1 Agosto 2020
10:17
Sublime e imperfezione. Recensione di “Uomo Galileo” a Hortus Conclusus
NOVI LIGURE – “Seppellire il cuore, nascondere la dignità”, una decisione sofferta per una personalità complessa, intrisa di orgoglio, debolezze e vertici geniali di intuizione. Così appare il Galileo di e con Marco Guerrini, in “Uomo Galileo. Dialoghi con la coscienza”, presentato ieri, venerdì 31 luglio, ad Hortus Conclusus, la rassegna ideata e diretta da Andrea Lanza, nella bella Corte Solferino.
Tratto liberamente da Vita di Galileo di Brecht, il monologo (che proprio monologo non è, perché si apre a voci fuori campo che dialogano con il protagonista) svela un uomo controverso, proprio nel momento cruciale della notte prima dell’abiura, imposta con la forza dal Sant’Uffizio. Guerrini dà vita ad un Galileo di ormai 70 anni, che riassume in sé un’intera vita e lati umani ben lontani dall’immagine di patinato ascetismo scientifico tramandata dalla memoria collettiva. Il suo uomo-scienziato è scorbutico, arrogante, ha peccato di egoismo e, questo il lato più godibile, è ironicamente beffardo. Le sue argomentazioni sul sapere frivolo degli oroscopi, che giova (in senso economico, perché bisogna pur mangiare per dedicarsi allo studio) al sapere aulico, sono pungenti e ridanciane, ammiccano alla sensibilità moderna e danno una profondità umana al personaggio, che prosegue poi in senso drammatico. E’ un crescendo che parte dal sonno, disturbato dall’incubo del processo dell’Inquisizione, prosegue con il ricordo rivissuto dei momenti cardine della sua esistenza e si intreccia con la decisione circa il sacrificio in nome della coerenza o la sconfitta di fronte al dolore. Guerrini dialoga con voci fuori campo, quelle di personaggi che hanno attraversato la sua vita, ma anche altri, come Giordano Bruno (o meglio, la sua “anima nobile e arsa”, che si esprime con accento napoletano). A loro il compito di rievocargli errori, debolezze e paure, ma anche una lucidità mentale unica e un amore del sapere, in quanto principale strumento di libertà. Ed è attraverso queste apparizioni che Guerrini/Galileo (nella non facile impresa di ribattere a voci registrate) appare a tutto tondo, passa da un registro canzonatorio a quello tormentato, all’umanissima paura. E’ sempre più vero e vicino quando mostra pentimento per l’egoismo verso la donna amata, si svela fallibile e poi si illumina alla gioia del ricordo delle scoperte fatte, fino allora sconosciute e così importanti da sentirle di sua proprietà. Stupisce, fa sorridere con un fare truffaldino e poi trasmette il suo stesso strazio, vero e attuale.
E’ un flusso di confessioni, un viaggio nel passato alla luce del presente, un sogno cosciente che rielabora il vissuto e approda alla decisione fatale dell’abiura, letta in ginocchio di fronte all’inquisitore. Il dogma e la parola astratta vinceranno con la forza sull’osservazione e la dimostrazione scientifica, ma soprattutto vince la complessità credibile dell’uomo Galileo, che entra nella mente e vi rimane con la sua commistione di sublime e imperfetto. Una prova attoriale di grande spessore per Guerrini e una drammaturgia azzeccata, che ha il pregio di ispirarsi ai lati più umani del testo brechtiano e di porli nella prospettiva di un unico momento, quello di un’unica, fatidica notte in cui tutto accade.
Un’altra conferma dell’eccellenza delle scelte teatrali di Hortus, che vanta un seguito sempre più fedele di appassionati. Hortus continuerà con i suoi eventi preziosi sino a settembre e il prossimo appuntamento-teatro sarà martedì con “Le donne baciano meglio” di e con Barbara Moselli. Qui l’intero programma di Hortus Conclusus.