Autore Redazione
giovedì
16 Aprile 2020
14:28
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Cronaca - Alessandria

L’odissea di un alessandrino: “Isolato da marzo, tra dati persi dall’Asl e tamponi in ritardo”

L’odissea di un alessandrino: “Isolato da marzo, tra dati persi dall’Asl e tamponi in ritardo”

ALESSANDRIA – “Una situazione assurda”. Federico, un nostro lettore residente ad Alessandria, ha scritto alla redazione di Radio Gold per raccontare la sua storia, tra timori, attese e speranze deluse, in particolare a causa di un “palese disservizio fornito dall’Asl di Alessandria rispetto all’emergenza coronavirus.

Agli inizi di marzo scorso mio padre ha iniziato il periodo di isolamento domiciliare, in quanto siamo stati informati che un nostro amico di famiglia era risultato positivo al tampone, e mio padre 72enne era stato a suo stretto contatto la settimana prima. Posto così in isolamento, mio padre ha sviluppato velocemente i sintomi influenzali, e anche io ho iniziato ad accusare alcuni malesseri, tra cui mal di gola e febbre, che hanno comportato anche per me la necessità di isolamento.

Intanto, dall’Asl venivamo rassicurati che sarebbero venuti a effettuare il tampone a entrambi entro 48 ore (in quanto mio padre anziano e io immunodepresso). Da lì sono iniziati i problemi: dalla richiesta di tampone effettuata ai primi di marzo non abbiamo avuto più notizie per svariati giorni; abbiamo chiamato medici e 118 per chiedere se potevano venire a visitare almeno mio padre, essendo anziano, ma ci hanno detto che non si poteva. Abbiamo allora chiamato l’Asl per avere notizie, scoprendo amaramente che avevano perso i nostri dati e di conseguenza la richiesta di tampone non era stata attivata. Ripresero così nuovamente i nostri dati per l’effettuazione del tampone.

Per fortuna io dopo tre giorni non avevo più sintomi, ma nel corso di tutto il mese di marzo l’Asl ha perso per ben quattro volte i nostri dati, e del tampone non si sapeva mai nulla, nonostante gli operatori chiamassero ogni giorno: peraltro, il personale impiegato nei contatti telefonici era sempre diverso, e si capiva chiaramente che c’era mancanza di comunicazione tra di loro, visto che spesso chiamavano più volte al giorno (a distanza di poco tempo) per fare le stesso domande. 

Nel frattempo mio padre è stato costretto a letto con febbre da 38 a 39 gradi per 15 giorni, senza qualcuno che lo volesse visitare e senza un tampone che potesse darci qualche risposta, insomma siamo rimasti completamente abbandonati a noi stessi. Il medico di base, alla fine, gli ha prescritto un farmaco antimalarico, dando ormai per scontato che fosse affetto da coronavirus, così dopo una settimana è iniziato a stare meglio.

Un’altra cosa assurda è che l’Asl non ha fatto partire la richiesta di tampone neppure per mia madre (diabetica) convivente nello stesso nucleo familiare con me e mio padre, nonostante avesse accusato anche lei dei malori e sebbene io e mio padre presentassimo evidenze cliniche del coronavirus. 

A quasi un mese di distanza, ci hanno fatto i tamponi, a me il 30 marzo e a mio padre il 31. Il 1° aprile di quest’anno non ci è arrivato il classico “pesce d’aprile”, ma purtroppo la conferma della positività al tampone: pertanto, è stata prorogata a entrambi la quarantena e l’isolamento fino al prossimo esito negativo del tampone. Ci è stato detto dall’Asl dopo il primo tampone, che ci avrebbero fatto il secondo a distanza di qualche giorno e, inoltre, a quel punto era partita anche la richiesta del test per mia madre (nonostante l’avessimo sollecitato già settimane prima).

Mio padre dopo 4 giorni ha fatto il secondo tampone con esito fortunatamente negativo, mentre io e mia madre stiamo ancora aspettando dopo ormai 16 giorni da quando ci dissero che sarebbero venuti dopo qualche giorno (peraltro, in tutto questo mia madre non ha ancora mai fatto neppure il primo tampone, a distanza di un mese e mezzo dai primi sintomi di mio padre convivente in casa).

Ho chiamato l’Asl una settimana fa per sapere qualcosa, e mi hanno risposto che entro il 12 mi avrebbero chiamato per l’orario in cui andare a fare il tampone (drive) il 13 aprile (a Pasquetta). Ovviamente, non ho più sentito nessuno e neppure ho più visto alcun tampone.

Ho quindi dovuto richiamare l’Asl e litigare nuovamente con l’operatore perché non mi voleva mettere in contatto col dottore di turno: alla fine mi ha risposto una dottoressa e, dopo aver spiegato la situazione e controllando i documenti, mi ha informato che addirittura nessuna richiesta di tampone era stata avanzata per mia madre; ancora una volta ci è stato detto che saremmo stati richiamati il 14 o 15 aprile per andare per andare a farlo insieme.

Inutile dire che a tuttora nessuno si è fatto vivo dall’Asl, e chissà ancora per quanto dovremo aspettare.
Morale: io vivo chiuso in una stanza in isolamento da quasi 2 mesi, considerando che fanno un tampone al mese (e la procedura ne richiede 3 di cui 2 devo risultare negativi per dirsi guariti) e considerando anche che dall’esito negativo dei tamponi fanno passare ancora dei giorni di “precauzione” prima di rilasciare il certificato di guarigione, significa che fino a fine maggio non uscirò da questo incubo. Il problema è che più ti fanno aspettare più questi tempi si prolungano costringendoti ad una vita sacrificata anche se magari non hai più nulla, non perché uno debba andare in giro chissà dove, ma semplicemente per vivere in maniera normale in casa propria.

Situazione analoga la sta vivendo anche la famiglia di mia sorella che abita sopra di noi, viviamo in una bifamiliare dunque siamo stati tutti a contatto fino al giorno prima di questa situazione a inizio marzo e tutti hanno avuto sintomi anche se lievi. L’unica ad aver fatto il tampone nella loro famiglia è la figlia, una settimana fa, ma oggi ci hanno informato che lo hanno perso e che dovrà rifarlo, visto l’andazzo chissà quando”. 

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