Autore Redazione
domenica
25 Agosto 2024
06:07
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Cronaca - Alessandria

Saldo stipendi-pensioni: l’Alessandrino terza provincia peggiore

Saldo stipendi-pensioni: l’Alessandrino terza provincia peggiore

ALESSANDRIA – La questione pensioni in Italia sta diventando sempre più scottante. Se nel Sud Italia già oggi si pagano più pensioni che stipendi, a breve la stessa cosa si completerà anche nel resto del Paese. Ma in provincia di Alessandria, dove lo scenario è già del tutto paragonabile alle città del Mezzogiorno.

Secondo alcune previsioni, entro il 2028 sono destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età 2,9 milioni di italiani, di cui 2,1 milioni sono attualmente occupati nelle regioni centrosettentrionali. L’analisi è della Cgia di Mestre che ha anche stilato il saldo, provincia per provincia, tra lavoratori attivi e pensionati. Il risultato è che Alessandria è la terza peggiore realtà del Nord, dietro solo a Genova e Ferrara, con un numero di pensioni erogate superiore alle buste paga corrisposte dagli imprenditori ai propri collaboratori. Per l’Alessandrino il saldo è pari a -13.000, al settantasettesimo posto su 107.



Da segnalare che a livello regionale invece il Piemonte figura al settimo posto con un saldo ancora positivo complessivamente (+32mila), sebbene molto più staccata in termini di risultati dalle regioni che la precedono.

Dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate nel 2022, la provincia più “squilibrata” d’Italia è Lecce con una differenza pari a -97mila. Dietro ci sono Napoli con -92mila, Messina con -87mila, Reggio Calabria con -85mila e Palermo con -74mila. Cgia puntualizza che “l’elevato numero di assegni erogati nel Sud e nelle Isole non è ascrivibile alla eccessiva presenza delle pensioni di vecchiaia/anticipate, ma, invece, all’elevata diffusione dei trattamenti sociali o di inabilità. Un risultato preoccupante che dimostra con tutta la sua evidenza gli effetti provocati in questi ultimi decenni da quattro fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, il progressivo invecchiamento della popolazione, un tasso di occupazione molto inferiore alla media UE e la presenza di troppi lavoratori irregolari“.

Con tanti pensionati e pochi operai e impiegati, la spesa pubblica non potrà che aumentare, mentre le entrate fiscali sono destinate a scendere – spiega il segretario della CGIA, Renato Mason. Questo trend, nel giro di pochi anni, minerà l’equilibrio dei nostri conti pubblici. Per invertire la tendenza dobbiamo aumentare la platea degli occupati, facendo emergere i lavoratori in nero e
aumentando i tassi di occupazione di giovani e donne che in Italia continuano a rimanere i più bassi d’Europa”. 

Nella classifica complessiva la realtà più virtuosa d’Italia è la Città metropolitana di Milano (differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati pari a +342mila). Seguono Roma (+326mila), Brescia (+107mila), Bergamo (+90mila), Bolzano (+87mila), Verona (+86mila) e Firenze (+77 mila). Tra le province del Centro, infine, spiccano i risultati delle toscane: come Prato (+33mila), Pisa (+14mila) e Pistoia (+6mila).

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