28 Giugno 2021
11:04
Ieri ad “Edizione Straordinaria” ad Asti. Recensione di «Gerico Innocenza Rosa»
ASTI – Basta uno sguardo al programma di “Edizione Straordinaria: recuperiamo il teatro perduto!” per capire quale sia il passo teatrale e culturale della rassegna astigiana, che si è imposta di recuperare gli spettacoli della rete Patric (Teatro Alfieri, Spazio Kor, Teatro di Dioniso e Mon Circo). Basta passeggiare nel centro di Asti per raggiungere i tanti luoghi dedicati al teatro e vedere la partecipazione, ascoltare gli applausi, per capire che una città che nutre la bellezza è più bella e più vivibile. Succede tutti i giorni con un cartellone (da consultare al sito https://www.teatroalfieriasti.it/news/) che propone più appuntamenti giornalieri sino al 1 luglio, con due appuntamenti “extra” il 12 e 20 luglio. Solo per citare uno dei tre appuntamenti di oggi, 28 giugno (qui la programmazione di oggi), alle 22 nel cortile del Michelerio, il nuovo attesissimo spettacolo di e con Stefano Massini “L’alfabeto delle emozioni” e il suo prestigio parla da solo.
La magia del grande teatro si è giocata anche ieri sera al cortile del Michelerio, dove una splendida Valeria Solarino è stata l’interprete di «Gerico Innocenza Rosa», monologo scritto e diretto da Luana Rondinelli e coprodotto da Teatro Stabile d’Abruzzo, Savà Produzioni Creative e da Stefano Francioni. Su una scena semplice e raffinata (di Ortiche Spazi in Scena), dominata da due piani inclinati che la avvicinano visivamente allo spettatore, Valeria Solarino racconta la storia di transizione di Vincenzo, che diventa Innocenza Rosa, la donna che ha sentito di essere fin da ragazzino. Lo fa attraverso una trama di ricordi e di rapporti familiari, ricorrendo alla lingua dell’infanzia, quel dialetto siciliano parlato in famiglia e soprattutto dalla nonna Innocenza. Sono ricordi che toccano tante corde, come l’incomprensione da parte di una famiglia incredula e conservatrice, la violenza del bullismo, i silenzi che danno adito a fraintendimenti con la madre. Soprattutto sono i ricordi dell’intesa con la nonna, che tutto intuisce anche senza parole e che ama il nipote senza riserve. Solarino passa da un ricordo all’altro tessendo una trama di crescita e consapevolezza personale, toccando vertici di drammaticità e altri di dolcezza intima. Una vecchia valigia, scrigno di ricordi, campeggia sulla scena e attraversa la storia della famiglia dalla nonna alla nipote. Diventa un simbolo di riscatto dalla violenza domestica, che passa di generazione e riesce a farsi strada. Sarà Vincenzo/Innocenza Rosa ad imporre la sua esigenza di libertà e lo farà anche per la nonna Innocenza, per tutta la vita vittima della crudeltà del marito, oltre che di una società ottusa e maschilista. Sono dolci, semplici e zeppi di complicità i dialoghi con lei, in un siciliano che sa di mura domestiche protettive e di amore incondizionato. Il silenzio ostile e la disperata, cruda violenza segnano il rapporto con la madre, donna dal “sentimento scostante, inquieto e silenzioso”. Tutto questo in un vortice narrativo che nulla ha di statico, ma sembra travolgere chi ascolta, svelando squarci teneri e drammatici. Vincenzo cresce e lo spettatore con lui, in quello che un tempo sarebbe stato un romanzo di formazione e oggi è un percorso di autoconsapevolezza. Diventa Innocenza Rosa e porta con sé tutta la sofferenza e la repressione di più generazioni, affermando se stessa e la sua dignità, perché “il cielo è grande e c’è posto per tutti”. Un’interpretazione che trascina, culla dolcemente e poi sferza in un climax drammatico di grande potenza. Valeria Solarino sa essere dolce e cruda, innocente, fragile e forte nella sua finale determinazione, infine capace di perdonare e di trasmettere speranza. Il messaggio è chiaro e sottolineato, alla fine, dalla protagonista e dalla regista Luana Rondinelli, che hanno indossato le magliette del Pride di Asti, durante le tante chiamate tra gli applausi del pubblico. Insomma, decisamente da vedere, come tutta la rassegna “Edizione Straordinaria: recuperiamo il teatro perduto!”.