Autore Redazione
mercoledì
23 Gennaio 2019
13:11
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Cronaca - Eventi - Tortona

La poetica dell’ideale. Recensione di “Don Chisciotte” a Tortona

Tutto esaurito e applausi da record al Teatro Civico di Tortona per la prima nazionale dell'allestimento del capolavoro di Cervantes con protagonisti Alessio Boni e Serra Yilmaz
La poetica dell’ideale. Recensione di “Don Chisciotte” a Tortona

TORTONA – “Fra tutte le virtù la più importante è il coraggio, soprattutto quello di essere fedele ai sogni di giovinezza

E’ questa tensione ideale, in bilico tra assurdo e sublime, che si respira nell’adattamento del “Don Chisciotte” di Francesco Niccolini per la regia di Alessio Boni, Roberto Aldorasi, Marcello Prayer. La troupe, in cui spiccano Alessio Boni, Serra Yilmaz, Marcello Prayer con Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico, ha provato e messo a punto lo spettacolo proprio a Tortona, grazie all’accoglienza e al lavoro dello staff del Teatro Civico, e ha debuttato martedì 22 gennaio in prima nazionale in un teatro colmo, sold out già da giorni.

Le tappe del colossale romanzo di Cervantes sono percorse con fedeltà, grazie ad un grande lavoro di cernita ed esegesi, alla luce di una poetica di fondo (quella dell’ideale) e di una struttura circolare che riporta al tempo e al luogo dell’incipit. Il tableau vivant iniziale immortala Alonso Quijano moribondo ed è interrotto dall’irruzione del suo alter ego Don Chisciotte, che supplica la morte (nella sua forma più riconoscibile di nera figura con la falce) di concedergli la giusta fine valorosa degna di un cavaliere. Il letto/catafalco si apre in due per scomparire, l’attimo fatale è trasceso e qui iniziano le avventure dell’hidalgo, ricostruite ed interpretate con uno stile onirico, su scene che suggeriscono spazi vasti e un senso costante di pura meraviglia.

La trama è tessuta dai dialoghi tra Don Chisciotte/Boni e Sancho Panza/Serra Yilmaz, perfetti e complementari. Il primo delirante e surreale nelle sue convinzioni di assoluta purezza, tragico sino alla comicità nelle sue avventure inutili intrinseche al sogno, la seconda il suo esatto contrappunto. Serra Yilmaz dà al suo Sancho una semplicità concreta priva di ogni caricaturismo, colma di naturale comicità e venata di un sentore malinconico felliniano. Boni domina la scena, è grandioso e scalcagnato, cavalca Ronzinante (e la macchina scenica dello spelacchiato cavallo è straordinaria) e incarna la nobiltà della follia. Il suo corpo, fiero e dolente a causa delle tante sventure in cui incorre, è indomito come il suo sguardo e il suo spirito: è lui il Don Chisciotte, alla rincorsa della virtù e disinteressato ai beni mondani, cantato da Guccini (“c’è bisogno soprattutto d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto...”). L’irragionevolezza delle sue imprese si riflette nello sguardo di Sancho/Yilmaz, in una fusione di incomprensione e umano sentire.

Il cerchio temporale si chiude nello stesso attimo di morte iniziale. Qui il protagonista, circondato da coloro che invano hanno tentato di ricondurlo alla ragione, ritrova il senno, mentre, accanto a lui, il concreto Sancho rinnova la sua devozione e l’anelito al sogno ormai condiviso.

Tanti gli aspetti da sottolineare. Sempre l’ironia si intreccia alla vena surreale, mentre le parole di Cervantes, sin dalla descrizione dell’hidalgo, prendono una dimensione corale nella precisa interpretazione di Marcello Prayer, Pietro Faiella, Elena Nico, Liliana Massari. “Don Chisciotte” ha il pregio maggiore che può vantare una pièce che si propone la resa di un’opera mastodontica: la coerenza poetica che si fa struttura e ritmo. A ciò si unisce la profondità interpretativa e l’ironia che si permette particolari comici (per esempio alcune parentesi vernacole godibilissime) particolarmente gustosi.

In una parola: imperdibile.

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