29 Aprile 2020
11:43
Lavoratori dello spettacolo: “Il nostro Primo Maggio sarà vuoto, uno #zeromaggio”
ITALIA – Un messaggio molto duro quello rivolto alla politica dalle lavoratrici e dai lavoratori della Cultura, dell’Arte e dello Spettacolo, nell’ambito dell’emergenza coronavirus che sta colpendo anche il loro settore e le loro vite.
La scorsa settimana abbiamo appreso che il concerto del Primo Maggio 2020 si farà, nonostante tutto, cambiando forma. Molti lavoratori e lavoratrici dello spettacolo e artisti, ormai fermi da mesi, considerano questa notizia inaccettabile. Non siamo critici verso i colleghi o i musicisti chiamati ad esibirsi, ma verso l’organizzazione che avrebbe potuto tramite un gesto forte testimoniare il senso di vicinanza alla categoria.
Il comunicato stampa ufficiale della manifestazione del Primo Maggio 2020 parte dallo slogan “Il lavoro in Sicurezza: per Costruire il Futuro”. Concentriamoci sulle parole che si sono volute utilizzare nel comunicato ufficiale:
Lavoro:
Possiamo e vogliamo credere che durante questo evento si darà ampio spazio a dar voce a tutte le categorie di lavoratori e lavoratrici, in regola e in nero, di tutti i settori, e alle vittime “di lavoro”, sempre troppo alte, incrementate dal coronavirus. Ma come si fa a parlare serenamente di lavoro proprio in questo momento dove molti, per decreto, sono costretti a casa senza un salario o uno stipendio? Come si fa a usare la musica come colonna sonora della “festa dei lavoratori” quando non c’è proprio nulla di cui poter festeggiare? Non è accettabile proporre in questo momento come elemento “liberatorio e collettivo” la musica. La musica è vita non strumento di aggregazione fine a sé stesso. Il Primo Maggio è musica in piazza al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici.
Sicurezza:
Come si fa a parlare di sicurezza sul lavoro quando ancora medici ed esperti sono cauti sul tema della riapertura delle attività? Quando la tutela della salute di tutti i cittadini è ancora in balia dell’unica forma di contenimento che è il distanziamento sociale? Come si fa a parlare di sicurezza quando molti sono costretti ad andare a lavorare senza avere le dovute protezioni? E per il nostro settore come si fa a parlare di sicurezza se ancora c’è troppa gente che rischia la vita montando un palco nonostante gli sforzi fatti? Sono troppi coloro che hanno perso la vita o hanno avuto gravi conseguenze, montando un palco, oppure sopportando una mole o ritmi di lavoro troppo onerosi. Come si fa a parlare di sicurezza se continuano a persistere mancanze di tutele, incertezza del reddito e continuità lavorativa?
Futuro:
Che futuro abbiamo noi tutti cittadini e lavoratori in un momento dove l’intero tessuto economico e sociale si sta
sfaldando? Che futuro possiamo costruire senza reddito, senza ammortizzatori sociali adeguati ed estesi?
Che Futuro abbiamo noi lavoratori e lavoratrici dello spettacolo se non sappiamo neanche quando potremo ripartire e soprattutto in che forma? Che futuro senza concerti, spettacoli, film, mostre, performance, danza, radio, tv, di cui ognuno ha urgenza e necessità essenziale nella solitudine della propria quarantena, nell’intimo della sua vita, nella tenuta mentale di un Paese?
Vogliamo poter vivere in maniera dignitosa il nostro prossimo futuro, per questo abbiamo bisogno di un reddito incondizionato, un reddito di base. Lo vogliamo per costruire con le nostre mani e le nostre menti una proposta di riforma normativa che, preso atto dell’intermittenza e della flessibilità strutturale di questo comparto lavorativo, ne implementi le tutele che spettano di diritto.
Dal comunicato stampa ufficiale si continua a leggere “Un messaggio non prigioniero dell’attualità, bensì volto a
disegnare i tratti del futuro prossimo con fiducia e consapevolezza, in cui è il lavoro che ricostruisce il Paese”.
Parole che piombano addosso ai lavoratori e alle lavoratrici come un macigno che rischia di avere l’effetto di
alimentare il senso di sfiducia verso le istituzioni, instaurando il dubbio che la consapevolezza da parte di chi dovrebbe rappresentarci e tutelarci sia insufficiente.
Per questo listiamo di bianco i volti pubblici e i nostri profili privati, ed invitiamo tutte e tutti a fare come noi. Grafiche bianche, vuote, perché per noi questo Primo Maggio è vuoto, è uno #zeromaggio a partire dal quale noi stessi, lavoratori e lavoratrici organizzati, dobbiamo ripartire per riempirlo di senso, dignità e diritti.
Sappiamo che queste sono parole durissime, che non faranno piacere a molti, ma ci sembrano doverose, per non
sentirci come al solito dimenticati e sfruttati. Questi sono sentimenti con cui molto presto bisognerà fare i conti.