Autore Redazione
martedì
10 Marzo 2020
11:20
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Cronaca - Ovada

La dottoressa Paola Varese: “Ho il coronavirus e vi dico: Non uscite di casa se non siete obbligati”

Il medico ha raccontato la battaglia durissima che si sta consumando in questi giorni per arginare il virus
La dottoressa Paola Varese: “Ho il coronavirus e vi dico: Non uscite di casa se non siete obbligati”

OVADA –  Mentre ci lamentiamo perché costretti a casa ci sono persone che combattono in prima linea, anche per 48 ore consecutive. Sono medici, infermieri, dirigenti sanitari, imprese di pulizia, istituzioni e forze dell’ordine, impegnati in una lotta durissima che non guarda in faccia nessuno. Ne è la prova la dottoressa Paola Varese che in una lettera ha spiegato di aver contratto il coronavirus. Il medico ha raccontato come si sta svolgendo questa battaglia ma soprattutto ha richiamato i cittadini alla massima responsabilità, perché non si scherza sulla vita. Ecco la sua lettera, inviata al sindaco di Ovada, Paolo Lantero, che ha poi diffuso il testo sui social:

Carissimi,
ricorro ai canali istituzionali, Sindaco e Capo Dipartimento di Area Medica, per confermare la notizia da alcune ore rimbalzata in ospedale e sul territorio: anch’io ho contratto il CORONAVIRUS.
L’ho contratto lavorando sodo da oltre un mese e mezzo, con i miei collaboratori, e gli operatori del pronto soccorso, a cui va tutta la mia riconoscenza, cercando di arginare nella nostra realtà l’evoluzione dell’imminente epidemia con tutti gli strumenti che il mio ruolo mi consentiva di adottare: procedure rigide di ingresso dei malati in Reparto, isolamento da contatto dei malati con sintomi respiratori, selezione dei pazienti in tenda con visite e esami, sanificazione quotidiana degli spazi a rischio. Per questo posso dire, con orgoglio, che, grazie all’impegno di tutti, compreso quello strategico della ditta di Pulizie, l’Ospedale di Ovada a tutt’oggi è coronavirus free!
I malati hanno avuto le cure giuste ed adeguate, protetti da ogni contagio. Chi è arrivato con un quadro di infezione, in condizioni di assoluta sicurezza per lui e gli altri, è stato inviato nelle sedi più opportune.
Avendo supportato, con turni di guardia DEA, i Colleghi di un altro ospedale, poi chiuso per la presenza del virus, tuttavia, anch’io “sono caduta sul campo”.
Sto bene e sono a casa. Ho allertato personalmente tutti i pazienti da me visti la scorsa settimana.
Dovranno contattare il loro MMG in caso di sintomi e ho ribadito la necessità dell’isolamento in questo periodo di “zona rossa”. I miei collaboratori sono monitorati dai servizi preposti e l’attività clinica proseguirà normalmente con il prezioso supporto del Capo Dipartimento che ancora oggi era in Ovada per sostenere psicologicamente e organizzativamente gli operatori.
Ma voglio cogliere, come altri prima di me, l’opportunità della mia malattia per richiamare l’attenzione di tutti sulla necessità assoluta di seguire rigidamente le norme previste.
Non uscite da casa se non siete obbligati.
Dalla vicina Lombardia ci arrivano dati inquietanti: i posti letto in Rianimazione non bastano più. Sono notizie ampiamente diffuse su giornali, TV e socialmedia. Eppure ancora oggi, mentre avvisavo i pazienti da me visitati la scorsa settimana, con grande stupore e sconcerto ha verificato che per molte persone l’uscire di casa per andare da amici, dai nipoti o a fare la passeggiata pomeridiana non vengono percepiti come comportamenti a rischio.
Non scherziamo. E’ in gioco la vita delle persone, è in gioco la tenuta della sanità pubblica che con grande affanno sta dando risposte ai malati attraverso gli atti di vero eroismo degli operatori.
Questa epidemia, purtroppo o per fortuna, sta facendo emergere gli aspetti peggiori e migliori delle persone e le rivela per la loro autentica natura.
Ho “visto” le persone nei loro pregiudizi, irrazionalità e -talora- meschinità. Ma ho trovato anche tanta generosità, abnegazione e spirito di sacrificio. Gente che lavora anche 48 ore consecutive senza poter staccare, senza contare i Colleghi di Tortona e Novi isolati in ospedale per una settimana, lavorando in continuazione. O il personale dell’ASO che in queste ore sta affrontando la maxiemergenza dal carcere. E nessuno si è tirato indietro. Nessuno guarda la stanchezza, lo stress, la paura, anche i propri bisogni elementari, con la preoccupazione di chi lascia a casa.
I nostri Infermieri del PS di Ovada sono andati a Tortona per supportare la nascita del nuovo Reparto dedicato ai malati COVID19. Ogni giorno con l’ansia di non sapere se e quando si tornerà a casa. Ogni comportamento irresponsabile, sappiate che ricade su queste persone che potrebbero, prima o poi, ammalarsi come me.
Pensateci.

Ovada 9 marzo Paola Varese

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