Autore Redazione
venerdì
1 Giugno 2018
18:25
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Cronaca - Alessandria

Anna Tripodi, “professionista d’eccezione” dallo “spiccato carattere”

Il ricordo accorato di Nuccio Lodato
Anna Tripodi, “professionista d’eccezione” dallo “spiccato carattere”

ALESSANDRIA – Anna Tripodi, scomparsa martedì è stata una grande donna. Ha dato la sua vita per il teatro e in particolare per il teatro di Alessandria. Nuccio Lodato, al suo fianco in tanti percorsi legati al Teatro di Alessandria, ha voluto ricordarla in questo lungo e delicatamente lucido ritratto. Leggetelo fino alla fine per sapere chi era Anna e chi abbiamo perso.

ANNA
“Indicibilmente triste, il sapere diventato orfano.”

Elias Canetti, “Il libro contro la morte”
Nel 1983 il Natale era caduto di domenica. Per terra c’era la neve. Ma già quella prima, il 18, il giardino del laghetto dei cigni ad Alessandria appariva stracarico dell’abbondante precipitazione dei giorni precedenti. La si scorgeva dalle finestre del salone al primo (o secondo?) piano in cui, all’epoca, era ospitata la biblioteca del Teatro Comunale, ricca di fresco del Fondo Adelio Ferrero, che sarebbe andato imperdonabilmente distrutto nella catastrofe amiantifera impunita del 2010.
In quella irrituale convocazione mattutina di giorno festivo pre-natalizo, la commissione di concorso per la ricerca del nuovo segretario della controversa struttura, svolgeva le prove orali, conclusive della selezione. Alla giovane ed elegante candidata la cui prova scritta era risultata particolarmente convincente, e il successivo colloquio con la quale quindi svolto con proporzionale attenzione, fu rivolta una domanda conclusiva inconsueta: «Signora, ci risulta che lei ricopra un elevato posto di responsabilità in un’azienda con attività internazionali. Perché vuole passare a questo, dove la prospettiva è certo quella di lavorare di più e di percepire altrettanto sicuramente di meno?». «Perchè mi incuriosisce l’ambiente e mi appassiona il tipo di attività», fu più o meno la risposta.
L’esplicita aspirante e conseguente stravincitrice, che si chiamava Anna Tripodi, come neo segretaria si ritrovò subito davanti a un compito estremamente impegnativo. Le fondamenta dell’Azienda Teatrale erano state gettate, a partire dal 1977, un anno prima dell’inaugurazione, con la grande Patrizia Cuoco, neo-diplomata protoassunta, che si era rivelata tanto adatta al ruolo da essere… involata, dopo pochi anni, da una compagnia professionale, dando inizio a una strepitosa carriera nazionale tuttora in corso. Il suo degno e competente successore era rapidamente trasvolato ad altra azienda pubblica cittadina, dove forse opera tuttora. Il Teatro aveva alle spalle le sue prime cinque stagioni, ma il grosso del lavoro per “imporlo alla città” (ricorrendo a un’espressione allora cara ad Enrico Foà) era per gran parte, se non ancora da affrontare, assolutamente da consolidare. La nuova arrivata entrò in punta di piedi, ma non mancò presto di denotare il possesso di un certo qual spiccato carattere (da qualcuno magari definito addirittura caratterino…). La confidenza coi già allora complessi meccanismi interni dell’a quel tempo Azienda Teatrale Alessandrina fu assunta rapidamente, e il doppio livello di dialogo e interlocuzione con la direzione aziendale e i consigli di amministrazione che vi si succedevano da un lato, e col Comune dall’altro, presto ricco e significativo. Ma nel giro di pochi anni la segretaria, poi segretaria generale con l’ampliarsi dell’azienda e del suo stesso organico, seppe addentrarsi
con sicurezza e passione dalle problematiche meramente amministrative a quelle culturali e artistiche che costituivano del resto, per definizione, il pane quotidiano della missione aziendale.

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Credo che chi ha avuto il privilegio di conoscere un po’ più da vicino Anna ne abbia ammirato, con le evidenti doti visive e quelle più sostanziali che emergevano nel vederla lavorare e nel collaborare con lei, la visione “politica” del mondo. Che partiva dal magnifico orgoglio per la sua famiglia immigrata dall’amata Calabria, e dalla franca e sorprendete rievocazione di un’infanzia non particolarmente facile e grata. E ne traeva tutte le debite conseguenze, a livello di orientamenti e di scelte. Analizzare le tante cose da lei pensate e fatto per il Teatro e per la città da quella remota festività d’Avvento innevata alla fine dei suoi giorni richiederebbe riflessioni, tempi e spazi ben superiori a questi appunti.
Alla rinfusa e senza ordine, né logico né cronologico, le prime a venire alla memoria. Il suo rapporto di ferro con… la Ferratella, innanzitutto. Chi segua un po’ le cose dello spettacolo in Italia sa bene quanto il rapporto col palazzone lateranense del “competente Ministero” non sia né semplice né facile. Riuscì a ottenerne una stabile e quasi sorprendente, anche per lei stessa, apertura di credito che non fu mai smentita, pur nel turbinoso avvicendarsi di ministri, direttori generali e funzionari di settore che hanno caratterizzato, come in tanti altri settori, questo nostro paese incredibile e irrequieto nell’ultimo quarto di secolo. Il Comunale alessandrino ne beneficiò largamente: dal Laboratorio Lirico Sperimentale, che trovò già avviato da un biennio, ma contribuì in prima linea a potenziare per un altro decennio (1983-1992), all’ultimo nato “Ring!”, il festival della critica cinematografica portato in ventiquattr’ore al vertice dell’attenzione nazionale da Alberto Barbera e Nanni Moretti (2002), per essere soffocato appunto dall’amianto alla nona edizione in corso (2010, appunto: quel fatale 3 ottobre: quando venne assicurato alla pubblica opinione che si sarebbe riaperto nel giro di pochi giorni!).
Per il quale ottenne 30.000 euro a consuntivo della prima edizione, cosa mai vista nel mondo del cinema. Ma più in generale, era una macchina da reperimento di sponsors e fondi assolutamente implacabile, più e ben prima del crowdfunding! La passione sempre più viva per il teatro l’aveva portata via via a intessere relazioni e rapporti di assoluta solidità. Nel mondo del teatro ragazzi, ad esempio, con la viva e indispensabile collaborazione di Elia Di Menza, sua amica dall’infanzia, e di Piera Rosi, generosa fiancheggiatrice e consulente. Quando la genialità di chi volle ad ogni costo scorporare nel quadro dell’ASPAL spa le attività teatrali dalle altre, la fece ritrovare, con amarezza, relegata a questo secondo lato gestionale, si gettò a capofitto nel riordino delle farmacia
comunali, mai più immaginando che quell’autentica gallina dalle uova d’oro sarebbe stata svenduta: le attuali sedi razionalizzate, e la magica trasformazione di un vecchio rudere disperante di ex-distributore di carburante in mezzo a Largo Catania in un avanzatissimo presidio funzionante 24 ore al giorno sono opera sua, come i potenziamenti di altri settori afferenti a quella diversificazione che, ribaltando la felicissima intuizione del compianto ex-sindaco Beppe Mirabelli, toglieva ossigeno proprio al Comunale (il Comune che toglie ossigeno al… Comunale: paradosso!) e apriva la via al tracollo di cui si dirà fra poco. Il riordino del Teatro delle Scienze/Palentario dietro la sede della vecchia “Giovanni XXIII”, in via 1821. Il lavoro incessante e non ancora purtroppo giunto a compimento attorno al Museo del Cappello di cui pure si riparlerà, che non ha avuto la gioia e la soddisfazione di veder completare davvero. Iniziative compendiate in quelle di “Primavera al Museo”. Si potrebbe continuare a lungo. Paradossalmente, gli anni di forzato esilio dal retropalcoscenico sono poi stati quelli in cui la sua passione teatrale ha avuto modo di potersi dispiegare più a fondo e liberamente. Le salde amicizie con il Teatro della Tosse, Tonino Conte e Maria De Barbieri sul versante genovese e quella con Sergio Ariotti, Isabella Lagattolla e il Festival delle Colline sul torinese, sono i due più evidenti rivoli, col sostegno sistematico alle giovani, molteplici presentze teatrali cittadine, che sarebbe
confluiti in una possibilità di nutrire almeno un minimo di vita spettacolare dal vivo in città, anche negli anni bui immediatamente successivi alla disfatta del Comunale. E molto
è quanto per brevità ometto, e ancora di più quello che per personale default mnemonico dimentico. Ma chi volesse avere una semplice idea diretta della concretezza delle sue idee sull’argomento, vada a rileggersi la breve memoria, dal provocatorio titolo “La trasparenza inganna”, che pubblicò nel volumone strenna monumentale promosso ad ogni costo con la Fondazione CR.AL di Gianfranco Pittatore nel 2003, quando il Teatro compì 25 anni di vita e attività, e ci si poteva ancora illudere sulla magnificenza della sue sorti progressive. Idee ribadite nel magnifico convegno regionale, magistralmente ideato, organizzato e coordinato, che aprì di fatto nella sede di Cultura e Sviluppo la successiva campagna elettorale 2012, dando luogo a una serie di speranze (l’ouverture davanti al colosso chiuso, buio e muto…) che la realtà si sarebbe incaricata di smentire ad alzo zero.

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E altrettanto spazio ci vorrebbe per elencare e dettagliare le sue splendide quanto mai ascoltate né raccolte idee propositive, elaborate nel corso della sua progressione e dei suoi differenti incarichi. Se ne scelgono soltanto due: il trasformare il Comunale in un multispazio cinepolivalente a cinque sale, suddividendo in due la galleria: sarebbe stata una soluzione lungimirante per la città, anticipando in contropiede la stagione della chiusura a catena dei cinema cittadini, che già allora si preannunciava. Dovette accontentarsi dell’ennesimo remake della “Ferrero” e della felicissma intuizione aggiuntiva della piccola ma deliziosa e utilissima”Zandrino” E il trasferire presso la sede dell’ex-cinema Moderno in piazzetta della Lega -al centro geometrico ed emotivo della città!- il Museo del Cappello Borsalino, costruendovi intorno una sala convegni-auditorium e un centro culturale cittadino (se conservano con emozione il piano dettagliato da lei steso e argomentato, con disegni di un architetto di fiducia: altra clamorosa occasione perduta tra le tante).
Ecco le numerose ragioni per le quali oggi l’improvvisa e dolorosissima quanto prematura scomparsa di Anna priva Alessandria e il Piemonte tutto, dopo la sua designazione a Presidente della Fondazione Piemonte dal Vivo (circuito regionale multidisciplinare: ruolo che ha svolto da par suo, nonostante i gravami di salute sopportati, con la consueta classe, nel corso degli ultimi anni) di una presenza che eventuali aspirazioni di rinascita, se ancora coltivabili, avrebbero reso indispensabile.
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Sia consentita un’estrema annotazione, stavolta di carattere personale. Quando risiedevo ancora ad Alessandria e riuscivo ad appassionarmi alle cose politiche locali, mi ero permesso -ovviamente a mia volta inascoltato- di suggerire agli ambienti del centrosinistra la sua scelta come candidato sindaco. Me lo consigliavano l’estrema chiarezza di idee che denotava parlando della città, dei suoi problemi e del suo futuro, e l’assolutamente non comune prontezza operativa che denotava quotidianamente, col privilegio di averla potuto sperimentare in ripetuti, differiti e assai lunghi periodi di ravvicinata collaborazione. Consiglio gettato ripetutamente al vento, alla vigilia delle periodiche consultazioni amministrative… nell’ultimo quarto di secolo. Come sia andata a finire di volta in volta nelle consultazioni succedutesi è sotto gli occhi di tutti. Ma ancora più mi è sempre rimasta misteriosa (sebbene invece, da un altro e più lineare punto di vista, il simmetricamente opposto, sia facilmente spiegabile…) la permanente avversione competitiva mostrata ed esercitata stabilmente nei suoi confronti proprio da quei settori della macchina pubblica (in particolare comunale, per essere chiari) che maggiormente avrebbero potuto e dovuto appoggiarne gli sforzi e valorizzarne le proposte innovative. L’elenco potrebbe essere assai lungo, a prescindere. Curiosamente, lei assai impegnata sul versante della questione Donna, ha dovuto attraversare gli snodi più significativi del suo percorso professionale attraverso interlocuzioni deliberanti declinate tutte al femminile. Qualcosa ricevendo, ma soprattutto dovendo incassare colpi non da poco. Fu, in principio, una sindaca di opposto orientamento politico (che lei e il personale tutto del Teatro di allora avevano oltretutto contrastato, tanto duramente quanto invano, esponendosi nell’indimenticabile campagna elettorale del ’93) a mostrare l’intelligenza di volerla chiamare prima alla direzione generale dell’A.S.P.AL quale facente funzione nel 2000, e successivamente a quella, da titolare, della neo-costituita ASPAL spa due anni dopo. E’ stata, nel finale della sua vita troppo breve, l’odierna assessora alla Cultura della nostra Regione a volerla alla testa di “Piemonte dal vivo”, sebbene purtroppo la malattia le abbia impedito, pur nell’eccezionale lavoro svolto e nei corrispondenti risultati conseguiti, di dispiegarvi fino in fondo le sue illimitate potenzialità. Ma furono purtroppo altri due sindaci-donna, e stavolta politicamente (e forse non solo) dalla sua parte, a dischiuderle i passaggi peggiori del suo itinerario. Dapprima l’estromissione conseguente alla disastrosa scelta di dare vita alla Fondazione Teatro Regionale Alessandrino (il secondo “Stabile del Piemonte”, pomposa autodefinizione sortita anche dal problema dell’allora presidente della Regione -donna ella pure- di mettere le cose a posto quanto ad aspiranti direttori di Stabili a Torino). Catastrofica premessa megalomanica della soluzione finale: l’abbandono della Fondazione stessa da parte di tutti i suoi soci, quando venne richiamata, nel 2012 -e a titolo gratuito!- alla sua direzione, nella vana speranza di riuscire a mantenere a galla l’ingovernabile barcone che affondava, dopo la catastrofe-amianto per la quale nessuno dei responsabili avrebbe incredibilmente pagato. Ma la Fondazione – Tripodi se ne rese conto, occhi sui conti e mani tra i capelli, appena reinsediata alla direzione – era condannata, oltre che dalle mancate corresponsioni delle somme spontaneamente impegnate dai soci, dal soverchiare di una pianta organica sovradimensionata e da una… passata larghezza di vedute insostenibile. Il Teatro condotto secondo quel modello strapieno di immotivabile grandeur si sarebbe seduto per terra anche senza il deporvisi generalizzato della polvere d’amianto: gli alessandrini e i piemontesi (peraltro poco interessati…) debbono saperlo. Chi la richiamò -e dovette imporla non senza fatica all’allora nuova giunta comunale, è opportuno si sappia- lo fece proprio con l’esplicita intenzione di ribaltare quell’incredibile precedente. Anche se, col senno di poi, porta oggi con sé il senso di colpa di non averle certo fatto un favore. Ma tutte queste, a ben guardare, nella circostanza di oggi sono parole superflue, se non forse addirittura fuori luogo. In fondo, per capire a sufficienza chi lei sia stata, è sufficiente sfogliare il numero odierno del bisettimanale cittadino, leggendo la bellissima intervista inedita 2006 che rilasciò ad Alberto Ballerino sulle origini di Ring!, e soprattutto il necrologio che riporto senza commenti, associandomici: «Elia, Patrizia, Silvana, Lorella, Paolo, Giada, Paola, Cristina, Sergio, Renara, Roberto, Beppe e Fabio partecipano commossi al dolore di Valentino, Barbara, Ivana e della piccola Agnese per la scomparsa di ANNA TRIPODI professionista d’eccezione ma soprattutto donna straordinaria. Il suo entusiasmo e il suo sorriso ci mancheranno immensamente. Grazie Anna per tutto quello che hai fatto per la cultura della nostra città. Alessandria, 1 giugno 2018».

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