Autore Redazione
martedì
29 Giugno 2021
05:19
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Cronaca - Alessandria

Inginocchiati tu che mi inginocchio anch’io e l’esempio della Nazionale: “Questi gesti utili solo se sentiti”

Inginocchiati tu che mi inginocchio anch’io e l’esempio della Nazionale: “Questi gesti utili solo se sentiti”

ALESSANDRIA – Contro il Belgio, nella sfida dei quarti di finale di Euro 2020, l’Italia si inginocchierà. L’indiscrezione, riportata da la Repubblica e dal Corriere della Sera, fa rima con le parole di Giorgio Chiellini a una manciata di minuti dall’inizio della gara con l’Austria. In quell’occasione il capitano azzurro aveva assicurato nel caso in cui ci dovesse essere “la richiesta da parte dell’altra squadra, ci inginocchieremo, per sentimento di solidarietà e sensibilità verso il nostro avversario. Cercheremo sicuramente di combattere il razzismo in un altro modo, con iniziative insieme alla Federazione nei prossimi mesi“. E la richiesta sarebbe al fine arrivata. A presentarla, secondo quanto riportano sempre i due quotidiani, è stato il Belgio che ha sempre compiuto in questi Europei il gesto diventato noto con il Black Lives Matter.

Secondo la Repubblica, la Figc avrebbe chiarito: “Come ha spiegato Chiellini, la squadra si inginocchierà per solidarietà con gli avversari, non per la campagna in sé, che non condividiamo. I giocatori austriaci non si sono inginocchiati e i nostri sono rimasti in piedi. Se quelli del Belgio lo faranno, anche i nostri saranno solidali con loro“. Va detto che nelle scorse ore il commento riportato non sarebbe arrivato dalla Federazione bensì da un responsabile della comunicazione. A lungo in Italia ci siamo domandati quanto siano importanti gesti del genere nel mondo dello sport. Per provare a fare chiarezza abbiamo contattato Paolo Pensa che con le sue Tre Rose Nere Rugby ha creato un esempio di integrazione e lotta al razzismo.

DOMANDA: Ha seguito la polemica legata alla nazionale italiana di calcio sul Black Lives Matter?
RISPOSTA: Sì, ho seguito la vicenda. Si tratta di qualcosa di estremamente complicato. Non ho un’idea precisa a riguardo.
D: Ma lo sport, come avete dimostrato con le Tre Rose Nere, può diffondere un messaggio?
R:
Sì, ma il messaggio che diamo noi è diverso. Ritengo che importante sia fare. Le cose plateali non servono se poi non c’è un proseguo. Con le Tre Rose Nere abbiamo seguito un progetto ben preciso senza grossi segni e nel silenzio. Eppure il messaggio di rispetto multietnico è ben presente.

D: Quindi meglio una progettazione che un segno plateale fine a sé stesso?
R:
Assolutamente. Nelle cose bisogna che ci sia concretezza. Se si fa una manifestazione tanto solo per fare rumore mediatico e poi non si fanno azioni concrete nel segno del rispetto e dell’uguaglianza dopo allora niente ha senso. Se sul campo gli atleti danno messaggi sbagliati, inutile inginocchiarsi poi per una cosa che non sentono. Questo vale nel calcio come in tutti gli altri sport e nella vita privata.
D: Insomma, il messaggio deve essere concreto.
R: 
Certo, anche se lo sport ha già all’interno del suo statuto la tematica della sportività, della lealtà, dell’accettazione e dell’integrazione. Ma soprattutto rispetto: rispetto per l’atleta, rispetto per la persona, rispetto per l’avversario.

D: Però questo concetto di integrazione e sportività vale più per l’atleta che per il pubblico a cui il messaggio del Black Lives Matter è rivolto.
R: 
In certi sport lo spettatore deve essere più educato a un rispetto generico. Nel rugby atteggiamenti aggressivi e denigratori sugli spalti come fuori dagli stadi sono poco comuni. In altri sport purtroppo  questo non è così. Ma il messaggio del Black Lives Matter, ripeto, non può essere fine a sé stesso, ma deve avere un seguito.
D: Quindi inginocchiarsi sì oppure no?
R: Inginocchiarsi sì ma solo se ci si crede in quello che si sta facendo. Altrimenti molto meglio le tante iniziative silenziose come quelle delle Tre Rose Nere in cui si porta un messaggio costante di rispetto reciproco.

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