Tatuaggi: tabù o libertà? Cosa ne pensano gli alessandrini
ALESSANDRIA – C’è chi li ama e chi li eviterebbe a tutti i costi. I tatuaggi continuano a dividere le opinioni, anche ad Alessandria. C’è chi li considera arte, chi li vive come un ricordo personale, e chi invece li giudica con diffidenza. Per qualcuno sono una moda passeggera, per altri un modo per esprimere ciò che si è.
«Se mia figlia tornasse a casa a tredici anni con un tatuaggio, ci soffrirei», ci racconta una madre. Ma poi ammette che anche la figlia ha ceduto al fascino dell’inchiostro, seppure più avanti con l’età. I tempi, in fondo, sono cambiati. Se un tempo i tatuaggi erano associati a galeotti o ribelli, oggi raccontano qualcosa di molto più personale.
Camminando per le vie della città abbiamo incontrato chi ne ha uno, chi ne ha venti, chi li tiene nascosti e chi invece li mostra con orgoglio. C’è chi li ha scelti per ricordare un’esperienza, come una ragazza che ha tatuato lungo la spina dorsale una ballerina accompagnata dalla frase “La vita non ti permette di essere debole”. Un omaggio a quattordici anni di danza interrotti dalla pandemia.
C’è anche chi li sceglie con razionalità: “È meglio fare un tatuaggio che abbia un senso. Così non te ne penti”. E poi c’è chi non si pone limiti: “Anche a novant’anni, se vuoi, fallo”.
Alcuni hanno significati profondi, altri sono semplici estetiche. Ma tutti raccontano qualcosa. Dai simboli tribali dell’antico Egitto alle superstizioni dei marinai, fino alle mode contemporanee, il tatuaggio resta una delle forme più intime di comunicazione. E forse la domanda da porsi è solo una: cosa vogliamo raccontare al mondo, attraverso la nostra pelle?