Autore Redazione
sabato
29 Marzo 2025
12:53
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Cronaca - Alessandria

Sindacato Polizia Penitenziaria dopo aggressione al Don Soria: “Stato dica da che parte sta”

Sindacato Polizia Penitenziaria dopo aggressione al Don Soria: “Stato dica da che parte sta”

ALESSANDRIA – Il Sindacato di Polizia Penitenziaria torna sulle aggressioni nelle carceri e cita l’ultimo preoccupante caso avvenuto venerdì 28 marzo 2025 al Don Soria di Alessandria dove 10 agenti hanno subito l’attacco di 3 detenuti e sono stati poi ricoverati in ospedale.

“A pagarne le conseguenze, come sempre, è il personale penitenziario che, come è avvenuto ad Ariano Irpino, ad Alessandria e ad Asti, rischiano la vita nell’assolvimento al dovere e per mettere fine alla violenza” ha spiegato il segretario generale del sindacato, Aldo Di Giacomo, sottolineando che “ci sono da tempo chiari segnali nelle carceri campane e piemontesi come in
tante altre del Paese di una situazione di crescente tensione”. “È sufficiente una “miccia” per far esplodere le carceri. E certamente lo stillicidio di suicidi, con i numeri che conosciamo tutti dall’inizio del nuovo anno (23) e dopo l’anno orribile appena trascorso (91), quello del record di morti in cella, non può ulteriormente essere sottovalutato. Le cause dei diffusi focolai di tensione sono sempre gli stessi, dal sovraffollamento, alla carenza di organici (nonostante le sbandierate nuove assunzioni), all’assenza di figure professionali mediche (specie psicologi) e mediatori culturali. Non c’è bisogno della “palla di cristallo” per prevedere che la situazione, già di grande emergenza e del tutto inedita per gravità rispetto a sempre, è destinata a diventare ancora più pesante, al punto che le continue rivolte anche negli Istituti per Minori sommate alle aggressioni quotidiane in tanti istituti fa da “apri pista” ad una nuova pesante stagione per i nostri penitenziari”.

Noi – aggiunge – più semplicemente continuiamo a cogliere e interpretare, già da settimane, gli inquietanti segnali che l’Amministrazione Penitenziaria invece preferisce ignorare, tra i quali, tentativi di evasione e la diffusione di telefonini sempre più tecnologicamente avanzati. Non siamo pronti a fronteggiare nuove rivolte e soprattutto siamo stanchi continua di pagare il pezzo più alto con il rischio di incolumità personale, per responsabilità politiche e di Governo, fronteggiando tensioni e sofferenze. Il personale è chiamato a fermare rivolte e violenze ma sempre sotto la “spada di Damocle” del reato di tortura e di provvedimenti disciplinari. È ora di fare chiarezza: lo Stato dica da che parte sta, se da quella dei detenuti o dei suoi “servitori”.

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