14 Maggio 2020
05:42
Durante il lockdown +73% chiamate al numero antiviolenza. Me.Dea: “Ad Alessandria picco ad aprile”
ALESSANDRIA – Violenza contro le donne e lockdown. Un binomio che in Italia ha causato immensa sofferenza. Durante la quarantena forzata per contenere la diffusione del coronavirus, tra l’1 marzo e il 16 aprile, sono state 5.031 le telefonate valide al 1522, il numero anti violenza. Ovvero il 73% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Le vittime che hanno chiesto aiuto sono state 2.013 con un aumento del 59%. Al contrario sono risultate in calo le denunce ricevute dalle Forze di Polizia per maltrattamenti in famiglia tra l’1 e il 22 marzo (diminuite del 43,6%), quelle per omicidi di donne del (33,5%), tra le quali risultano in calo dell’83,3% le denunce per omicidi femminili da parte del partner.
I dati sono stati forniti dall’ultimo rapporto Istat che ha svolto un’analisi sulla Violenza di genere ai tempi del covid, prendendo in esame le chiamate al numero antiviolenza 1522. In Piemonte il tasso di incidenza è passato dal 5,2 a 6,6 per 100 mila abitanti. Le chiamate motivate da una richiesta di aiuto per violenza subita ammontano a 1.543, ma si chiama anche per avere informazioni sul servizio 1522 (28,3%), o per manifestare altre situazioni di disagio diverse dalla violenza (17,1%). Nel 60,6% dei casi le chiamate arrivano tra le 9 e le 17; quelle durante la notte e la mattina presto, solitamente in numero minore, hanno raggiunto il 17,5% durante il lockdown. Il 45,3% delle vittime che si è rivolto al 1522 ha paura per la propria incolumità o di morire; il 72,8% non denuncia il reato subito. Nel 93,4% dei casi la violenza si consuma tra le mura domestiche, nel 64,1% si riportano anche casi di violenza assistita. Non solo: il 56% delle richieste di aiuto arriva da parte di vittime con figli e il 33,7% da parte di vittime con figli minori.
Un trend non molto dissimile da quello che ha verificato Me.Dea, centro contro la violenza sulle donne, in questi mesi ad Alessandria seppur con dei distinguo. “A marzo si è assistito a un importante calo delle richieste d’aiuto. Calo che non è seguito ad aprile quando un numero sempre maggiore di donne ha chiesto di accedere ai servizi offerti dal centro“, spiega Sarah Sclauzero, presidente di Me.Dea. Secondo l’associazione alessandrina questo si dovrebbe a “un marzo dove la paura per il contagio e lo smarrimento per la chiusura improvvisa ha messo sull’altolà un po’ tutti“. Insomma marzo è stato vissuto con un’attenzione da parte di tutti – vittime e carnefici comprese – incentrata maggiormente su quello che stava accadendo all’esterno. Ovvero su quella pandemia che avanzava tanto in Italia quanto in provincia di Alessandria.
“Cosa che non si è verificata ad aprile dove lo stress per una convivenza h 24, spesso forzata e senza valvole di sfogo esterne, ha portato all’esasperazione di situazioni già limite che sono poi scaturite nell’intollerabile violenza domestica“. Il lockdown è stato in molti casi una sorta di pentola a pressione scaldata al massimo e destinata a esplodere in tutta la sua violenza. Anche per questo Me.Dea non ha mai smesso di lavorare nemmeno in piena emergenza. “A oggi i nostri calendari sono pieni e abbiamo attivato diversi percorsi in presenza, nel rispetto della sicurezza degli individui, e con altre forme online accessibili direttamente dalla propria abitazione“, ha concluso Sclauzero che ha invitato le donne che subiscono abusi ad accedere ai servizi dei centri antiviolenza per chiedere in totale sicurezza l’aiuto necessario.