Autore Redazione
domenica
29 Giugno 2025
11:27
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Tempo Libero - Asti

Oscurità e grazia. Recensione di “Misurare il salto delle rane” ad AstiTeatro 47

Satira brillantissima, mistero e un nucleo lirico nella nuovissima tragicommedia di Carrozzeria Orfeo presentata al Teatro Alfieri nell’ambito del festival teatrale astigiano
Oscurità e grazia. Recensione di “Misurare il salto delle rane” ad AstiTeatro 47

ASTI – “Le parole sono solo quella parte di silenzio che non può essere espressa”. E’ un non detto, celato da dialoghi serrati e da una vena satirica incalzante, il mistero che determina le esistenze delle tre protagoniste di “Misurare il salto delle rane”. Lo spettacolo di Carrozzeria Orfeo, applauditissimo dal pubblico astigiano, che ben conosce lo stile caustico e insieme disarmante della pluripremiata compagnia, è stato presentato ieri, 28 giugno, ad AstiTeatro 47, in prima regionale e dopo il debutto a Napoli.

In un contesto rurale, in un’epoca recente ma ancora priva dell’odierna tecnologia, caratterizzata da musiche anni ‘80 e ‘90 trasmesse dalla radio, si muovono tre donne diverse per età, condizione e indole. Sono legate dal rapporto con un fatto luttuoso avvenuto vent’anni prima, da un disagio nei confronti della società e da un’ombra di oppressione maschile.

Lori vive da vent’anni nella sospensione del lutto per la figlia quindicenne suicida, Betti alleva una rana e le insegna il salto in alto, accusa gli uomini di maschilismo e li picchia con il martello, in un profluvio di accuse e minacce. Sono unite dalla stessa perdita e da un legame di parentela non di sangue ma di necessità. La loro esistenza trascorre ai margini di un paesino circondato da un immenso lago nero e da una palude, finché arriva Iris, una giovane donna che trova e consegna a Lori l’ultimo messaggio in bottiglia della figlia.

La drammaturgia di Gabriele Di Luca, che cura la regia con Massimiliano Setti, scava nel passato taciuto e in un mistero losco di sopraffazione con lo stile lapidario e caustico di Carrozzeria Orfeo. Attraverso dialoghi irresistibili e fulminanti ricama delle pieghe straordinariamente comiche che conducono ad un nucleo emotivo e ad una condizione di emarginazione sociale e femminile.

Nella solitudine di Lori/Elsa Bossi c’è il rifiuto da parte di una società che pretende la perfezione della donna-madre, mentre la diversità della nipote adottiva Betti (una Chiara Stoppa esilarante, bisogna dirlo) si estende alla necessità di amore senza etichette. I dialoghi persino surreali tra le due, dove la prima si esaspera per gli eccessi e le stranezze della seconda, sono un tessuto brillantissimo attraverso cui si intuisce sempre più un segreto, come deve essere in una dark comedy. Iris/Marina Occhionero appartiene ad un altro contesto sociale, vive al di là del lago, confine tra città e paese, raffinatezza e rozzezza. La sua è una condizione agiata in un matrimonio apparentemente felice, ma turbato da una sensazione di oppressione e di violenza solo intravista. Consegnare il messaggio in bottiglia, affidato vent’anni prima dalla ragazzina suicida alle acque del lago, è per lei un viaggio interiore alla ricerca di una chiarezza e di un ordine privo di equivoco. Si troverà a fare azioni paradossali e non troverà una soluzione, ma una strana intesa tutta femminile costruita su stranezze e rozza tenerezza reciproca.

La scena (di Enzo Mologni) è realistica e rappresenta, con una scelta tutt’altro che minimale, un interno rustico ricco di particolari vecchiotti (la credenza in legno, la stufa a fornelli, un soffitto a travi…) e la riva scoscesa del lago, che sembra di vedere da una panchina sormontata dallo scheletro di un albero. In questo contesto isolato come le protagoniste, fermo nel tempo e scandito, ogni sera della giornata novembrina dei morti, da “Little Girl Blue” cantata da Janis Joplin alla radio, le tre protagoniste misureranno il loro salto (come quello della rana di Betti), ovvero il loro confronto con il passato per affrontare il presente.

Nulla è scontato nel lavoro di Carrozzeria Orfeo. I dialoghi sono originalissimi e spiazzanti, la satira è sferzante e raggiunge vette di comicità altissime, i contenuti sono intimistici ma anche sociali. Sempre, come nei lavori precedenti, l’attenzione è rivolta a individui dissociati attraverso cui si vedono crepe della società e inquietudini rocambolesche ma anche commoventi.

Questo posto ha una sua grazia, ma anche una sua oscurità”, detta Iris al suo registratore portatile, e così sono i personaggi sopra le righe, eppure profondamente umani, di Gabriele Di Luca. Tra paradossali martellate alle ginocchia in nome di una rivalsa femminile, improbabili gare di salto di rane e un omicidio finale, raccontato in uno scambio di battute da lacrime agli occhi (di riso, s’intende), si alza infine l’oscurità e brilla una comprensione fatta di parole scarne e di gesti abbozzati. E’ la grazia che, pur se trattenuta, riempie la scena finale in una comunicazione inverosimile attraverso walkie talkie delle tre protagoniste nella stessa stanza. Inverosimile sì, ma vera e curativa. Splendide Bossi, Occhionero e Stoppa nella loro prova attoriale e nella perfetta intesa che si crea sulla scena. Un successo ad AstiTeatro 47 e un fiore all’occhiello di questa edizione diretta da Mario Nosengo ed Eugenio Fea.

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