9 Dicembre 2025
18:09
Stop Solvay dopo il report Greenpeace: “Non esiste un PFAS accettabile. Il sito di Spinetta va chiuso”
ALESSANDRIA – È una presa di posizione netta, senza sfumature, quella del comitato Stop Solvay dopo la pubblicazione del report di Greenpeace “Respirare PFAS”, che ha riacceso i riflettori sull’impatto ambientale del polo chimico di Spinetta, alle porte della città di Alessandria. In un comunicato diffuso nelle ultime ore il comitato torna a denunciare una situazione che definisce “gravissima”, indicando in Solvay/Syensqo “l’unico e chiaro responsabile” dell’inquinamento che da anni pesa sul territorio.
Al centro dell’allarme ci sono i numeri contenuti nel dossier di Greenpeace, elaborati a partire dai dati del Registro europeo PRTR sulle emissioni industriali. Secondo questa ricostruzione, il Piemonte sarebbe la regione in cui si concentra “la stragrande maggioranza” delle emissioni italiane di F-gas – composti riconducibili in gran parte alla famiglia dei PFAS – sostanze che da tempo la comunità scientifica e le agenzie ambientali europee considerano pericolose per l’ambiente e la salute umana.
“In Piemonte si concentra il 76% di tutte le emissioni italiane e nel solo 2023 lo stabilimento di Spinetta ha prodotto il 55% delle emissioni nazionali legate agli F-gas. Alessandria è il primo comune d’Italia per emissioni di questi composti con 2.828 tonnellate emesse negli ultimi 16 anni (Venezia, al secondo posto, ne conta 193)” ricorda il comitato Stop Solvay.
“E mentre i numeri delineano un quadro allarmante Syensqo continua a ripetere il solito copione: “riduzione delle emissioni”, “sostenibilità”, “investimenti”. Domani, 10 dicembre, andrà addirittura in scena un nuovo episodio della campagna di greenwashing chiamata “Fabbriche Aperte”. Porte aperte ai cittadini per raccontare un’azienda “virtuosa”, mentre – secondo ciò che emerge dal report Greenpeace – registriamo un impatto ambientale senza precedenti nel Paese. È l’ennesimo tentativo di mettere una mano di vernice verde su una crisi che dura da decenni. L‘unico modo con cui Solvay/Syensqo può ripulire la propria immagine è chiudere lo stabilimento, non aprirne i cancelli per qualche ora.
A proposito, noi lo ribadiamo senza ambiguità: questo stabilimento deve essere chiuso. Non “modernizzato”, non “ritoccato”: chiuso. Non esiste un livello accettabile di emissioni di composti come i PFAS quando sono in gioco la salute collettiva e la sicurezza ambientale.
Da gennaio rilanceremo assemblee pubbliche, momenti informativi e mobilitazioni sul territorio: non resteremo a guardare mentre si consuma un disastro che condanna a morte l’alessandrino. L’iter per il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale è ancora aperto e faremo tutto ciò che è necessario affinché non venga concesso senza garanzie solide, verificabili e trasparenti.
Il 12 marzo si terrà una nuova udienza del processo ai dirigenti Solvay per l’ipotesi di disastro ambientale colposo. Nel frattempo, sono state avanzate offerte risarcitorie alle parti civili. È un meccanismo noto: tentare di trasformare un’emergenza ambientale e sociale in una questione di denaro.
Per quanto ci riguarda, nessuna cifra può compensare anni di contaminazione e rischi per la salute. Nessuna somma di denaro può rispondere agli interrogativi sulla salute delle persone, sull’acqua che beviamo, sull’aria che respiriamo. Per questo, la nostra lotta non si chiuderà mai con un assegno.
Nei prossimi mesi costruiremo un percorso ancora più ampio e deciso e andremo avanti finché servirà, finché questo stabilimento non smetterà di produrre PFAS e di mettere a rischio il nostro futuro”.