4 Dicembre 2017
05:00
Rete Antiviolenza: nel 2016 registrati quasi 1000 accessi
ALESSANDRIA – I numeri non raccontano il dolore di chi viene sminuita, insultata, presa a calci e a pugni, ferita con pezzi di vetro, coltelli e, a volte, uccisa. Nei dati raccolti dal Centro Studi Me.dea ci sono però le storie di quelle donne, vittime di violenza che in alcuni casi hanno trovato la forza di rompere il silenzio e chiedere aiuto a enti, associazioni e forze dell’ordine che da tre anni lavorano in sinergia nella Rete Antiviolenza della provincia di Alessandria. Una collaborazione che ha permesso di ampliare la raccolta dei dati, fondamentali per delineare strategie di intervento rispetto a un dramma in continua crescita, anche in provincia. Nel 2016 sono stati 965 gli accessi registrati dai vari soggetti della Rete. In quel numero “non filtrato” ci sono anche le storie di donne colpite più volte da una mano violenta. Il 12,8% è infatti costituito da “pluriaccessi” di vittime che si sono rivolte a più soggetti della Rete o anche alla stessa istituzione, mediamente a distanza di pochi giorni o di un mese.
Circa la metà dei “pluriaccessi”, in crescita di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente, è stata registrata nelle strutture sanitarie del territorio. La necessità di cure mediche evidenzia la forza di quei colpi che lasciano segni che non si possono celare in un Pronto Soccorso. Nel 53,2% dei casi le vittime soffocano comunque il nome di chi le ha picchiate. Nel 16,6% dei casi la donna non dice nulla, vuole solo sapere quando potrà andare “a casa”. Proprio nel luogo dove si chiede di tornare, e che dovrebbe essere il posto più sicuro, si consuma però la maggior parte delle violenze. Secondo i dati della Rete nel 32,5% dei casi, infatti, la mano che ferisce è quella di un marito, un partner o un ex.
Proprio il rapporto con l’aggressore spesso impedisce di reagire e ribellarsi. Il 51,4% delle vittime che si è rivolta a Me.dea, infatti, è sposata o convive con l’autore della violenza, nel 20,7% dei casi è separata o divorziata da quell’uomo. I segni del “non amore” su queste donne non sono solo lividi e cicatrici sulla pelle. Il 76,5%, infatti, subisce più forme di abusi, da quelle fisiche (74%), alle vessazioni psicologiche, spesso vere e proprie minacce, e atti persecutori (il 3,4% ha denunciato stalking). Spesso solo durante il percorso insieme alle operatrici del Centro Antiviolenza le donne comprendono poi di aver subito anche violenze sessuali da parte di un marito o un partner (2,2% dei casi).
Da non sottovalutare sono inoltre gli effetti e la percezione della cosiddetta “violenza assistita”. Tra le donne che nel 2016 hanno chiesto aiuto a Me.dea circa l’80% ha almeno un figlio. In tutto 162 figli che hanno potenzialmente assistito a scene di violenza, di cui il 63,8% ancora minorenne. Un dato che ricorda l’importanza anche del percorso a sostegno della genitorialità del Centro Me.dea, attivo dal 2009 e dal 2014 nella Rete Antiviolenza. Una squadra che comprende, tra gli altri, anche Comune e Provincia di Alessandria, Prefettura, Forze dell’ordine, Asl, Aso, Cissaca e che ora, dopo 3 anni di lavoro, spera di potersi allargare formalmente anche ai tutti gli altri centri zona. Obiettivo è monitorare in maniera sempre più puntuale la situazione in provincia e implementare così la risposta per le vittime della violenza di genere che, anche in provincia, dimostra di non avere età, nazionalità o condizione economico/sociale.
Il sostegno a queste eterogeneo gruppo di donne non può prescindere da finanziamenti stabili e certi ai Centri Antiviolenza, che come Me.dea, oggi viaggiano “a vista” da bando a bando, è stato ricordato durante l’incontro della Rete nella Sala Consiglio di Palazzo Ghilini. Per spezzare la catena che in alcuni casi tiene la vittima legata all’uomo che la maltratta serve però un intervento anche per arrivare a una vera parità lavorativa e salariale delle donne. Lo ha sottolineato l’onorevole Cristina Bargero, presente all’incontro della Rete Antiviolenza insieme all’assessore alle Pari Opportunità del Comune di Alessandria Cinzia Lumiera, al consigliere delegato Luca Rossi per la Provincia e ai consiglieri regionali Domenico Ravetti e Massimo Berutti. Come dimostrano i dati, avere un lavoro e uno stipendio purtroppo non mette al riparo una donna dalla violenza ma potrebbe aiutare a uscire da una relazione fatta di abusi. La strada da fare per arrivare a una vera parità di genere resta però molta. Il gap tra uomini e donne nel mondo del lavoro, infatti, piazza ancora l’Italia al 124 posto su 136 Paesi.