10 Marzo 2015
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“Il Meier ponte straordinario, ma ripetere operazione Bilbao è una scommessa difficile”. Intervista al professor Francesco Moschini
ALESSANDRIA – Alcuni giorni fa, a Roma, il professor Francesco Moschini, ha tenuto una conferenza sull’architetto, ben noto agli alessandrini, Richard Meier. Francesco Moschini, ordinario di storia dell’architettura contemporanea al Politecnico di Bari e Segretario Generale dell’Accademia Nazionale di San Luca, ha incentrato il suo intervento sull’architettura contemporanea a Roma, soffermandosi proprio su Richard Meier.
Radio Gold News ha quindi deciso di raggiungere il docente in particolare per capire quale impatto potrà avere il ponte ad Alessandria (che peraltro continua a prendere corpo, vedi QUI il video). Moschini ha innanzitutto avviato la discussione partendo dal ruolo delle così dette Archistar nella società moderna: “ho già avuto modo di stigmatizzare la formula della scelta di queste Archistar. Ho fatto riferimento al Maxxi di Zaha Hadid, al Macro, di Odile Decq, all’Auditorium di Renzo Piano, o la teca dell’Ara Pacis di Meier. Nonostante la straordinarietà di tutti questi progetti nascono da una sorta di sradicamento dalla cultura stratificata della città. Mentre la progettualità architettonica italiana è stata sempre basata sui fondamenti, sul rapporto con la storia, quando si è passati a decidere che l’architettura, anche in Italia, doveva confrontarsi con quella mondiale siamo scaduti nel sistema della moda. Questi progetti rischiano di essere scelti in base alla loro riconoscibilità, come se fossero delle griffe. Questo vuol dire far scadere l’architettura al livello della moda. Detto questo ognuna delle architetture che citavo ha una sua problematicità, una sua criticità ma anche una sua validità. Ora, l’Ara Pacis, edificio apprezzabile e anche molto sofisticato, si trova a dover render conto a una struttura senza qualità qual è l’intera piazza Augusto Imperatore. Per cui la struttura dell’Ara Pacis è una anomalia, questo edificio, probabilmente mal sarà digerito dalla città di Roma. Il pregio di una architettura moderna, senza moralismi, in un contesto contemporaneo, è che deve essere accettata dalla città, assuefarsi, entrare in sintonia. Io credo che l’Ara Pacis, disegnata da Meier, difficilmente troverà questa sintonia, a meno che il progetto più recente di Cellini, di riappaesare l’intera piazza con il Lungo Tevere non riesca a ricontestualizzare tutto”.
Eppure in molti esempi strutture apparentemente dissonanti hanno saputo attrarre un assetto architettonico adatto, anche a posteriori: “io non rimprovero a Meier il tipo di architettura scelto, ma il fatto che questa soluzione, in qualche modo rischia di diventare ostica per il contesto perché non ha tenuto conto dei valori della piazza (a Roma) già costruita, una piazza non bellissima. La sua ‘eresia’ è il fatto di non essersi confrontato con i tratti storici dell’intera piazza. E questo rischia di diventare una sorta di esibizionismo”.
Ad Alessandria però la situazione sembra diversa con il ponte che potrà beneficiare del Pisu che però dovrà essere vissuto davvero dai cittadini, esattamente come il lungo fiume. Peraltro per il professor Moschini il ponte Meier di Alessandria è bello: “sorprendentemente, io che non conoscevo una particolare versatilità di Meier nella progettazione di ponti, sono rimasto particolarmente sorpreso. Credo infatti che questo ponte tenga conto della storicità italiana. In Italia ci sono stati due grandi costruttori di ponti, Riccardo Morandi e Sergio Musmeci. Musmeci (foto 2 a fianco, ponte sul Basento) ha lavorato su una idea di struttura pensata plasticamente, quasi da accarezza suadentemente, una sorta di tutto pieno da scavare, mentre Riccardo Morandi, ha realizzato ponti straordinari tutti sul piano della tensione tecnologica. Il fatto che Meier abbia ricordato queste due valenze: la costruzione plasmata plasticamente e la dimensione tecnologica mi fanno apprezzare questo ponte, fuori dagli eccessi delle esibizioni muscolari di strutture peraltro spettacolari come quello di Calatrava. Il fatto che Meier abbia cercato di connettere, non solo di unire, le due sponde e di avvicinare la Cittadella con l’altra parte della città, oltre alla valorizzazione dei percorsi per vivere il fiume, mi fa capire che l’architetto è stato attento ai valori del luogo per dare vita a questo progetto. Un progetto davvero insolito visto che non è un costruttore di ponti.”
Rimane però la scommessa più incerta e avvincente, e cioè se può un ponte qualitativamente molto bello diventare attrattivo. Su questo il professor Moschini avanza dubbi: “un’operazione di rinnovo urbano come accaduto a Bilbao non credo possa diventare una costante. Certo l’oggetto ponte è straordinario, ma pensare che si possa replicare la stessa operazione di rinnovo come accaduto a Bilbao è difficile. La struttura è straordinaria, ma immaginare la stessa operazione di rinnovo e addirittura di attrazione urbana attraverso il semplice passaggio è meno facile.”