12 Maggio 2025
07:00
E’ terminata con O Thiasos TeatroNatura La casa in collina
CASTAGNOLE MONFERRATO – E’ terminato domenica 11 maggio, ma è un arrivederci a molto presto, il minifestival “La casa in collina”, ideato da Lorenza Zambon presso casa degli alfieri, residenza artistica su una collina del Monferrato. Quest’anno la casa in collina raddoppia e diventa parte di una rete più vasta con Germinale Monferrato Art Fest, rassegna di arte contemporanea diffusa che si svolgerà in Monferrato dall’ 11 settembre al 12 ottobre.
Sarà un autunno di mostre, installazioni, opere d’arte e residenze artistiche accompagnate (anche in partenariato con l’Ecomuseo del Basso Monferrato Astigiano) non solo da un’altra edizione settembrina de “La casa in collina”, ma da una costellazione di eventi, come ha spiegato Massimo Barbero de gli alfieri. Vi rientreranno gli itinerari della Macchina Magnifica (autobus speciale che attraversa la scenografia del territorio in compagnia di artisti tra danza, musica e teatro), i cammini musical-teatrali a piedi e in bici, oltre che uno spettacolo itinerante di Lorenza Zambon. Germinale, come ha spiegato la sua curatrice Francesca Canfora, dopo una prima edizione lo scorso anno, si estenderà a settembre a ben 20 comuni, con epicentro presso la Tenuta la Mercantile a Castagnole Monferrato.
“La casa in collina” domenica ha ospitato Sista Bramini, la fondatrice di O Thiasos TeatroNatura, qui accompagnata dalla musicista polistrumentista Sara Galassini, in “Come Wang-Fô fu salvato”, ispirato all’omonima novella orientale di Marguerite Yourcenar. Sembra arrivare da lontano, Wang-Fô /Sista Bramini, con l’andatura incerta di chi non vede, mentre procede con la mano sulla spalla di Ling/Sara Galassini, che fa strada suonando un flauto. Potrebbero essere creature dei boschi, abbigliate con le tinte della terra e delle foglie, mentre tutto inizia con una danza silvana nel giardino un po’ selvatico di Casa degli alfieri.
“Il vecchio pittore Wang-Fô e il suo discepolo Ling se ne andavano lungo le strade del regno di Han”, suona l’incipit narrativo dall’atmosfera orientale e leggendaria. Come in un tempo mitico tutto appare vago e assoluto, mentre la storia procede parlando di arte che supera la realtà e salva dalla morte, di un pittore che “non amava le cose, ma le immagini”, di un discepolo che scopre la bellezza e cui il maestro regala l’anima. Bramini racconta con la voce e con il corpo, evoca intrecci di linee e sfumature di colori sublimi, le disegna con movimenti ora aerei ora stanchi di una stanchezza centenaria su un tappeto sonoro creato da una quantità di strumenti dalle sonorità orientali.
E’ una fiaba magica ed inquietante con un principio creatore e nobile oppresso da un potere freddo e implacabile. Un imperatore giovane ma già vecchio, lontano da tutto e tutti, imprigiona e condanna un pittore prodigioso, colpevole di superare la bellezza del reale e di illudere con una perfezione inesistente. Ma la perfezione evocata dall’arte si fa concreta, rompe i confini dell’estetica, diventa strumento di fuga e di vita.
“E fu così che Wang-Fô e Ling, nel mare di giada dipinto da Wang-Fô, si salvarono dalla morte”. Un finale fiabesco che esalta l’opera dell’artista, ma anche un teatro dove ogni gesto, ogni espressione e ogni parola sono pennellate precise e luminose. Il quadro della storia assorbe i protagonisti e si fa vita, così la narrazione trasporta lo spettatore in un tempo indefinito e in un luogo sconosciuto, dai contorni disorientanti come una litografia di Escher. Si ritorna alla realtà, ma con la consapevolezza del potere evocativo del teatro, quello vero e bello.