2 Giugno 2021
05:12
La pandemia fa slittare il Pride: “Ce n’è ancora bisogno. Si fatica a vivere liberamente l’amore”
ALESSANDRIA – Il 2 giugno si sarebbe dovuto svolgere il Pride ad Alessandria, ma a causa della pandemia non è stato possibile concedere le autorizzazioni necessarie per la classica parata. Questo però non vuol dire che si tratti di una tematica destinata a passare in secondo piano. Per l’occasione, abbiamo intervistato Alberto Bianchi, Vicepresidente dell’associazione Tessere Le Identità di Alessandria.
Domanda: Che cosa rappresenta il Pride e perché anche alla luce dei recenti avvenimenti è una manifestazione importante?
Risposta: È una manifestazione che nasce da più di 50 anni di storia, iniziata con Stonewall nel 1969. E nel 2022 saranno 50 anni dalla prima manifestazione italiana avvenuta a Sanremo nel 1972. Ma le istanze sono ancora le stesse: l’Italia è ancora una realtà in cui le persone gay, lesbiche e transessuali faticano a vivere liberamente la loro vita, a esprimere il loro amore liberamente senza rischiare di essere picchiati o insultati per questo.
D: Negli anni passati l’affluenza al Pride dell’Alessandrino com’era?
R: Nel 2019 abbiamo avuto quasi cinquemila persone che hanno partecipato, ed è stata una manifestazione che ha avuto risposte in linea con quelle di altre città simili, come Asti o Novara o Vercelli, per esempio. In generale, è un buon risultato, e Alessandria ha risposto bene anche a tutti gli altri eventi che erano stati organizzati prima e dopo il Pride.
D: È in programma un’altra data ad Alessandria?
R: Tutti i Pride che saranno organizzati quest’anno non saranno le classiche parate, ma saranno per lo più manifestazioni statiche. E ad Alessandria stiamo creando un evento in questo senso, ma non abbiamo una data precisa. Si pensava per fine giugno, ma essendo in concomitanza con altri eventi il tutto è stato posticipato ai primi di luglio. Una data indicativa potrebbe essere il 10 luglio, ma stiamo ancora aspettando le autorizzazioni. Ma l’idea è creare una giornata di incontri e di musica per portare l’attenzione su queste tematiche, di cui i fatti di cronaca hanno dimostrato che è importante tenere alta l’attenzione.
D: Alla luce dei recenti avvenimenti, perché è importante approvare il ddl Zan subito e senza modifiche?
R: Sarebbe un ufficiale riconoscimento di questi episodi scaturiti da un espediente omofobo e transfobico: ad oggi infatti queste vessazioni sono indicate come aggressione alla persona senza poter indicare la causa che scatena questi atti di odio. Poi sarebbe un’indicazione dello Stato che si occupa della comunità LGBT, ma anche delle donne e delle persone affette da disabilità, perché ricordiamo che la legge include anche la tutela di queste categorie. Infine, deve essere approvato così com’è perché alcune definizioni che sono sotto attacco, come ad esempio “identità di genere”, rappresentano persone che si ritrovano discriminate per la loro situazione, per il loro percorso di transizione che hanno intrapreso. Sarebbe un primo passo, e meno di così non si può fare.
D: Un chiarimento in merito alla questione della libertà di espressione, che tanto preoccupa i cittadini.
R: È una preoccupazione che possiamo comprendere, ma era un elemento che non veniva attaccato neanche prima della mediazione. Nell’articolo 4 del disegno di legge è stata ribadita l’attenzione alla libertà d’opinione. Ricordiamo che il ddl Zan è un’implementazione dell’articolo 604 bis del Codice Penale e della Legge Mancino, ed è una richiesta che già da tempo ci è stata fatta dall’Unione Europea: in Italia siamo già in ritardo. Inoltre sarebbe sufficiente controllare lo storico delle persone condannate dalla legge Mancino: non si parla mai di lesione di libertà d’opinione. A ciò si aggiunga che alcuni partiti sono ormai anni che fanno una campagna molto forte contro gli immigrati ma nessuno di loro è stato condannato per razzismo. È l’esempio più palese che la libertà di espressione non venga toccata da questa legge Zan.
D: Secondo lei che cosa porta le persone a esprimersi contro una legge che dà dei diritti a chi ha bisogno di tutela e nulla toglie agli altri?
R: Credo che in parte sia una questione politica: le forze che si stanno opponendo a questo tipo di legge fanno parte di un’area che spesso cavalca questo tipo di pensiero. D’altro canto, ci sono preoccupazioni che vanno fuori tema: molte delle critiche che arrivano vanno a toccare argomenti che non sono assolutamente parte di questa legge, come ad esempio la gestazione per altri.
D: Parlando di discriminazioni, la situazione in Provincia com’è?
R: Rispetto agli eventi di cronaca che sentiamo abbiamo delle discriminazioni non violente, ma di tipo famigliare, tra condomini o sul posto di lavoro. Ad Alessandria questo fenomeno non è particolarmente evidente, perché non ci sono episodi eclatanti, ma sotto c’è quel livello di emarginazione che in realtà è quello più difficile da trovare e di cui parlare. Quando si è di fronte a un’aggressione fisica è evidente, in questi casi qui è molto più difficile, ma parole e insulti fanno ugualmente male.