6 Dicembre 2018
01:22
“Il presepe non può stare dove non si accoglie l’altro come un fratello”
ALESSANDRIA – In questi giorni hanno fatto discutere le dichiarazioni di don Luca Favarin, sacerdote di strada a Padova e autore peraltro del libro “Animali da circo – I migranti obbedienti che vorremmo“, con prefazione di Gad Lerner. Il religioso su Facebook, aveva invitato a “non fare il presepio credo sia il più evangelico dei segni”. “Non farlo per rispetto del Vangelo e dei suoi valori, non farlo per rispetto dei poveri“. Per il sacerdote “ci vuole una coerenza umana e psicologica. Applaudire il decreto sicurezza di Salvini e mettere il presepio è schizofrenia pura“.
Un tema che abbiamo sviluppato con un sacerdote alessandrino, don Valerio Bersano, parroco della chiesa Santa Maria di Castello, nel cuore della città e in un quartiere abitato e vissuto da molti migranti. Don Valerio il presepe lo farà, “perché segno di fede” ha spiegato a Radio Gold ma si sente di condividere la posizione di don Luca Favarin perché “non ci può stare il presepe dove non si accoglie e non si riconosce l’altro come un fratello“.
Per don Valerio però è necessario essere propositivi e non indagare su chi non accoglie o ha un pensiero contro gli stranieri: “Io invito sempre, quando si incontra un fratello di un altro paese, a non dare solo una monetina, sempre che si possa. Il mio suggerimento è di regalare un saluto, di spendere due parole per sapere il nome o chiedere come sta il prossimo. Queste persone sorrideranno e apprezzeranno, molto più della monetina. Ma sono in tanti a dirlo, io sono l’ultimo”. “Il tema dell’accoglienza – continua don Valerio – è al centro del Vangelo e chi si intestardisce a considerare una minaccia lo straniero è perché non ha ancora dedicato attenzione a queste persone, perché, è bene ricordarlo, sono persone.”
“Quella di don Luca è una provocazione e bisogna prenderla come tale ma ognuno raccolga questa provocazione e interroghi se stesso.” Don Valerio fa quindi un paragone: “Io posso avere cara una fotografia della mia famiglia di 25 anni prima, quando si era ragazzini insieme ai fratelli e ai genitori ma se poi, a distanza di tempo non frequento quelle persone, non amo la mia famiglia ma continuo a dire che quella è la mia famiglia e magari mi commuovo anche realizzo solo un controsenso. Lo stesso vale per il presepe: che senso ha costruire con tanta cura un presepe, una rappresentazione sacra, dove un Dio si fa vicino se poi non viene accolto. Il presepe mi fa vedere le cose come sono accadute ma poi devo riproporle.”
Don Valerio nella sua comunità da tempo ha costruito un centro di Ascolto con la Caritas dove si ascoltano le persone e si lavora per il prossimo. “Ogni sabato i volontari si alternano per confrontarsi con il prossimo. Noi cerchiamo di essere testimoni dell’amore di Dio e la carità non può non avere il volto delle persone che incontriamo e non sono solo stranieri.”
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