da Valentina Avvento, la docente del Ciampini Boccardo che ha dato vita al progetto “percorsi di legalità”, Accetta ha rievocato le circostanze dell’assassinio del figlio, allora solo 11enne, e ha ricordato tutti i bambini, oltre 100, che sono stati uccisi dalla mafia.
“C’è chi dice che la mafia non uccide donne e bambini – ha detto Avvento – cercando di far credere che queste persone abbiano un qualche codice d’onore. L’assassinio di Claudio, e di tutti i bambini che vogliamo ricordare stasera, dimostra che non esiste nessun onore nella mafia”.
Graziella Accetta ha portato una serie di magliette, con indicati i nomi di tanti bambini uccisi dalla mafia. Tra di loro, anche Nicholas Green, a cui il comune di Novi ha dedicato un parco Giochi (ucciso a soli 7 anni) e Domenico Petruzzelli, a cui è intitolato il presidio novese di Libera, ucciso a soli 30 mesi di vita.
Graziella Accetta ha ripercorso l’assassinio del figlio tra la commozione delle persone presenti, spiegando come, a 38 anni di distanza, ancora non si sappia chi ordinò la sua eliminazione e perché.
«Vidi arrivare una moto di grossa cilindrata proprio mentre mio figlio insieme ad un amico voltava l’angolo della strada. Dopo poco sentii un colpo, ma non capii che si trattava di un colpo di pistola. Dopo pochi attimi arrivò di corsa il suo amico, dicendo che avevano sparato a Claudio. Pensavo che scherzasse ma invece mio figlio era a terra, colpito al volto. L’uomo sulla moto aveva fermato i ragazzi e aveva chiesto chi fosse Claudio Domino. Quando mio figlio si fece avanti, gli sparò in testa. Non si trattò di un incidente, ma dell’esecuzione di un bellissimo bambino di 11 anni. Ancora oggi aspettiamo di sapere perché decisero di ucciderlo».
Negli stessi giorni si stava tenendo a Palermo il maxi-processo nell’aula bunker, dove la ditta della famiglia Domino aveva l’appalto per le pulizie. Dopo l’assassinio, il boss Stefano Bontade chiese di parlare e disse “Non siamo stati noi ad ordinare l’uccisione di Domino”. Per questa frase, Bontade poco dopo venne ucciso: aveva confermato l’esistenza della mafia e l’appartenenza di tutti gli imputati a cosa nostra. Fino a quel giorno, le tesi della difesa si basavano sulla negazione dell’esistenza di cosa nostra come associazione mafiosa.
«Grazie a mio figlio è stata dimostrata l’esistenza della mafia. Ma noi ancora aspettiamo di sapere perché è stato ucciso» ha detto Graziella Accetta, che poi ha fortemente criticato anche alcune “comparsate” televisive dei mafiosi.
«In televisione, a “Porta a porta”, è stata ospite Salvo Riina, a presentare un libro su suo padre, lamentandosi di non poterlo abbracciare da tempo. Scrissi a Bruno Vespa per denunciare la volgarità di quella presenza, da parte di un condannato che parla del padre riconosciuto colpevole di decine di omicidi. Lui mi rispose alcune giorni dopo, dicendosi “rammaricato del turbamento emotivo che ci aveva procurato”. Poche settimane dopo ospitò in trasmissione i rappresentanti della famiglia Casamonica».
Dopo l’incontro con la popolazione novese, la mattina successiva Graziella Accetta ha incontrato gli studenti del Ciampini – Boccardo.