Autore Redazione
venerdì
20 Marzo 2020
18:45
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Cronaca - Alessandria

Coronavirus, direttore Arpa Alessandria: “Probabile origine nella vendita fauna selvatica”

La riflessioni di Alberto Maffiotti
Coronavirus, direttore Arpa Alessandria: “Probabile origine nella vendita fauna selvatica”

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Si intitola “Biodiversità perduta e pandemia” la riflessione del direttore di Arpa Alessandria, Alberto Maffiotti, scaturita in questi giorni così difficili a causa dell’emergenza coronavirus e nata dopo la lettura di un articolo di Jim Robbins, tradotto da Marco Marrone e apparso sul New York Times il 14 Luglio 2012 ripreso da Internazionale e dalle condivisioni sui social di Laura Gola. 

I biologi stanno utilizzando spesso in questi giorni il termine ‘servizi ecosistemici’, termine che si riferisce ai molti modi in cui la natura sostiene l’attività umana. Le foreste filtrano l’acqua che beviamo, per esempio, e gli uccelli e le api impollinano le colture, che hanno entrambe un notevole valore economico oltre che biologico.

Se non riusciamo a capire e a prenderci cura del mondo naturale, questo può causare il collasso di questi sistemi e tornare a perseguitarci in modi che non conosciamo o meglio che non sperimentavamo come stiamo facendo oggi. Un esempio cruciale è il modello di sviluppo delle malattie infettive che dimostra che la maggior parte delle epidemie non accadono e basta, ma sono il risultato di azioni che gli umani compiono nei confronti della natura.

Infatti la malattia è in gran parte una questione ambientale, per lo meno nelle fasi iniziali. Il 60% delle malattie infettive emergenti che colpiscono gli esseri umani sono zoonotiche, ossia hanno origine negli animali, più di due terzi di queste hanno origine nella fauna selvatica che inconsapevolmente è sorgente di tutto ciò.

Gli esperti in molti paesi tropicali da anni stanno cercando di capire, in base a come le persone modificano il paesaggio realizzando ad esempio nuove fattorie in mezzo alla foresta pluviale per l’allevamento intensivo di maiali o bovini in spazi ridotti: in questo contesto le malattie possono diffondersi all’uomo lasciando il bosco divenendo pandemia globale.

Le malattie sono sempre uscite dai boschi e dalla fauna selvatica e hanno trovato la loro strada nelle popolazioni umane. Dalla storia apprendiamo in questi giorni, facendone esperienza diretta, che la peste e la malaria sono due esempi. Le malattie emergenti sono quadruplicate nell’ultimo mezzo secolo in gran parte a causa della crescente invasione umana nell’habitat, soprattutto nei “punti caldi” come ad esempio le regioni tropicali . Gli effetti negativi si sono poi potenziati con i moderni viaggi aerei e il traffico di animali selvatici. In queste condizioni il potenziale rischio per una grave epidemia nei grandi centri abitati è enorme. Purtroppo da rischio potenziale questa é dura realtà.

Come se tutto ciò non bastasse, l’uomo ha sempre pensato bene di catturare specie animali selvatiche per farne cibo o per la realizzazione di prodotti derivanti da varie parti dei loro corpi. Sembra ormai assodato che l’origine dell’attuale coronavirus sia da ricercarsi nel mercato di animali vivi di Wuhan, uno dei tanti “wet market”, in cui la fauna anche selvatica viene esposta viva e poi macellata al momento perché la mancanza di frigoriferi o congelatori, impedisce di mettere in vendita animali già morti. In questo modo si realizza uno spargimento di sangue che favorisce la trasmissione del virus da specie a specie. In ogni caso, che l’ospite sia stato il pangolino o che il contagio sia avvenuto tra pipistrello e un maiale consumato dall’uomo attraverso il sangue poco cambia: il dato di fatto è che all’origine del probabile contagio iniziale c’è una pratica, la vendita di fauna selvatica, che dovrebbe invece essere ostacolata su scala globale.

La chiave per prevenire queste pandemie è comprendere quelli che chiamano “effetti protettivi” della natura intatta. In Amazzonia, altra zona calda, per esempio, uno studio ha mostrato che anche solo con un aumento della deforestazione di circa il 4 per cento, che ha aumentato l’incidenza della malaria di quasi il 50 per cento, perché le zanzare, che trasmettono la malattia, prosperano nel giusto mix di luce solare e acqua nelle zone recentemente deforestate.
Sviluppare la foresta nel modo sbagliato, sfruttare gli ecosistemi oltre il limite sostenibile, aumentare la densità abitativa in slum ai bordi delle città senza misure di prevenzione sanitaria, mangiare carne a basso costo, può essere come aprire il vaso di Pandora. Ora lo sappiamo!”

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