15 Novembre 2020
07:45
Ospedale Alessandria: “Siamo pieni. 250 ricoveri covid, 70 in più rispetto al picco massimo di primavera”
ALESSANDRIA – Durante la prima ondata del covid l’Ospedale di Alessandria aveva ospitato al massimo 176 pazienti. Questo sabato i ricoveri erano, invece, 250. Bastano questi due numeri per quanto sia delicata la situazione all’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio. “Venerdì c’erano venti persone da ricoverare e il posto per loro subito non c’era” ha raccontato a Radio Gold il dottor Guido Chichino, direttore del Reparto Malattie Infettive del nosocomio alessandrino. “Riusciamo a dimettere poche persone, la durata media dei ricoveri dei pazienti covid si è allungata rispetto alle prime settimane di ottobre. Ci sono pazienti che si trovano qui anche da tre settimane. Arrivano al Pronto Soccorso persone le cui condizioni sono già molto serie: basti pensare che la metà dei pazienti arrivati venerdì aveva subito bisogno del casco cpap per respirare bene. Come andare avanti? Altri posti letto si possono ricavare ma a scapito di altri reparti. Siamo saturi. Siamo arrivati al massimo della capienza e della ricettività. Stiamo facendo i salti mortali”.
L’eta media dei ricoverati è di circa 65 anni ma, ha raccontato il professore, ci sono pazienti anche di 45 anni. “Molte famiglie, persone che convivono, la maggior diffusione avviene tra le mura domestiche. Come li curiamo? In molti casi usiamo il farmaco antivirale Remdesivir, che abbassa la carica virale. Finora una decina di pazienti hanno utilizzato il plasma iperimmune: in alcuni ha funzionato molto bene, in altri non ha fatto per nulla effetto”.
Il professor Chichino ha poi ricordato quanto, durante la prima ondata, il lockdown generale fosse stato utile per far abbassare drasticamente i contagi. “Il lockdown funzionò, non c’era più un malato. Ora è tornato tutto come prima. Anzi, peggio di prima. Ad esempio, in primavera erano drasticamente diminuiti gli incidenti stradali. Cosa che adesso ancora avviene. So che per il legislatore non è semplice prendere decisioni: bisogna essere più furbi del virus. In Cina, a fronte di un solo caso, scatta un vero e proprio cordone sanitario nei confronti del paziente. Mi rendo conto che in Occidente è più difficile applicare questi sistemi. Oggi la curva dei contagi sembra i dentelli di una sega: un giorno aumenta, l’altro sembra stabilizzarsi, ma sale sempre. E poi, rispetto alla primavera, più personale sanitario si è contagiato, con tutte le conseguenze del caso. A mio avviso bisognava riaprire prima i covid Hospital, non è stato fatto tempestivamente. I contagi di questa seconda ondata si concentrano sulle grandi città, basti pensare che il 90% dei nostri pazienti è di Alessandria. A mio avviso la causa scatenante sono stati i trasporti dei giovani per andare e tornare da scuola. Quella è stata la criticità maggiore. Ripeto, facciamo fatica a dimettere i pazienti e, parlo a livello italiano, a mio avviso c’è una percentuale di medici di base che ancora non cura i pazienti a casa. Dovrebbero farlo. Ho notato una difformità di comportamenti”.
Due gli aspetti, secondo il dottor Chichino, su cui contare per il futuro. “Uno è il vaccino: sono curioso di saperne di più. Il fatto che quello di Pfizer debba essere conservato a -80 gradi, però, significa che è fragilissimo, molto labile. E poi noto che le sperimentazioni sono state fatte su una fascia di persone dai 45 ai 60 anni. Vedremo cosa succederà. Il secondo aspetto su cui contare è rappresentato dalle terapie: a mio avviso gli anticorpi monoclonali saranno la svolta. Vero che oggi sono molto costose ma tutto dipende da una contrattazione politico sanitaria. Anche la cura per l’epatite C all’inizio costava 70 mila euro, ora arriva a 7 mila”.