14 Novembre 2024
15:05
Appello Eternit Bis. Pesce (AFeva): “Dolo Schmidheiny è evidente. Spero che la giustizia sia pronta ad affermarlo”
TORINO – Ha preso il via mercoledì a Torino il secondo grado del processo Eternit bis per le morti causate dall’amianto a Casale Monferrato. Il processo riparte dalla condanna pronunciata a giugno del 2023 a Novara che ha condannato il magnate svizzero Stephan Schmidheiny a 12 anni per omicidio colposo aggravato. Un verdetto che la procuratrice generale Sara Panelli chiede di rivedere per sancire la responsabilità dell’ultimo proprietario dell’Eternit per omicidio volontario con dolo eventuale e di tutte le 392 vittime dell’amianto entrate nel processo. La condanna a Novara, infatti, oltre ad escludere il dolo, ha dichiarato prescritti 199 decessi.
Nell’intervento al processo d’appello la pg Sara Panelli, che sostiene l’accusa insieme ai colleghi Gianfranco Colace e Maria Giovanna Compare, ha invitato Stephan Schmidheiny a ricorrere alla “giustizia riparativa”, confrontandosi direttamente con i familiari delle vittime dell’amianto. L’istituto introdotto di recente nel nostro ordinamento non ha nulla a che vedere con il riconoscimento di responsabilità sotto il profilo penale ma nel caso di Schmidheiny sarebbe “un’opportunità straordinaria di dimostrare che è quel filantropo che dice di essere“.
In aula la pg Panelli ha evidenziato la “straordinaria dignità delle vittime” di Casale Monferrato, racchiusa anche nel ricordo di Romana Blasotti Pavesi, la presidente onoraria Afeva mancata a settembre a 95 anni. La procuratrice generale ha fatto ascoltare alla Corte anche una delle testimonianze rese da Romana durante il primo processo Eternit. Quel momento è stato molto toccante per l’Afeva, ha sottolineato Bruno Pesce. Nelle più grandi battaglie dell’Afeva Romana “era sempre in prima linea”, ha ricordato Bruno Pesce, e anche nel suo ricordo è importante “resistere e andare avanti“ per avere giustizia.
Per la difesa, ha spiegato Bruno Pesce, non ci sono i presupposti per stabilire che l’amianto prodotto all’epoca di Schmidheiny sia “concausa” delle morti ma la “disamina approfondita e puntale” della Procura anche ieri in aula ha ricordato “le evidenze della scienza mondiale” sulla relazione tra amianto e mesotelioma: “Per la difesa non c’è certezza che si sia continuato a disperdere amianto durante gli anni di gestione del magnate svizzero ma non è così – puntualizza Bruno Pesce – Proprio negli anni di Schmidheiny venne fatta la frantumazione a cielo aperto degli scarti di lavorazione”. Stephan Schmidheiny e i vertici Eternit “sapevano che l’amianto uccide”, ribadisce fermo Bruno Pesce: “Anzi, lo hanno saputo prima di noi e di molti altri ma organizzarono una controinformazione per celare quelle informazioni. Dal 1984 al 2005 a Milano c’era “una cupola” che aveva il compito di raccogliere informazioni su associazioni e qualsiasi realtà che stava raccogliendo dati che avrebbero potuto mettere a rischio gli affari dell’Eternit. Anche noi dell’Afeva siano stati spiati, per più di 20 anni“. Per Bruno Pesce “il dolo” di Schmidheiny è “evidente“ ma non è facile da dimostrare in un’aula di Tribunale: “Spero che la giustizia sia pronta a considerare per quello che sono i crimini delle imprese. Non tutti hanno la stessa percezione di giustizia ma è importante arrivare a una condanna e affermare la responsabilità dell’ultimo patron dell’Eternit per evidenziare che quanto fatto a Casale non si doveva fare e, soprattutto, non si dovrà mai più fare in futuro”.