Autore Redazione
giovedì
30 Maggio 2024
11:25
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Tempo Libero - Piemonte

Viaggio nella “LidOdissea” della compagnia Berardi Casolari ad AstiTeatro. La Recensione

Ieri e in replica anche stasera 30 maggio l'ultimo lavoro di Berardi Casolari nell'ambito delle anteprime di AstiTeatro 46
Viaggio nella “LidOdissea” della compagnia Berardi Casolari ad AstiTeatro. La Recensione

ASTI – Ogni epoca riscrive i miti del passato e il mito veicola storie che si caricano dei significati del presente, sopravvivendo e rinverdendosi. LidOdissea, di Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari con la collaborazione di César Brie, affronta l’archetipo del viaggio, della ricerca fuori e dentro di sé e lo fa in modo caustico, spesso divertente e alla luce del disorientamento.

Lo spettacolo, presentato ieri e in replica stasera 30 maggio allo spazio Kor di Asti, è una delle preziose anteprime di AstiTeatro 46, il festival teatrale astigiano che si svolgerà dal 13 al 29 giugno. Il programma di AstiTeatro è consultabile su astiteatro.it/

LidOdissea è una vacanza in un lido affollato, una sorta di inferno chiassoso e sovrappopolato, di una famiglia di individui soli, incapaci di rapportarsi tra loro e alla ricerca di sollievo alle loro angosce. Ulisse (Gianfranco Berardi), il padre, si lascia trasportare da un viaggio solitario alla ricerca di avventure obnubilanti. Le sue amanti portano i nomi di Calipso, Circe, Nausicaa, sono tentazioni che lo fanno scivolare nella dimenticanza di sé, nel “vuoto dorato dove io non sono nessuno”.

In un contesto apparentemente allegro e vacanziero, su una scena dove ombrelloni, sdraio e bibite ricostruiscono una spiaggia, Ulisse compare ricoperto da un telo di plastica trasparente e fluttuante, un mare che lo inghiotte e lo allontana da ogni certezza. Il suo viaggio scivola in una dimensione di dispersione, in una corsa verso l’appagamento immediato, la competizione, l’apparenza e la voracità consumistica.

La cecità è la chiave di lettura e la voce bellissima di Silvia Zaru, aedo non vedente che attraversa cantando la scena, la evoca, un po’ coro e un po’ Omero. La sua presenza riporta ad una dimensione antica, cuce un presente liquido e privo di riferimenti (impossibile non pensare a Bauman) con una traccia atavica, fatta di ansia di scoperta e nostalgia struggente.

La dispersione abita le menti di Telemaco (Ludovico D’Agostino) e di Penelope (Gabriella Casolari), rispettivamente figlio e moglie di Ulisse. Il primo è un adolescente perso e solo, carico di rancore autodistruttivo, la cui mancanza di riferimento paterno si sfoga in un rap rabbioso che grida “io con mio padre avrei voluto navigare”; la seconda una donna abbandonata che si consola con avventure dozzinali. Il racconto del rapporto consumato con Antinoo (uno dei Proci) è desolantemente squallido e comico al contempo.

Sono viaggi interiori tragici, ma trattati con la causticità che caratterizza la produzione della compagnia Berardi Casolari. Paradossalmente si ride, grazie ad un’interpretazione che abbraccia più registri, mentre si segue una linea di alienazione che ricalca una deriva collettiva.  Così i protagonisti scivolano nella ricerca di una comunicazione surrogata, data da uno schermo, dalle chat, dai social e da tutto ciò che illude di poter “trasmettere sogni, traumi, frustrazioni”.

La loro cecità, al contrario di quella visionaria evocata dall’aedo, è solo tenebra. Telemaco distruggerà se stesso in un momento di incosciente autocelebrazione sui social e Ulisse e Penelope, rimasti soli, non ritroveranno un dialogo, ma la consapevolezza di un vuoto non colmabile. “Andrò avanti sino a che toccherò il punto più basso da cui ripartire per smettere di essere nessuno”: andare avanti e viaggiare nella disorientante cecità è un percorso verso gli inferi del nostro tempo, ovvero la totale spersonalizzazione. Ritorna il mito, in un gioco che sino alla fine evoca, cuce e reinventa un viaggio che attraversa insidie, vuoti e frustrazioni.

Ulisse “ammalia con le storie” e LidOdissea fa altrettanto, ma non solo, perché sconcerta, contiene registri diversissimi, delinea personalità tormentate e moderne, intreccia antico e contemporaneo. Fa quello che fa il Teatro ben scritto e ben interpretato: crea un ponte tra epoche, tra immaginario e reale, creando qualcosa di assolutamente vero e concreto. Un’altra conferma per la Compagnia Berardi Casolari, già da anni conosciuta dal pubblico di AstiTeatro. Lo spettacolo offre un’audiodescrizione per non vedenti e ipovedenti e sarà in scena ancora stasera 30 maggio allo Spazio Kor. 

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