17 Gennaio 2014
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Quando la crisi svuota i negozi e la fiducia nel futuro
Il centro commerciale Pacto, all’esterno, appare sempre più una coperta patchwork, tappezzata com’è di ‘cerotti’ per coprire le insegne di quelli che erano i negozi all’interno della galleria. Nato nel 1983, primo centro commerciale della città, sta ora diventando un contenitore sempre più vuoto e un album scolorito che racconta le difficoltà di commercianti e lavoratori. Come quella di Giampaolo Debernardi, titolare del negozio di giocattoli all’interno del centro in Spalto Marengo.
E’ stato lui a infilare il corridoio che porta a Radio Gold News semplicemente per salutare e raccontare che presto chiuderà. In effetti non bastano molte altre parole per raccontare una decisione che ha rimbalzato nella sua testa per mesi. Così l’ennesimo negozio chiuderà a Palazzo Pacto. Una delle tante chiusure vissute dal complesso, dopo quella recente dell’Unes, preceduta dalla girandola di serrate di questi anni. L’elenco è lunghissimo: la panetteria, la gioielleria e adesso lo storico negozio al primo piano, aperto negli anni ’80: “nel 1983 c’erano entusiasmo e successo – ha spiegato Giampaolo Debernardi – e questa situazione è durata una decina di anni. Per 10 anni abbiamo vissuto di successi e soddisfazioni poi forse sarebbe stato necessario rinnovare qualcosa e adeguarsi ai tempi perché, inesorabile, è arrivato il declino”.
Una situazione inaspettata, nonostante una collocazione vicino a una struttura come l’ospedale, attorno alla quale gravitano migliaia di persone, e la comoda presenza di un parcheggio. Ma in questo caso, come ha spiegato Giampaolo è stato commesso un errore: “l’errore clamoroso l’abbiamo fatto quando introducemmo le soste a pagamento per evitare che i dipendenti dell’ospedale lo saturassero con le loro auto. E’ stato un boomerang perché giustamente la gente ritiene che per raggiungere un centro commerciale non si debba pagare, non succede in nessun posto del mondo”.
Ma attribuire al parcheggio a pagamento tuitti i mali della Pacto sarebbe riduttivo: “abbiamo assistito alla chiusura dell’Unes nonostante sia un bel marchio. Si vede che non era molto frequentato dagli abitanti della zona e allora dobbiamo farci delle domande come consumatori. Forse delle volte per risparmiare 5 centesimi facciamo chilometri e poi ci chiediamo perché chiuda il locale sotto casa. Se noi premiassimo gli esercizi vicini, magari facendo anche notare le disfunzioni, faremmo un bene all’operatore commerciale e anche a noi”.
Poi ci sono tutti i problemi del piccolo commercio: “i costi sono enormi per mantenere il negozio e non ci sono aiuti da parte dello Stato“. Una considerazione che induce a pensare che in Italia fare il commerciante sia quasi divenuto impossibile: “è difficilissimo in Italia; in Alessandria è ancora più difficile; alla Pacto è quasi impossibile“.
Giampaolo per 30 anni ha venduto giocattoli, poi i debiti, le difficoltà economiche hanno reso sempre più buio il suo futuro: “ho cominciato a bussare a tutte le porte per cercare un posto e nessuna si è mai aperta. Io vorrei che la gente ragionasse sul fatto che l’anno scorso in Italia ci sono state 119 persone che hanno deciso di farla finita. Un suicidio ogni tre giorni. A questo dato vanno aggiunte le migliaia di persone che ci hanno pensato come è successo a me. Poi non lo fai perché credi in Dio, perché comunque lasceresti i problemi alla famiglia, perché hai una figlia che crede in te e non vuoi deluderla, o anche solo per vigliaccheria. Tante cose che ti portano a dire, magari lo farò un’altra settimana. Grazie a Dio a me qualcuno ha aperto una porta, anzi un portone, e gli sarò sempre grato. Alla fine l’abbiamo risolta e quindi dopo tanta maleducazione e menefreghismo, ed è la cosa più dolorosa, ho trovato un lavoro. Però invito tutti a pensare alla situazione in cui siamo e a ragionare sulle difficoltà di tante, troppe persone.”
Il negozio di Giampaolo rimarrà aperto ancora 2-3 mesi, “quello che riuscirò a vendere servirà a pagare i debiti prima di chiudere definitivamente la saracinesca“.
Un’altra toppa su un’insegna della Pacto e un altro buco nel vecchio centro commerciale.