9 Aprile 2014
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Tutti al Duomo con i grigi nel cuore. L’Alessandria calcio si presenta
Tasse e tariffe al massimo per cinque anni, divieto di contrarre mutui e fare investimenti per la città. Queste alcune delle pesanti conseguenze che il Comune di Alessandria sta scontando a causa del dissesto. A spiegarlo, il sindaco Rita Rossa, primo teste di martedì mattina nella nuova udienza del processo penale a carico di Piercarlo Fabbio, Luciano Vandone e Carlo Alberto Ravazzano. Chiamata in aula dall’avvocato Giulia Boccassi, legale del Comune di Alessandria, il primo cittadino si è accomodata sulla stessa sedia da dove l’ex sindaco Fabbio, durante la scorsa udienza, ha provato a scansare l’accusa di aver contribuito a modificare il consuntivo 2010 per far configurare il rispetto del patto di stabilità. A pochi metri di distanza da Fabbio, ancora una volta unico imputato in aula, Rita Rossa ha illustrato al Collegio i numeri della “pesantissima” manovra di bilancio attuata per recuperare terreno rispetto al disavanzo di 46 milioni di euro, certificato nel consuntivo 2011. Un documento contabile ricostruito dall’attuale amministrazione dopo una laboriosa ricognizione finanziaria che portò a individuare circa 25 milioni di euro di debiti fuori bilancio. In quella cifra anche il credito maturato dal Cissaca, ha sottolineato Rita Rossa su domanda dell’avvocato Antonio Ciccia, legale del consorzio dei servizi sociali dell’alessandrino. Una somma sui 9 milioni di euro, ha ricordato, oggi di competenza dell’Organismo straordinario di liquidazione. Rimesse al giusto posto entrate e spese e attuati alcuni dei correttivi più volte sollecitati dalla Corte dei Conti, tra cui la cancellazione dalle entrate di Palazzo Rosso dei 15 milioni della gara Amiu Iren, la Giunta Rossa ha da subito dovuto mettersi al lavoro per riequilibrare le finanze dell’Ente. Rimarcato il “perdurante inadempimento” rispetto ai corretti più volte sollecitati all’epoca dell’amministrazione Fabbio, la Corte dei Conti il 12 maggio 2012 certificò il dissesto. Un obbligo dichiararlo, ha rimarcato il sindaco, leggendo in aula la nota inviata dal Prefetto a fine giugno con cui si concedeva un termine perentorio di 20 giorni per adottare la delibera, pena lo scioglimento del neoeletto Consiglio Comunale e l’arrivo ad Alessandria del commissario. Da lì è iniziato quindi il difficile cammino per riequilibrare quelle spese fatte ‘scivolare’ negli anni precedenti. Uno schema, secondo l’accusa, sapientemente messo in atto dai tre imputati per non sforare i vincoli del patto. Una “prassi consolidata” a Palazzo Rosso, invece, secondo la difesa. A insistere, martedì, su questo punto l’avvocato Luca Gastini. Per dimostrarlo, il difensore di Carlo Alberto Ravazzano ha chiamato in aula diversi funzionari del Comune. Quelle operazioni non rientravano “nella normale gestione di un bilancio” hanno spiegato, ma erano già state fatte in passato, anche all’epoca della Giunta Scagni. Mai, però, i disimpegni di spesa erano stati così “pesanti” come sul rendiconto 2010. Scivolamenti e slittamenti tanto marcati da generare, secondo l’accusa, il ‘fuggi fuggi’ di Ragionieri Capo. A prendere le distanze da quelle operazioni, secondo l’accusa, fu ad esempio Antonello Zaccone. Teste nelle passate udienze, il Dirigente di Palazzo Rosso, “per mettere le mani avanti”, ha ricordato il Pm, Riccardo Ghio, inviò anche una lettera ad altri Dirigenti del Comune in cui mise nero su bianco le riserve rispetto al raggiungimento degli obiettivi del patto e la presenza di impegni di spesa “già liquidati” rispetto ai quali non si poteva più fare nulla. Dichiarazioni rese in aula dalla stesso Zaccone e confermate dagli atti, ha ricordato l’accusa, ma smentite martedì da Paolo Ansaldi, teste anche dei difensori di Fabbio, gli avvocati Claudio Simonelli e Roberto Cavallone e dei legali di Vandone, Marco Conti e Marco Paneri. Secondo il capo di Gabinetto e ultimo Ragioniere Capo dell’amministrazione Fabbio, Zaccone esplicitò la volontà di ripetere l’operazione degli slittamenti anche sul rendiconto 2010, prima di lasciare la Direzione Economico Finanziaria. Nessun allontanamento, ha però chiosato Ansaldi. Per l’ex Capo di Gabinetto, Zaccone lasciò il ruolo di Ragioniere Capo “perchè non era stato nominato ai vertici dell’Asl”. Una conclusione “illogica” ha fatto notare la Presidente del Collegio, Cinzia Perroni. “Zaccone è Ragioniere capo, non vince il concorso all’Asl e quindi lascia la Direzione Economico finanziaria?”. Tant’è che, alla fine, fu Carlo Alberto Ravazzano a certificare quelle operazioni. “Tecniche assodate per evitare danni successivi” ha rimarcato in aula Paolo Ansaldi, “fino al 2011 considerate attività contabile assolutamente normale”. Il processo riprenderà questo giovedì con i consulenti della difesa, i testi degli avvocati dell’ex assessore Luciano Vandone e l’ultimo testimone della difesa Fabbio.