28 Aprile 2014
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La lotta all’amianto non muore mai
Casale è pronta a gridare al mondo intero che la tragedia dell’Eternit non è finita e per questo bisogna stare in guardia. D’altra parte nei giorni scorsi un articolo apparso su ‘L’Espresso’ riferisce le difficoltà tutte italiane nel procedere alle operazioni di bonifica. Il rapporto del Ministero dell’Ambiente, datato 31 dicembre 2013, sciorina una serie di numeri, sufficienti, da soli, a raccontare una burocrazia micidiale. “Dal 2000 a oggi – si legge sul settimanale – ovvero nei 14 anni in cui 57 pezzi d’Italia sono stati considerati dei “siti di interesse nazionale”, amministratori locali e commissari si sono riuniti 1531 volte, 821 per capire cosa fare dei veleni sotto terra o sott’acqua, 721 per prendere delle decisioni. L’Espresso racconta che nonostante carte e riunioni in troppi casi i veleni restano. A Nord come a Sud. Mentre accanto all’amianto e agli scarti chimici la popolazione continua ad ammalarsi e morire. In Piemonte sulle macerie dell’Acna, l’impresa di coloranti che ha lasciato a Cengio una pesante eredità di diossine, metalli e rifiuti tossici, la bonifica sarebbe completa, ma secondo il Wwf non è possibile parlare di vittoria. Perché benché assicurati dentro bare resistenti i veleni sono ancora tutti lì. Tanto che la possibile vendita dell’area a delle imprese interessate è in sospeso, in attesa che dal ministero indichino chiaramente cosa è rimasto da fare: sotto il tappeto sono nascoste altre scorie“.
A Casale Monferrato la situazione, rispetto ad altri siti inquinati italiani, è migliore, ma tutt’altro che archiviata. Lo dice lo stesso Bruno Pesce, dell’Associazione nazionale familiari e vittime dell’amianto: “lo stesso piano nazionale amianto, varato due anni fa a Venezia, durante il governo Monti, è ancora bloccato. Si stenta a fare dei passi avanti. La bonifica invece va sostenuta con delle politiche locali da parte dei Comuni, delle Province e delle Regioni, nell’ambito di un piano nazionale che deve rilanciare incentivi e servizi a favore dei cittadini che devono eliminare l’amianto. Poi occorre confidare su centri smaltimento pubblici e controllati da costruire in vari territori. La salute pubblica deve essere considerata una cosa seria.”
Per questo il tempo passa e il 28 aprile, giornata delle vittime dell’amianto, ha un sapore non troppo diverso da quello degli anni precedenti anche se la grande forza di un’intera comunità è la leva che allevia dolori e strazi oltre a conquistare piccole-grandi vittorie ogni giorno: “conseguire piccoli passi, giorno per giorno, ti fa socializzare il dolore e il male sofferto – spiega ancora Bruno Pesce. Non si risolvono i problemi però la nostra lotta dà il senso della nostra rabbia, convogliata per costruire una soluzione alternativa a quanto ha provocato questo dolore. Noi stiamo cercando di fare in modo che quanto accaduto a Casale diventi una lezione contro uno sviluppo indiscriminato. La partecipazione e la socializzazione è molto importante per cercare di reggere l’impatto di una perdita di una persona.”
Intanto le lunghe battaglie producono risultati preziosi: “abbiamo dato strumenti di partecipazione ai nostri ammalati, ai nostri volontari, ai nostri cittadini per raggiungere obiettivi specifici: per la bonifica, per la sanità con lo studio e la ricerca sul mesioteloma, stiamo ristrutturando addirittura la nostra sanità territoriale su qesto aspetto e sulla giustizia non ci siamo accontentati dei passi avanti fatti negli anni ’90. Avere strumenti collegati alla partecipazione ci ha aiutato molto.”
In questa giornata saranno tanti gli appuntamenti organizzati per non dimenticare e per continuare a lottare.