Autore Redazione
giovedì
2 Aprile 2020
05:17
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Cronaca - Tortona

Al Covid Hospital Tortona c’è Don Pietro Sacchi a confortare pazienti e anche medici

Al Covid Hospital Tortona c’è Don Pietro Sacchi a confortare pazienti e anche medici

TORTONA – Dalla scorsa settimana rappresenta un punto di riferimento per chi ogni giorno lotta contro il coronavirus. Don Pietro Sacchi, sacerdote orionino della comunità del Paterno di Tortona, è diventato una sorta di cappellano dell’ospedale Santi Antonio e Margherita di Tortona, da quasi un mese riconvertito in covid hospital.

La sua presenza all’interno della struttura è stata promossa dal vescovo Vittorio Viola e del superiore Provinciale, Don Aurelio Fusi, entrambi in contatto con le autorità comunali e ospedaliere di Tortona.

“Quando entro nel reparto dove i pazienti sono intubati li posso solo benedire” ha raccontato Don Sacchi sul portale donorione.org “nelle altre stanze mi reco con il formulario delle confessioni: uso la 3° formula, il 3° capitolo è quello che prevede Papa Francesco per le confessioni comunitarie».

Coi pazienti abbiamo iniziato un bellissimo progetto con i tablet, per fare in modo che soprattutto quelli più anziani possano finalmente fare loro una videochiamata ai parenti. A pranzo sono stato con i medici e gli infermieri, perché in questo contesto siamo a tutti gli effetti una famiglia e stando insieme ci carichiamo a vicenda. Loro mi hanno istruito, mi hanno fatto un corso su come vestirmi e svestirmi. Mi hanno spiegato che la cosa più importante e delicata è la svestizione, perché bisogna stare attenti a come si va fuori. Qui indossiamo una tuta che ha un doppio strato, un doppio calzare, degli occhiali di plastica, una cuffia verde e un cappuccio sopra la cuffia. Io ho indosso anche una bellissima croce di legno che era una copia della croce di Tonino Bello, che mi diedero dopo una missione a Carapelle, ed è l’unico elemento che mi contraddistingue, per capire che non sono un sanitario ma sono un sacerdote”. 

Alle 15 celebro la Messa, e due o tre persone partecipano sempre. Teniamo in questo modo viva la liturgia, alla fine dell’adorazione eucaristica benedico tutto l’ospedale. La gente mi incontra con grande gioia, i medici sono contenti, si fermano a parlare, e anche chi non chiede il sacramento, non chiede la confessione, vuole fare una chiacchierata e questo fa molto piacere anche a me”. 

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