Autore Redazione
giovedì
27 Giugno 2024
08:00
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Tempo Libero - Piemonte

Dai gesti antichi al sogno. Recensione di “Teresa” ad AstiTeatro

Sold out per la prima nazionale dello spettacolo coprodotto da Casa degli Alfieri e AstiTeatro 46. Questa sera, giovedì 27, la replica
Dai gesti antichi al sogno. Recensione di “Teresa” ad AstiTeatro

ASTI  – “Sotto un cielo di nuvole che facevano le capriole…”. Inizia come una fiaba “Teresa- La sarta che voleva ricucire il firmamento”, presentato ieri 26 giugno in prima nazionale ad AstiTeatro. Il monologo, tratto da un racconto di Antonio Catalano che ne ha curato la regia, è interpretato da Patrizia Camatel, autrice anche della drammaturgia, ed è una coproduzione di Casa degli alfieri e AstiTeatro 46. Oggi, giovedì 27 sarà replicato, dopo il tutto esaurito della prima, alle 22 nel cortile dell’Archivio Storico di Asti. Qui il programma di questa ultima settimana di AstiTeatro.

Quella di Teresa è davvero una fiaba, ma sa di di tante storie, di rapporti di vicinato, di paesanità e di lavoro manuale, un po’ artigianato e un po’ arte, sempre parte e riflesso della vita. Patrizia Camatel racconta in terza e in prima persona il piccolo mondo di Teresa, sarta di paese che trascorre le giornate nella sua deliziosa stanza-laboratorio, ornata di tendine di pizzo e di mobiletti, mentre cuce gli abiti buoni, quelli per le occasioni importanti, per tutta la comunità. Sulla scena un allestimento tessile candido, fatto di pizzi e ricami antichi, curato da Barbara Mugnai, che, sempre nell’ambito del festival, ha condotto un partecipato workshop di cucito sentimentale, la cui opera collettiva è stata esposta all’ingresso del bel cortile dell’Archivio Storico.

La narrazione scorre su un registro buffo e sorridente, fatto di piccoli anacronismi, di correzioni (“Teresa indossa un abito giallo canarino…giallo pulcino… giallo”) e di una contestualizzazione fine anni’50 inizio ‘60. Teresa si immerge in un lavoro concreto, conosce e parla con tutti, ma vive, mentre cuce, una dimensione fantastica, alimentata dalle canzoni d’amore (tra le tante, “Teresa” di Sergio Endrigo) e da un radiodramma, entrambi trasmessi da una voluminosa radio d’epoca. Nel suo piccolo mondo fatto di vie nebbiose, di trasmissioni radiofoniche e di oggetti rassicuranti entra l’immaginifico, che aggiusta ciò che non piace o che non si comprende, persino il finale inconcludente del radiodramma/soap opera ormai parte della sua quotidianità e del suo interagire (dall’effetto decisamente comico).

Tra reale e desiderato ci sono il passato di Teresa, un’infanzia povera, ma tenera, il presente fatto di tristi matrimoni combinati dal sensale (il bacialé, in dialetto piemontese) e infine l’immaginazione, che cuce e ricrea, proprio come l’ago e il filo. La sartòira di Patrizia Camatel è pratica e precisa, eppure sentimentale e svagata, capace di perdersi nella magia del pensiero, come di creare un bellissimo, seppur poco costoso, abito da sposa. Fa sorridere, fa ricordare un passato di guerra e di ristrettezze, spera e sogna con un linguaggio che parte da gesti antichi delle mani.

La storia, anzi le storie, si srotolano come un tessuto, seguendo la disposizione su un manichino dei vari pezzi che formeranno l’abito nuziale. Un abito romantico e colmo di pizzi destinato ad una vicina di casa o forse solo espressione di un sogno d’amore. Nelle fiabe i sogni si avverano e la dimensione fiabesca prevale in un finale dove Teresa cuce idealmente la sua vita, i suoi sentimenti e le sue speranze, ricuce il firmamento come sa fare lei, con un’arte meticolosa e capace di vedere oltre.

Camatel moltiplica la sua voce in dialoghi evocati o immaginati, parla con i protagonisti del radiodramma, lavora alla macchina da cucire in modo sorprendentemente credibile e sempre fa sorridere con una familiarità che intenerisce. Insomma, ricama con leggerezza una storia che emerge da un passato riconoscibile, si tinge di sentimenti delicati e prende la forma del pensiero magico, senza mai perdere tutte queste sue anime.

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