4 Maggio 2019
11:31
Gaber al tempo dei social. Recensione di “Polli di allevamento”
ALESSANDRIA – E’ una costellazione di aspetti storici e contemporanei, di umorismo amaro, di situazioni umane universali, “Polli di allevamento”, presentato dal bravo Giulio Casale all’OF Officina venerdì 3 maggio, davanti ad un pubblico numerosissimo che ha riso e applaudito a scena aperta. L’evento, inserito nella sezione OFF della stagione MARTE, diretta dalla Compagnia Stregatti, ha inaugurato il maggio all’OF Officina, che continuerà con la mini rassegna teatrale legata al Gay Pride, che culminerà con la manifestazione del 1^ giugno. I prossimi appuntamenti saranno giovedì 30 con la commedia “il matrimonio di mio figlio” degli Stregatti e venerdì 31 maggio con “Fullin legge Fullin”, di e con l’attore comico noto per la partecipazione a Zelig. “Polli d’allevamento” è uno spettacolo storico di Gaber, scritto da lui stesso con Sandro Luporini e impreziosito dagli arrangiamenti di Battiato e Giusto Pio, che, nel ’78, segnò la sua presa di distanza da una sinistra di maniera e da una generazione ormai abituata a contestare per convenzione. I suoi brani musicali e i suoi monologhi feroci, divertenti e affilati, all’epoca colpirono nel segno e suscitarono critiche così violente durante gli spettacoli, da costare a Gaber un momentaneo allontanamento dalla scena teatrale. La genialità di Casale sta nel riproporre il teatro-canzone di Gaber e la sua personalità straordinaria con esattezza filologica e nei minimi dettagli. Rivivono i guizzi ironici, la gestualità sgangherata e unica, l’intelligenza che coglie alla sprovvista e smaschera la banalità del quotidiano. Insomma, Gaber fin nelle minime espressioni e, tutto ciò, con il potere visionario di parole che sembrano scritte oggi. Perché, se ci sembra di essere lontani dall’indignazione della generazione dei “ragazzi che odiavano per frustrazione e non per scelta“, in realtà ogni epoca ha il suo conformismo, le sue paure e, nella sua accezione più negativa, il suo spirito del tempo. E’ questo il trait d’union che collega abbrutimento (“Guardatemi bene, non credo più a niente non voglio più lavorare come un deficiente”), massificazione e sovranità degli oggetti in un contesto sociale deprivato di intelligenza e originalità di pensiero. L’intuizione del potere omologante e appiattente della società dei consumi, che oggi vede la sua apoteosi nei social, è stata illuminante, paragonabile a quella degli “Scritti corsari” di Pasolini, che denunciava il conformismo repressivo di una società falsamente libertaria. Le reazioni alle provocazioni di “Polli d’allevamento” non sono più cruente, siamo lontani dal clima di fine anni ’70. Siamo alla piena realizzazione di ciò che si stava compiendo e ridiamo di una realtà di fatto. In effetti si ride molto, si riconoscono situazioni universali, come il disagio di coppia e il fallimento personale, e si tende inizialmente a prendere le distanze dalla contestualizzazione storica. Sono passi che conducono verso un tuffo in profondità, che porta a riconoscere tutta l’aderenza all’oggi del brano “Quando è moda è moda”, che sembra scritto nell’era dei social, dei mi piace e delle bolle virtuali. Tutto lo spettacolo è un’immersione che diverte e sconcerta, che prende per mano e schiaffeggia, che travolge con il punto di vista dell’arte e del genio. E allora l’incipit con la sveglia che ricorda all’attore la sua uscita in scena si ricollega al finale, dove il protagonista non si stacca dal copione, ovvero da ciò che ci si aspetta da lui, e non ne muta neppure una parola. Il teatro è lo specchio della vita e Gaber non poteva dirlo meglio. Una grande prova per Giulio Casale, che porta questo spettacolo in giro da anni con immutato successo. Un finale in gloria per la sezione OFF della stagione teatrale MARTE e un pubblico numerosissimo per il primo degli appuntamenti del mese all’OF Officina. Qui tutto il programma di maggio