13 Dicembre 2025
14:30
I magnifici colori del ventre della terra: la grotta dei Dossi a Villanova Mondovì – Piemonte da Scoprire
PIEMONTE – Poche esperienze nella vita sono emozionanti come le visite a una grotta. Probabilmente questo deriva da fattori diversi: alcuni psicologici, altri insiti nel nostro DNA, nell’antico passato che ci ha plasmato come uomini. È come un ritorno al grembo materno, un rientrare nella pancia della Madre Terra, protettiva e accogliente. Allo stesso tempo è però una discesa agli inferi, nell’Ade, irta di misteriosi pericoli e mancante della certezza di un ritorno all’aria aperta. È la protezione che la caverna dava ai nostri antenati, che in essa si rifugiavano dalle intemperie e dalle bestie feroci, ma è anche un luogo buio, freddo, umido, misterioso. Queste sensazioni entrano prepotenti nell’animo di chiunque varchi l’ingresso di una grotta aerea, ma ancora di più in quelle sommerse, nelle quali il pericolo per lo speleosub è reale e non solo immaginario. In Italia di grotte ce ne sono moltissime, alcune molto note mentre altre sono quasi sconosciute. Una di queste ultime, scevra da qualsivoglia pericolo e molto bella da visitare, è la Grotta dei Dossi di Villanova Mondovì, in provincia di Cuneo; di origine carsica, ha uno sviluppo complessivo di 910 metri per un dislivello di 21 metri. Particolare la storia della sua scoperta, a noi tramandata in due versioni leggermente diverse. Il 13 marzo 1797 un cacciatore era all’inseguimento di una volpe, camminando su una coltre nevosa alle pendici del monte Calvario. Improvvisamente la vide davanti a sé in mezzo alla neve e sparò due colpi di fucile. A questo punto la volpe scomparve. Avvicinatosi alla roccia, il cacciatore si accorse di un piccolo pertugio che si apriva e vi fece entrare un ragazzo che lo accompagnava, alla ricerca della preda ferita. Intrufolatosi dentro la stretta fessura, questo si ritrovò in un grande ambiente sotterraneo che lo lasciò senza fiato. Nella seconda versione fu invece il suo cane a smarrirsi e a costringerlo a cercarlo all’interno. In ogni caso, una volta tornato in paese, il cacciatore raccontò l’accaduto e gli abitanti della zona, incuriositi, andarono a esplorare la grotta, rimanendo stupiti e affascinati dalla sua magnificenza. Negli anni che seguirono molti furono quelli che si avventuravano all’interno della Grotta dei Dossi allo scopo di prelevare stalattiti o stalagmiti da rivendere agli appassionati. Alla fine dell’Ottocento la mentalità era cambiata e fu creata una società allo scopo di trasformare il luogo in un’attrazione turistica; vennero asportati 604 metri cubi di roccia con 1504 mine, favorendo l’accesso al pubblico e, per la prima volta in Italia, la grotta venne illuminata elettricamente tramite un generatore di corrente a petrolio e trenta lampade Edison. Il 15 agosto 1893 venne organizzata una inaugurazione in pompa magna con la presenza della buona società piemontese, pubblico femminile e giornalisti italiani e francesi, giunti appositamente per raccontare l’eccezionale evento. Per tutti era come essere i protagonisti del “Viaggio al centro della Terra” di Jules Verne, pubblicato in Francia nel 1864. L’ingresso costava una lira, due con il passaggio in carrozza dal paese di Villanova e nove con un sontuoso pranzo per rifocillare corpo e spirito dopo l’avventura ipogea. Dopo qualche tempo, venne nuovamente abbandonata e utilizzata durante la Seconda Guerra Mondiale da una cellula partigiana che vi trovò rifugio. Pochi anni fa venne infine deciso di risistemare il sito, illuminarlo in maniera efficace e coinvolgente per il pubblico e renderne disponibile l’accesso, oggi possibile a chiunque non abbia difficoltà motorie. La grotta è come tornata a nuova vita e viene decisamente apprezzata dai visitatori, che percorrono le sale sotterranee e i corridoi affascinati dai colori delle sue concrezioni; d’altronde è considerata la grotta più colorata d’Italia. Calcare, ferro, zolfo e manganese donano infatti colori incredibili alle forme più strane assunte dalle rocce: stalattiti e stalagmiti sembrano sforzarsi a donare giochi di fantasia agli spettatori, con un alternarsi di bianco, rosso, grigio e giallo che creano un vero caleidoscopio di colori. Basta poi avere un poco di fantasia e non è difficile distinguere la Barca di Caronte, la Galleria Moresca, i bianchi Bagni di Venere, la Gran Sala del Cigno, quella degli Arazzi, del Buon Genio e così via. Attualmente una sala viene affittata da un celebre produttore di buon vino dell’Alta Langa, che lascia un migliaio di bottiglie a invecchiare all’interno di essa a 700 metri d’altezza, con una temperatura sempre costante di circa 9°C e un’umidità elevata: il risultato, che non abbiamo avuto modo di verificare di persona, pare essere notevole. Oggi la visita, che si svolge accompagnati da una guida, dura circa un’ora ed è estremamente piacevole, fra sale colorate e immagini che stimolano la fantasia. Per qualsiasi informazione è disponibile il sito internet www.grottadeidossi.it. Se la storia vi fosse piaciuta e vi avesse invogliato a scoprirne altre, vi invito a visitare il mio sito, oppure ad acquistare online o in libreria il volume Piemonte da scoprire edito da Priuli e Verlucca
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